Fuoco e fiamme sul Libano
Tutti i conflitti armati hanno un inizio, uno svolgimento e una fine. L’attuale scontro armato tra Israele e il partito libanese sciita Hezbollah, tuttavia, ha una storia non propriamente lineare, caratterizzata da una rapida e violentissima escalation avvenuta nel corso di poco più di una settimana. Dopo mesi e mesi di continui scambi di razzi, bombe, colpi di mortaio e cannonate, i due schieramenti sono finiti nella trappola del conflitto ad alta intensità, che ha lasciato già ingenti danni materiali e alcune migliaia di vittime. Per la prima volta dall’invasione del Libano avvenuta nel corso dell’estate del 2006, l’aviazione e le truppe di terra dell’esercito israeliano si trovano attivamente coinvolte in operazioni militari lungo il confine meridionale e all’interno dello spazio aereo di Beirut, ormai quasi completamente sotto controllo dei velivoli dello stato ebraico.
Nonostante le tensioni tra i due storici nemici vadano avanti dall’ottobre dello scorso anno, in particolare in seguito all’ingresso delle truppe di terra israeliane all’interno dei territori palestinesi della Striscia di Gaza, la svolta è avvenuta solamente nel corso degli ultimissimi giorni. Per prima cosa, l’intelligence israeliana è riuscita a ferire migliaia di dirigenti e di operativi di Hezbollah per mezzo di un’eccezionale operazione di infiltrazione, che ha consentito la vendita al movimento armato di migliaia di cercapersone dotati di un congegno esplosivo interno. Poi, vi è stato il second round, che ha messo fuori gioco altre centinaia di persone tramite l’esplosione di ricetrasmittenti appositamente manomesse, evento che ha portato ulteriori perdite e problematiche in un momento estremamente critico e di elevata tensione. Si tratta di un enorme successo che, in fin dei conti, è stato capace di infliggere importanti perdite umane – compresi numerosi personaggi appartenenti alla leadership – ad una delle più grandi organizzazioni politiche, economiche e militari attualmente esistenti all’interno del Medio Oriente.
Lo smacco derivante da un lungo e preciso lavoro di infiltrazione, tuttavia, non ha portato ad alcun termine nelle tensioni tra Libano e Israele, visto che poco dopo i vertici militari e politici dello Stato Ebraico hanno lanciato una vasta operazione aerea sulle aree a prevalenza sciita del Paese dei Cedri. In pochi giorni, infatti, sono stati colpiti centinaia di obiettivi riconducibili al movimento, con conseguenti ingenti danni materiali e centinaia di morti all’interno della capitale Beirut, nel Libano meridionale e all’interno della valle della Bekaa. Si tratta delle principali roccaforti del movimento, che ospitano non solo gran parte dei vertici e dei sostenitori, ma anche numerose infrastrutture di superficie e sotterranee. Tra le vittime di maggior rango vi è anche lo storico leader Hassan Nasrallah che, dopo decenni di guida ininterrotta e numerosissimi successi sul campo e in ambito politico, è stato ucciso – insieme a numerose altre figure di alto livello – in un raid aereo che ha completamente sventrato il sistema di bunker nel quale si trovava da lungo tempo, ormai.
L’ultimo tassello di questo conflitto sempre più sanguinoso è rappresentato, poi, dalle operazioni di terra che l’IDF ha lanciato lungo il confine settentrionale, dove attualmente conduce alcune brevi incursioni all’interno del territorio libanese col fine ultimo di scardinare le difese più avanzate di Hezbollah e mettere fuori uso i numerosi tunnel che conducono segretamente all’interno di Israele. E’ difficile, al momento, pensare che i carri armati Merkava e la fanteria possano spingersi in profondità in uno dei territori maggiormente fortificati e difesi al mondo, ma qualsiasi opzione rimane per ora sul tavolo. Certo è che, differentemente da una campagna aerea condotta da una certa distanza di sicurezza, l’invio di uomini e mezzi in terra straniera rischia seriamente di dare origine ad una serie di problematiche ed effetti collaterali, così come visto nel luglio 2006.
Le operazioni in terra libanese, però, hanno subito dato origine a critiche e proteste in numerosi paesi del mondo, soprattutto a causa delle elevate vittime civili derivanti dai bombardamenti e dai pesanti danni inflitti a decine di centri abitati. Netta la posizione di svariati movimenti politici e armati del mondo arabo e islamico, che si sono schierati al fianco del movimento sciita e della popolazione libanese, in certi casi ricorrendo anche all’impiego di armamenti. Gli Houthi yemeniti hanno ripetutamente lanciato sistemi missilistici e droni a lungo raggio in direzione di Israele, mentre la possibilità di un sostegno diretto allo sforzo di Hezbollah è stata espressa dalle milizie sciite irachene e da altre realtà legate a Teheran. Molto più dura e chiara la reazione della Repubblica Islamica dell’Iran che, nelle prime ore della scorsa notte, ha lanciato più di duecento vettori missilistici in direzione del territorio dello storico nemico.
Si tratta, dunque, di uno dei più grandi attacchi mai registrati, che rischia di portare ad un ulteriore deterioramento della situazione all’interno della regione. Lo stesso Netanyahu ha immediatamente ribadito, così come anticipato in precedenza, la propria volontà di mettere fine all’esistenza stessa del sistema teocratico iraniano. Dopo questo colpo di scena, dunque, non rimane che attendere ulteriori sviluppi e assistere alle mosse di tutti gli attori coinvolti. Forse, il Medio Oriente che conosciamo ora è destinato a cambiare irrimediabilmente per l’ennesima volta.