Imprese, la taglia media va allo sprint
Secondo il report sulla competitività delle medie imprese realizzato da Mediobanca, dal centro studi Tagliacarne e da Unioncamere le medie aziende del nostro Paese performano più delle grandi.
Rispetto al periodo pre-Covid le medie imprese italiane hanno registrato un aumento medio del 5,6% del fatturato (contro il +4% del resto delle manifatturiere), del 4,6% delle esportazioni (contro il +4,2%) e dell’1,1% della forza lavoro (contro il +0,01%). È la conferma di un trend che dura da 27 anni (dal 1996 le vendite delle medie imprese sono cresciute del 187,7%, superando nettamente le grandi, che hanno fatto segnare +130,8%). Le medie imprese attestano così la grande capacità di adattamento che le ha rese meno sensibili agli shock, secondo quanto emerge dal report “La competitività delle medie imprese tra percezione dei rischi e strategie di innovazione” realizzato da Mediobanca, dal centro studi Tagliacarne e da Unioncamere.
Stiamo parlando di eccellenze del made in Italy, una realtà produttiva composta, nel 2022, da poco più di 4.000 imprese che da sole rappresentano il 16% del fatturato dell’industria manifatturiera italiana, il 15% del suo valore aggiunto, il 14% delle esportazioni e il 13% degli occupati totali.
Sono aziende che oggi si trovano alle prese con un contesto competitivo particolarmente sfidante: dopo un 2023 all’insegna della stabilità (+0,1% le vendite), per quest’anno le attese sono di un calo dell’1,2%. Tra di loro alcune rimangono, però, ottimiste: sono quelle che operano nell’alta gamma – ovvero il 37,1% del totale – e che stimano una crescita delle vendite nell’ordine dell’1,8%, in linea con il 2023.
Tra le principali difficoltà lamentate dalle medie imprese troviamo: mismatch tra domanda e offerta di lavoro, riduzione dei margini, competizione sui prezzi e ostacoli all’approvvigionamento delle materie prime.
Sono, tuttavia, realtà particolarmente proiettate al futuro e per questo già avanti sul cammino della transizione digitale: l’82,6% ha investito o investirà in tecnologie 4.0 e il 37,9% adotterà l’Intelligenza artificiale nei prossimi tre anni, soprattutto per migliorare l’efficienza interna, mentre il 69,6% ha investito o investirà in green nel periodo considerato.
Per Andrea Prete, presidente di Unioncamere, “le medie imprese spingono la transizione digitale e green del Paese: al 2026 quasi la totalità avrà investito nella digitalizzazione, rispetto alla quale crescerà molto nei prossimi anni l’utilizzo dell’intelligenza artificiale, e nella sostenibilità ambientale, puntando in larga parte sulle tecnologie finalizzate al raggiungimento di una neutralità delle emissioni”.
Il territorio ancora oggi continua ad essere un importante fattore di accumulazione e di know how anche per le medie imprese, al punto che oggi più del 40% di queste aziende ha sede nei distretti industriali o in sistemi produttivi locali. Secondo Giuseppe Molinari, presidente del centro studi Tagliacarne “pur trattandosi di realtà molto aperte ai mercati internazionali dove esportano il 42% del fatturato, la base produttiva resta radicata nei territori di origine”. Solo l’11% delle medie imprese disloca, infatti, la produzione all’estero e una grande maggioranza preferisce rifornirsi da suppliers nazionali, a testimonianza della forte affidabilità e reputazione che, anche per queste aziende, riveste la componentistica italiana.
Per superare alcune delle principali criticità le medie imprese vedono nell’Unione europea un importante alleato. In particolare, il 51,2% di queste realtà produttive ritiene che l’Ue debba garantire la sicurezza energetica, il 45,5% una maggiore tutela dalla concorrenza sleale dei Paesi extra-Ue ed il 32,2% accordi internazionali per la sicurezza dell’approvvigionamento delle materie prime. Mentre un’impresa su quattro vorrebbe che l’Unione potenziasse il mercato unico facilitando gli scambi tra gli Stati membri.
Nel guardare ai mercati esteri va registrato che il 41,6% del fatturato delle medie imprese italiane è realizzato oltreconfine: Unione europea, America del Nord e Regno Unito sono le principali destinazioni dei loro prodotti. Proprio dal mercato europeo proviene però la principale minaccia alle esportazioni: per il 36,1% delle medie imprese la crisi economica della Germania produrrà effetti sfavorevoli, più di quanto non abbia fatto la Brexit, che ha pesato negativamente solo sul 5,5% del totale. In particolare, a causa della frenata tedesca, l’83,4% prevede una riduzione dell’export, soprattutto di beni finali di consumo e semilavorati e, in misura minore, di servizi.