La Florida tornerà ad essere uno “swing State”?
Lo scorso primo aprile la Corte suprema della Florida ha pubblicato due sentenze importanti. Nella prima convalida le leggi dello Stato che limitano l’accesso all’aborto. Così facendo, apre la strada all’entrata in vigore del testo, fortemente voluto dal governatore Ron DeSantis, che vieta l’interruzione di gravidanza volontaria (IVG) dopo sei settimane di gravidanza e che rende la Florida uno degli Stati federati più restrittivi in questo campo. Una vittoria significativa per i Repubblicani, ma anche una vittoria effimera.
Infatti, nell’altra sentenza la stessa Corte suprema rende possibile il referendum sullo stesso argomento: l’interruzione volontaria di gravidanza.
Il referendum si terrà il prossimo 5 novembre, lo stesso giorno delle elezioni Presidenziali. Il lavoro sul campo, cominciato diversi mesi fa dalle associazioni femministe. Ha portato i suoi frutti. Ci vorranno il 60% di voti favorevoli affinché il diritto all’aborto sia valido per tutta la durata dell’attività fetale e venga garantito nella Costituzione della Florida. Questo riattiverebbe la sentenza “Roe” del 1973 (l’aborto è possibile per qualsiasi ragione la donna lo voglia fino al punto in cui il feto diventa in grado di sopravvivere al di fuori dell’utero materno, anche con l’ausilio di un supporto artificiale), inficiata dalla sentenza “Dobbs” del 2022 (la Costituzione non menziona e non conferisce il diritto all’aborto).
Nella stessa sentenza, infine, è programmato, sempre per il 5 novembre, il referendum sulla legalizzazione della marjuana per uso personale.
Queste sentenze sono molto importanti per la campagna presidenziale, tanto da poter potenzialmente far oscillare il voto. In effetti potrebbero motivare sensibilmente l’elettorato femminile e i giovani. Soprattutto la delicata questione aborto.
Dal dopo “Dobbs”, i referendum sull’aborto hanno, Stati conservatori compresi, dato ragione ai sostenitori di tale diritto. Se ciò si confermasse ancora una volta, chi, tra Joe Biden e Donald Trump, questo elettorato favorirebbe alle elezioni presidenziali? Ovviamente nulla è scritto, ma in prospettiva, questi due referendum possono galvanizzare gli avversari dei repubblicani, e questa possibilità per loro è una cattiva notizia.
I candidati conservatori faranno campagna elettorale lanciando messaggi antiaborto? O sceglieranno di parlarne il meno possibile? Il primo scenario sa di errore strategico e riguardo al secondo, rischiano di riuscire a gestirlo visto che i democratici faranno campagne martellanti sull’argomento, a colpi di videoclip e storytelling scelti con cura. Lunedì 8 aprile, Donald Trump ha difeso pubblicamente la sentenza “Dobbs”, si è opposto ad una legge federale a favore dell’aborto, ma ha fatto una lieve retromarcia sulla posizione pro-life ostentata negli ultimi anni, dichiarando che in caso di rielezione, saranno gli Stati a decidere come legiferare sul tema. Ha capito che anche in seno all’elettorato repubblicano, si è oggi, in proporzioni mai viste, a favore di questo diritto.
Il Covid-19 ha lasciato tracce anche in Florida e, con lui, un segno lo hanno lasciato anche i dibattiti sull’intromissione dello Stato nella vita privata e nelle libertà individuali: in Florida questi sono stati particolarmente accesi.
La legge DeSantis, che coinvolge anche questi diritti, che rendevano lo Stato un vero rifugio per le donne del sud degli Stati Uniti, ha allargato la breccia. Se i politici rimettono in causa questi diritti, chi garantisce che non ne sacrificheranno altri in futuro? Questo sarà il messaggio dei democratici destinato all’elettorato indipendente e repubblicano.
La Florida può tornare ad essere uno “swing State”, l’ago della bilancia in queste elezioni, e tornare in campo democratico? Trump ha vinto qui con soli tre punti di vantaggio su Biden nel 2020, ma DeSantis è stato rieletto governatore con 19 punti di scarto nel 2022. Anche alcuni seggi al Senato (quello del repubblicano Rick Scott, per esempio, vinto per un soffio nel 2018) e alla Camera dei Rappresentanti sono oggi in gioco. Qualsiasi piccolo evento marginale, in alcuni distretti, potrebbero far oscillare la maggioranza.
I democratici credono nella vittoria, che darebbe a Biden 30 grandi elettori del “Sunshine State” (tre volte quelli del Wisconsin e due volte quelli del Michigan).
Mentre l’Alabama si irrigidisce riconoscendo agli embrioni congelati lo status di persone e che la Corte Suprema degli Stati Uniti si appresta ad emettere una sentenza sulla pillola del giorno dopo, la Casa Bianca promette da parte sua una legge federale che garantisca il diritto all’interruzione di gravidanza su tutto il territorio degli Stati Uniti e, lo scorso 18 marzo, ha pubblicato un decreto per incrementare la ricerca e l’innovazione riguardante salute delle donne. Lo Stato federale ha da poco reso più accessibile la fecondazione in vitro per le sue funzionarie, grazie soprattutto al rimborso delle cure che può arrivare a 25.000 dollari l’anno.
Alle elezioni di midterm del 2022, i candidati democratici al Congresso e alle cariche di governatore, che appoggiavano il diritto all’aborto, hanno fatto meglio di Biden nel 2020, soprattutto negli Stati chiave di Arizona, Michigan, Pennsylvania e Wisconsin, in un elettorato ben specifico e ambito come mai: le donne bianche, diplomate e abitanti in quartieri residenziali.
A Trump piacerebbe riguadagnare punti in questo tipo di elettorato. Il messaggio che ha lanciato loro, finora, è stato soprattutto securitario e nazionalista: afferma volerle proteggere dai “migranti violentatori”. Il suo manifesto rifiuto di andare oltre “Dobbs” (ha da poco dichiarato che l’Arizona aveva esagerato nel reiterare il divieto all’aborto quasi totale, risalente a 160 anni fa), quando ne è uno dei maggiori artefici, le convincerà a (ri)votare per lui?