Guerra civile in Sudan: le mosse della comunità internazionale
Lo scorso 15 aprile, a Parigi, la comunità internazionale si è impegnata ad elargire più di un miliardo di euro in aiuti umanitari per tentare di arginare una situazione definita dalle Nazioni Unite come “catastrofica”. La guerra in Sudan è anche teatro di un gioco di potenze esterne, soprattutto la Russia, che beneficia di alleati in Sudan che mettono in risalto la sua presenza sul continente africano. Dopo più di un anno di scontri tra l’esercito sudanese e le Forze di Sostegno Rapido (FSR) sul piano militare gli scontri che all’inizio sembravano solo schermaglie, sono diventati uno scontro che ha fatto molte vittime da entrambe le parti. Il popolo sudanese sopporta sofferenze ormai insostenibili, con 15.000 persone uccise e una situazione umanitaria spaventosa. Metà della popolazione del Paese necessita di aiuti vitali e più di 8,6 milioni di persone sono state obbligate a scappare dalle proprie case. In questo contesto viene regolarmente riscontrato il ricorso su vasta scala della violenza sessuale come arma di guerra, il reclutamento di bambini-soldato dalle parti in conflitto e la pratica generalizzata della tortura e detenzione arbitraria. Oltre alle migliaia di case,scuole, ospedali e infrastrutture civili fondamentali demolite, la guerra ha distrutto vasti settori produttivi del Paese, paralizzando così l’economia. Si stima che ci vorrà almeno una generazione per ricostruire il Paese. Il conflitto, che è cominciato a Khartoum, si propaga velocemente ad altre parti del Paese. In Darfur, alcuni recenti rapporti delle Nazioni Unite affermano che ci potrebbe essere a breve un attacco delle Forze di Sostegno Rapido contro la capitale Al-Fashir, facendo planare lo spettro di un nuovo fronte che potrebbe intensificare in tutta la regione i sanguinosi conflitti intercomunitari.
La conferenza umanitaria che si è tenuta a Parigi lo scorso 15 aprile ha di fatto condotto a nuove promesse di finanziamento per gli aiuti umanitari e per il sostegno ai rifugiati nei Paesi vicini. Al di là dell’ammontare di questi aiuti, è fondamentale che questi vengano erogati appena possibile. In effetti vanno ricollocati i prodotti di prima necessità prima della stagione delle piogge che inizia a giugno, fornite sementi agli agricoltori prima della stagione della semina anch’essa a giugno e denaro agli sfollati prima che debbano affrontare la carestia. La conferenza ha anche permesso di portare avanti i colloqui sulle condizioni di accesso degli aiuti umanitari in alcune parti del Darfur e di Khartoum. Questo punto non è un dettaglio di poco conto, perché le parti in conflitto strumentalizzano, boicottano e attaccano le operazioni umanitarie. La conferenza ha cercato di attirare l’attenzione della comunità internazionale sul Sudan. Bisogna però deplorare il fatto che per la maggior parte dell’anno di conflitto questo è stato molto assente sui media. La conferenza è stata un’occasione per perorare la causa di un grande impegno internazionale per far tacere le armi. La cosa che preoccupa maggiormente è l’escalation regionale. Migliaia di sudanesi sono pronti ad attraversare le frontiere di una parte del Sahel molto instabile. Questo conflitto destabilizza tutti i Paesi che accolgono i flussi di migranti. La guerra apre nuove vie alla circolazione di armi e capitali così come il proliferarsi di reti e attività di stampo mafioso. Le Nazioni Unite hanno chiesto ai belligeranti di rispettare i loro obblighi di diritto internazionale umanitario e di aderire alla dichiarazione di Jedda per la protezione dei civili (firmata il 19 maggio 2023 durante la 32ma sessione ordinaria del Consiglio della Lega Araba, dai leader dei Paesi arabi per affermare l’importanza di promuovere un’azione comune). Allo stesso tempo, le Nazioni Unite stimano che, se le parti in conflitto hanno potuto portare avanti il confronto, è in gran parte grazie al sostegno materiale che ricevono dall’esterno.
Secondo alcuni analisti, diventa sempre più evidente che il Sudan sia diventato parte dello scenario di guerra tra Russia e Ucraina. Questa sembra coordinarsi con l’Arabia Saudita. Hemedti dei FSR sarebbe invece appoggiato dagli Emirati Arabi Uniti e la Russia. Per i Servizi ucraini, le milizie ex-Wagner, oggi sotto controllo dei servizi speciali russi, sono molto presenti in Sudan. I mercenari russi intrattengono da lungo tempo legami con i militanti di Hemedti. Questa complicità avrebbe permesso di finanziare le milizie russe e forse anche il regime di Putin grazie all’oro sudanese. Già nel 2022 la CNN dimostrava il coinvolgimento dei russi in questo tipo di affari in Sudan (Russia is plundering gold in Sudan to boost Putin’s war effort in Ukraine). Pare che il contrabbando si mangi fino al 90% dell’oro estratto nel Paese. La quantità esatta di oro esportato potrebbe quantificarsi in miliardi di dollari. L’Ucraina starebbe tentando oggi di attaccarsi a questa fonte di finanziamento della Russia. Il successo dell’Ucraina in Sudan dovrebbe contribuire ad un suo obbiettivo più ambizioso: dare all’Ucraina l’immagine di uno Stato capace di affrontare la Russia ovunque nel mondo.