Spagna: Pedro Sanchez resta al governo, accuse della destra false e inconsistenti
Si va avanti. Nessuna dimissione, punto e a capo. Con queste parole il primo ministro spagnolo Pedro Sanchez ha descritto la sua decisione di rimanere a capo dell’esecutivo. Il leader socialista, dopo cinque giorni di riflessione tra il 24 e il 29 aprile scorso, ha pubblicamente dichiarato di voler proseguire nell’attività di governo del paese.
La pausa di riflessione di quasi due settimane fa era stata annunciata da lui stesso in relazione alla vicenda che ha coinvolto la moglie Begoña Gomez in un presunto conflitto di interessi riguardante l’elargizione di 475 milioni di Euro di fondi pubblici per il salvataggio della compagnia aerea privata Air Europa. Secondo la denuncia presentata dal sindacato di estrema destra Manos Limpias, la moglie del premier avrebbe incontrato nel 2020 l’amministratore delegato della compagnia privata spagnola mentre il marito partecipava alla seduta del Consiglio dei ministri che approvò il decreto di finanziamento. Un’accusa alquanto fumosa dato che la moglie del premier non ricopre alcuna carica pubblica e tantomeno alcun ruolo all’interno della compagnia aerea destinataria del finanziamento e proprio in merito alla mancanza di alcun elemento si era già espresso l’Ufficio statale per i conflitti di interesse che aveva definito l’accusa come priva di alcuna base giuridica. Il sindacato Manos Limpias aveva presentato un esposto alla procura di Madrid, la quale, per dovere d’ufficio, aveva aperto una inchiesta ma a causa gli scarsi riscontri aveva richiesto dopo pochi giorni l’archiviazione del caso.
In seguito al chiarimento di nessun illecito, quindi sia da parte della procura che da parte dell’Ufficio statale per i conflitti di interesse, Pedro Sanchez ha reso nota la sua volontà di rimanere al governo, citando, e a ragione “una campagna senza precedenti mossa dalla destra e dall’estrema destra diretta a distruggere me e il mio governo”. Le accuse del premier non sono senza fondamento: fin dalla scorsa estate e dall’insediamento del suo terzo governo l’opposizione sia della destra che della estrema destra ha iniziato una campagna di denigrazione dovuta alla frustrazione di non essere riusciti a formare un governo nonostante il miglior risultato elettorale delle ultime elezioni a luglio del 2023. Infatti, il Partito Popolare (PP) aveva vinto la maggioranza relativa con il 33% dei voti contro il 31% del Partito Socialista (PSOE), percentuale che sommata al 12% dell’estrema destra di Vox avrebbe consentito alla destra di governare il paese ma l’accordo con Vox non si è concretizzato a causa della riluttanza da parte della leadership del Partito Popolare a governare con un partito dalle chiare reminiscenze franchiste se non chiaramente fasciste e xenofobe. L’incapacità della destra a formare un governo aveva portato il Re di Spagna Filippo VI, come da prassi costituzionale, ad affidare la formazione dell’esecutivo al secondo partito con più voti, ovvero il Partito Socialista di Pedro Sanchez, il quale, oltre a riconfermare l’alleanza con Sumar, nuova veste di Podemos con il 12% dei voti, è riuscito ad ottenere il supporto esterno dei partiti indipendentisti catalani Esquerra Republicana (ERC) e nientepopodimeno che Junts per Catalunya, il partito del famoso leader catalano Carles Puigdemont. Il supporto esterno catalano è stato fondamentale a Sanchez per poter formare un governo di minoranza e poter proseguire così le riforme che hanno portato la Spagna ad un boom nelle assunzioni tra i giovani e nella riduzione della disoccupazione con effetti benefici sull’economia (+5,8% di Pil nel 2022 e +2,5% nel 2023) e ad un rilassamento nei rapporti con la Catalogna in cambio di una proposta di legge di amnistia nei confronti dei leader catalani protagonisti della mancata secessione del 2017 e condannati per sedizione, oltre al trasferimento della gestione delle ferrovie locali alla Generalitat catalana e il condono del 20% del debito della Catalogna verso lo Stato spagnolo.
In seguito a questo accordo a novembre 2023 il leader di Vox, Santiago Abascal, aveva invocato alla rivolta contro l’amnistia agli indipendentisti catalani e contro la formazione di un governo a suo dire non eletto dai cittadini, insomma l’usuale retorica populista dell’estrema destra. Le manifestazioni di Vox in quei giorni si erano poi rivolte alle sedi del Partito Socialista provocando violenze ed arresti, venendo poi condannate anche da membri di spicco della destra moderata del Partito Popolare.
Le accuse verso Begoña Gomez, moglie di Pedro Sanchez, si collocano quindi nel solco appena descritto, in una contrapposizione da parte dell’opposizione di destra delusa dalla sua incapacità a formare un governo nonostante i voti e dedita quindi ad attaccare l’esecutivo con accuse false ed inconsistenti nella speranza di nuove elezioni, facendo leva sulla sensibilità del premier che aveva addirittura valutato una pausa di riflessione per decidere se dimettersi oppure no. Una pausa che ha dimostrato una grande sensibilità per le questioni giudiziarie e un elevato senso dello stato e delle istituzioni che difficilmente avremmo visto a parti invertite e che soprattutto non erano assolutamente dovuti data la nullità e l’assenza di alcun illecito e di alcuna inopportunità politica.