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Con la presentazione del Rapporto 2016, l’Istituto nazionale di statistica (Istat), che oggi compie 90 anni, fotografa un’ Italia che inizia lentamente ad uscire dalla crisi, ma dove i giovani hanno molte difficoltà a trovare un lavoro soddisfacente. 5 sono le Generazioni che si confrontano nel nostro tempo: quella della Ricostruzione, con uomini e soprattutto donne dotate di una tempra fuori dal comune, il 24% delle nate nel 1926 sono ancora vive; quella del Baby boom (i nati tra il 1946 -1965), quella della Transizione (nati tra il 1966 e il 1980) e quelle dei Millenial (nati tra il 1980-1995) e delle Reti (dal 1996 in poi), caratterizzate da giovani sempre connessi che posticipando sempre di piu’ le principali tappe verso la vita adulta.
Ci si sposa più tardi e cambia il modello di famiglia
Il 62.5% dei giovani tra i 18 e i 34 anni vive ancora con i genitori. Si sposta in avanti l’ età del matrimonio (34 anni in media per l’uomo e 31 per la donna), così come quella per il primo figlio e di conseguenza per diventare nonni (54.8 anni).
Non si tratta, però, di egoismo né di pigrizia. I giovani incontrano, oggi, maggiori difficoltà nel trovare un lavoro stabile e le retribuzioni spesso non sono adeguate. La classifica famiglia del “Mulino Bianco”, coniugata con 2 figli, rappresenta solo il 33% dei nuclei familiari.
Studio e lavoro
A tre anni dal conseguimento della laurea i laureati occupati sono il 72%, ma solo il 53.2% ha trovato un’occupazione soddisfacente. I neolaureati inoccupati per il 12.5% non cercano lavoro, ma puntano su ulteriori corsi di formazione e specializzazione come dottorati, master, stage o ulteriori lauree. Ma l’alta specializzazione aiuta l’ingresso nel mondo del lavoro?
Fattori di vantaggio, secondo i dati elaborati dall’Istat, restano il voto finale alto, aver conseguito una laurea scientifica, aver svolto lavori durante il percorso di studi e maturato un’esperienza Erasmus.
Il jobs act ha rappresentato la prima variabile a sostegno dell’occupazione, ma la crescita complessiva è modesta (0.8%).
Aumenta la povertà
L’Italia sta finalmente uscendo da una recessione lunga e profonda e sperimenta un primo, importante, momento di crescita persistente, anche se a bassa intensità, crescono le diseguaglianze e resta alto l’allarme povertà.
2.2 milioni di famiglie vivono senza redditi da lavoro e nel Mezzogiorno raggiungono il 24.5%.
Se il Pil e’ stato in rialzo dello 0,8% lo scorso anno e secondo la stima preliminare, e’ salito dello 0,3% (+1% su base annua) nel primo trimestre 2016, la disuguaglianza nella distribuzione del reddito non accenna a ridursi.
Le disuguaglianze nei redditi sono cresciute con un ritmo maggiore rispetto agli altri Paesi.
Instabilità e precarietà lavorativa riguardano principalmente i giovani e le donne.
La spesa per il welfare è ancora insufficiente.
L’Italia è un Paese invecchiato, che vanta la società più anziana insieme a quella del Giappone. Nel 2015 abbiamo toccato il minimo storico delle nascite, 488 mila e per il quinto anno consecutivo è diminuita la fecondità (1,35 figli per donna).
Migliorano, però, gli stili di vita, tutte le generazioni scelgono una dieta ricca di frutta e verdura e una vita meno sedentaria. Vi è, inoltre, una riduzione dell’uso del tabacco.