Banca di San Marino e l’ombra STARCOM: un’operazione che fa discutere

Negli ultimi giorni a San Marino si parla molto di una proposta di acquisizione che, almeno sulla carta, sembrerebbe essere una normale operazione di mercato: la società San Marino Group S.p.A., collegata alla holding bulgara STARCOM, ha manifestato il proprio interesse ad acquisire la maggioranza di Banca di San Marino (BSM).
Eppure, quello che potrebbe sembrare un affare come tanti, ha sollevato un dibattito acceso, e non solo tra gli addetti ai lavori: ma perché?
Dietro questa proposta si intrecciano temi delicati come la credibilità dell’intero sistema finanziario sammarinese, nonché i legami internazionali di STARCOM e perfino i rischi geopolitici legati ad alcuni scenari che riguardano l’Iran, il Medio Oriente e i rapporti tra le banche europee e le autorità di vigilanza.
STARCOM Holding AD è una società bulgara fondata negli anni ’90 e attiva in diversi settori, che spaziano dalle assicurazioni alla finanza, fino all’energia. Il suo braccio più noto è Eurohold Bulgaria AD, un gruppo quotato che controlla diverse compagnie assicurative e attività finanziarie in vari Paesi.
Secondo l’agenzia di rating internazionale Fitch, a fine 2024 STARCOM deteneva oltre il 52% di Eurohold, assurgendo così a principale azionista e voce più influente nelle decisioni strategiche.
In Europa però STARCOM non è un perfetto sconosciuto, infatti il gruppo è già noto per i suoi legami con una banca tedesca che negli ultimi anni ha fatto molto parlare di sé: la Varengold Bank AG. Si tratta di una banca tedesca di dimensioni contenute, specializzata in settori finanziari di nicchia. Eppure, nonostante non si tratti di un colosso del calibro di Deutsche Bank o Commerzbank, il nome di Varengold è comparso più volte in articoli e inchieste condotti per motivi tutt’altro che banali.
Nel 2023 l’autorità di vigilanza tedesca, la BaFin, ha imposto a Varengold delle restrizioni volte a limitare le sue transazioni legate all’Iran, segnalando “deficit gravi” nei controlli contro il riciclaggio.
Nel 2024 poi, diverse testate hanno pubblicato approfondimenti che citavano fonti di intelligence occidentali, secondo le quali Varengold sarebbe stata utilizzata come canale per veicolare fondi diretti verso gruppi come Hezbollah e gli Houthi. Certo, non ci sono accuse formali contro la banca, che dal canto suo ha sempre negato di aver commesso illeciti, ma la sola associazione con scenari di questo tipo è bastata a far scattare l’allarme generale.
A complicare uno scenario già intrecciato ci pensano infine gli Stati Uniti, che nel 2025 hanno inasprito le misure contro lo “shadow banking” iraniano, cioè quei circuiti paralleli che consentono all’Iran di aggirare le sanzioni internazionali. In questo contesto, alcune banche già finite sotto osservazione – come Varengold – diventano automaticamente più esposte a rischi sia reputazionali che regolatori.
Ma cosa c’entra davvero STARCOM in tutto questo? In realtà la holding bulgara sembra essere coinvolta molto più di quanto non sembri. Infatti STARCOM è entrata nel capitale di Varengold già nel 2017-2018, e in certi momenti ha superato oltre il 25% delle azioni di questa, diventando uno dei soci principali.
Non è però solo questione di azioni, infatti un dirigente di Eurohold (il braccio di STARCOM), Vasil Stefanov, siede ancora oggi, dal 2018, nel consiglio di sorveglianza di Varengold. Inoltre nel 2022 Varengold ha concesso a Eurohold un prestito da 4,2 milioni di euro, e successivamente STARCOM ha acquistato Quintar Capital, una società di Hong Kong che in passato apparteneva proprio alla stessa Varengold. Infine, ciliegina sulla torta, la prossimità fisica: la sede di Varengold a Sofia si trova nello stesso edificio di Eurohold, come se il caso – o gli amministratori – volessero rimarcare una vicinanza anche d’intenti.
Tutti questi tasselli, che presi singolarmente non provano alcun illecito e anzi potrebbero sembrare frutto di un complotto ossessionato, se messi insieme paiono raccontano una relazione stretta, continua e strategica tra STARCOM e Varengold.
Viene però da chiedersi perché San Marino dovrebbe preoccuparsi di un investitore straniero ben posizionato sul mercato. La risposta è nella sua storia, infatti la piccola Repubblica negli ultimi 15 anni ha dovuto lavorare durissimo per ripulire la propria immagine internazionale, dopo che nel 2009 era finita nella lista nera dell’OCSE e nel 2010 MONEYVAL (un organismo del Consiglio d’Europa) aveva segnalato grosse carenze nei controlli antiriciclaggio. Dopo diversi interventi mirati sul tema, solo nel 2021 è arrivata la piena promozione finanziaria per San Marino, con un rapporto positivo che ha chiuso anni di sorveglianza.
In pratica, la Repubblica ha fatto un percorso lungo e faticoso per dimostrare al mondo che il suo sistema bancario e finanziario è trasparente, affidabile e allineato agli standard internazionali: a questo punto però l’ingresso di un soggetto come STARCOM, con legami diretti a una banca finita sotto l’attenzione di BaFin, di giornalisti investigativi e perfino di intelligence occidentali, non può essere trattato come una normale operazione di mercato, comportanti un rischio che non è solo economico ma reputazionale.
Ora per San Marino non si tratta di dire “sì” o “no” in modo automatico. La vera questione è un’altra: se s’intende valutare la proposta della holding bulgara occorre farlo con una procedura eccezionale, chiamata “due diligence rafforzata”. Questa consiste in un’analisi molto più approfondita del normale, che non si limita a guardare i bilanci ma scava nella governance, nei flussi finanziari, nella provenienza dei fondi e nei rapporti con altri istituti dell’acquirente.
Solo attraverso questo regime di massima trasparenza si può oltrepassare lo scoglio d’immagine per poi decidere effettivamente se l’operazione porta benefici economici o rischi troppo alti.
Quella di STARCOM quindi non è una proposta qualsiasi: si tratta di un banco di prova per capire quanto San Marino sia pronto a gestire sfide complesse in un mondo finanziario sempre più intrecciato con dinamiche geopolitiche.