Le proteste in Perù sovrastano le vittorie ottenute da Boluarte al vertice APEC

La Presidente peruviana Dina Boluarte è uno dei leader meno popolari al mondo. Come mostra un recente sondaggio (Estudiode Opinion Publica, Datum.com.pe), l’indice di gradimento nei suoi confronti è al 5%, contro un 92% di disapprovazione.
I peruviani sono infuriati per la corruzione dilagante tra la classe politica, ma anche per la repressione da parte delle forze di sicurezza, che tra la fine del 2022 e l’inizio del 2023 hanno ucciso decine di manifestanti in seguito al tentativo di colpo di Stato dell’ex Presidente Pedro Castillo.
Le sfide economiche hanno permeato l’instabilità politica del Paese. Il Perù sta affrontato da un paio d’anni una notevole contrazione della crescita, dopo aver goduto per decenni di un forte boom economico grazie alle materie prime.
La bassa crescita ha a sua volta contribuito all’aumento dei tassi di criminalità: gli omicidi sono quasi raddoppiati rispetto a sei anni fa e oltre la metà dei peruviani afferma di essere stato vittima di reati negli ultimi mesi.
Tra i bersagli della criminalità emergono i trasporti pubblici, che vedono i conducenti di autobus e taxi continuamente minacciati di estorsione da per te di bande violente.
Invece di risolvere le difficoltà, Boluarte, e molti membri del suo governo, vengono travolti da uno scandalo dietro l’altro.
Questo non è un problema nato con l’attuale amministrazione. Il Perù ha avuto sei Presidenti solo nell’ultimo decennio. Quasi tutti gli ex Presidenti ancora in vita sono sottoposti ad indagine per corruzione o sono stati condannati in seguito a queste indagini. Uno di loro si è addirittura tolto la vita per evitare l’arresto e affrontare in pubblico la condanna per corruzione (Alan Garcia).
La stessa Boluarte è sottoposta a diversi accertamenti, uno dei quali riguarda il modo in cui ha ottenuto i numerosi orologi di grande valore che indossa abitualmente, dopo una vita passata da dipendente governativo dallo stipendio modesto.
Negli ultimi due anni, la rabbia della popolazione peruviana nei confronti del sistema politico è esplosa molte volte, rendendo le manifestazioni delle scorse settimane quasi una cosa normale.
I manifestanti chiedevano, ancora una volta, migliori condizioni di sicurezza ed economiche, oltre a chiedere le dimissioni della Presidente e dei politici di rango più alto.
Anche se le ultime manifestazioni, sia a livello nazionale che locale, non hanno raggiunto i livelli di quelle viste nei primi mesi di insediamento di Boluarte, la loro regolarità è diventata ormai parte del panorama politico del Paese.
In effetti, ci sono zone del Perù in cui Boluarte non può andare per la paura di scatenare proteste di massa contro di lei.
Una cosa ha contraddistinto però le proteste più recenti, ed è il fatto che si sono svolte mentre il Perù ospitava il vertice della Cooperazione Economica Asia- Pacifico, o APEC, durante il quale alcuni tra i più importanti temi geopolitici mondiali si sono scontrati con la realtà politica del Perù.
Ospitare l’incontro annuale dell’APEC avrebbe dovuto essere un’opportunità per il Perù, la possibilità di mettere in evidenza il suo potenziale economico, l’impatto dei suoi minerali critici nella transizione ecologica e la potenziale leadership regionale come hub per il commercio e le esportazioni.
Boluarte, che ha ostentato come sempre un orologio di lusso come a voler deridere le continue accuse per corruzione, ha salutato i leader di oltre 20 diversi Paesi, invitandogli a divertirsi ed investire in Perù.
Ma la rabbia popolare che infuriava all’esterno ha sovrastato l’intero programma della conferenza.
Ai dipendenti governativi è stato chiesto di lavorare da casa. Le scuole e le università sono state chiuse. Oltre 15.000 militari e agenti di polizia sono stati dispiegati per le strade di Lima per garantire che proteste e criminalità non colpissero i partecipanti al vertice.
Tra i temi che hanno dominato il summit APEC, è stata affrontata la competizione tra Stati Uniti e Cina per l’influenza nella regione.
Poco prima dell’incontro ufficiale, il Presidente cinese XI Jinping aveva inaugurato il porto di Chancay, un enorme porto in acque profonde a nord della capitale, che diventerà nei prossimi decenni una base regionale per le esportazioni di minerali.
Chancay è stato fonte di tensioni tra Cina e Stati Uniti per oltre un anno, con gli Stati Uniti preoccupati per il controllo cinese di un elemento fondamentale dell’infrastruttura economica.
Questi timori hanno portato il Perù a cercare di riprendersi Chancay, ma la Cina è riuscita ad avere la meglio, il che significa che il gigante cinese delle spedizioni Costco manterrà la sua concessione trentennale sulla gestione del sito.
Il governo peruviano ha fatto in modo che gli abitanti delle zone limitrofe al porto, arrabbiati per lo scarso sviluppo della città vicina al porto di Chancay e dai danni che la sua costruzione ha arrecato all’industria ittica locale, non interrompessero la cerimonia di inaugurazione.
Anche il Presidente degli Stati Uniti Joe Biden si è recato in Perù, uno dei suoi ultimi viaggi all’estero prima di riconsegnare il potere al suo predecessore e successore, il Presidente eletto Donald Trump.
Qui ha avuto un incontro bilaterale con Xi, nonché con i leader di Corea del Sud e del Giappone, per parlare di Cina e della presenza di truppe nordcoreane in Russia.
Nonostante Biden abbia cercato di rassicurare i membri dell’APEC presenti (così come ha poi fatto al G20 in Brasile la settimana successiva), affermando che gli Stati Uniti sarebbero rimasti un partner sul quale contare anche nei prossimi decenni, la tensione era tangibile tra i Paesi presenti, preoccupati per la transizione da Biden a Trump, in particolare per le promesse elettorali di Trump che vuole avviare deportazioni di massa in America Latina di immigrati privi di documenti e l’intensificarsi della guerra commerciale con la Cina.
Sulle pagine dei giornali americani sono stati pubblicati numerosi articoli su come il porto di Chancray rappresentasse l’emblema della crescente influenza della Cina in America Latina, anche se in realtà gli Stati Uniti sembrano essere sempre più distanti da una Regione che hanno a lungo dominato.
I rappresentanti americani hanno continuato a sostenere le loro argomentazioni contro il porto e sulle reali preoccupazioni riguardo agli investimenti aggressivi che la Cina fa sempre più spesso in America Latina.
Allo stesso tempo, la macchina propagandistica cinese evidenziava i benefici economici di questi progetti infrastrutturali per il Perù e i suoi vicini.
È stata una tappa trionfante per la decennale spinta infrastrutturale di Xi nei Paesi in via di sviluppo, e un’occasione e per dimostrare la stabilità delle politiche cinesi rispetto alle incognite che stanno dietro alle politiche future degli Stati Uniti.
Ma quello di cui non si è assolutamente tenuto presente è che al cittadino medio peruviano non importa nulla delle battaglie tra Stati Uniti e Cina sulle zone di influenza.
Per i manifestanti peruviani quello è stato uno spettacolo irrilevante rispetto alla miseria quotidiana che devono affrontare.
Alle persone che vivono vicino alle miniere di rame non importa se il rame va a un veicolo elettrico costruito dalla BYD di proprietà cinese o alla statunitense Tesla. Quello che gli interessa è che non vedono i benefici che la terra sotto i loro piedi genera.
Ai peruviani non importa se il governo di Lima sta rafforzando la cooperazione militare e di sicurezza con la Cina o con gli Stati Uniti, se questa cooperazione non impedisce che vengano aggrediti mentre camminano per strada.
La cerimonia del taglio del nastro a Charcay, dove Xi sorridente ha stretto la mano a Boularte– un Presidente odiato da 9 peruviani su 10 – probabilmente non ha fatto altro che danneggiare l’immagine della Cina tra i peruviani.
Per quanto riguarda il vertice APEC, e gli incontri che si sono svolti a margine di esso così come la loro rilevanza a livello mondiale, lo scollamento con la vita dei peruviani che manifestavano nelle strade è abissale.
Il Presidente del Perù ha probabilmente ospitato uno degli eventi più importanti al mondo, ma ora che i leader stranieri se ne sono andati, è rimasta a governare un Paese che la odia e non si fida né di lei né di nessun altro politico, e soprattutto Boluarte non sembra avere un piano chiaro per risolvere questo problema.
Ripensando alle giornate che hanno caratterizzato il vertice, il Perù e gli altri Stati membri dell’APEC dovrebbero chiedersi se questo sia veramente servito a qualcosa senza aver affrontato anche i temi che hanno portato così tante persone a protestare nelle strade adiacenti.