Assovetro e Cnel insieme per il futuro delle imprese: sostenibilità, energia e impatto sociale

“Oggi abbiamo una sfida importante con il ritorno dell’investimento. Risulta consolidato che le politiche sulla base di analisi economiche precise e puntuali hanno una funzione fondamentale. Bisogna pensare la spesa su un approccio di gestione” sottolinea Andrea Battistoni, membro della segreteria del Cnel, durante la tavola rotonda organizzata dal Consiglio Nazionale del Lavoro e dell’Economia con Assovetro e le principali associazioni di categoria dell’imprenditoria italiana. L’evento di Villa Lubin ha rappresentato un’occasione di confronto tra il mondo dell’impresa, la politica e i sindacati.
Protagoniste del dibattito le due grandi sfide nel nuovo contesto globale, la sostenibilità dei processi imprenditoriali e la digitalizzazione. “Il tema della carbonizzazione ha un ruolo fondamentale” spiega Massimo Bitonci, Sottosegretario al Ministero delle imprese e del Made in Italy del nuovo governo Meloni. “Ci sono 5 miliardi a disposizione” spiega ancora Bitonci “per rifinanziare tutta una serie di incentivi. Stiamo lavorando ad un riordino dell’incentivazione nel settore Ricerca e Sviluppo oltre che una riforma fiscale”.
Sulla questione della transizione energetica e le nuove normative dell’Unione europea sul settore green, interviene alla tavola rotonda del Cnel Galeazzo Bignami. Per il Viceministro delle infrastrutture e dei trasporti il passaggio verso processi industriali sostenibili non può essere realizzato senza tenere in considerazione la sicurezza delle aziende. “La transizione ecologica” sottolinea Bignami” non può essere isolata dallo sviluppo economico e sociale. Non abbiamo come obiettivo quello della decrescita felice. Non si possono sostituire forme che non garantiscono la continuità della produzione dell’impresa”.
Nel corso dell’evento organizzato da Assovetro, Open Impact, start-up innovativa e spin-off accreditato dell’Università degli Studi Milano-Bicocca, ha presentato il suo nuovo studio basato sul concetto non solo di output ma sulle conseguenze di outcome della sostenibilità. La ricerca ha analizzato l’impatto degli investimenti sostenibili nell’industria del vetro attraverso lo standard dello SROI, il ritorno sociale sull’investimento. Come spiega Luca Calisi di Open Impact “questa è una metodologia che permette di quantificare il valore sociale ambientale ed economico generato da un intervento. Importante è valutare l’impatto sugli stakeholders. Dobbiamo tenere insieme valore sociale ambientale ed economico, implementando insieme tutte e tre le voci. Il valore sociale dal punto di vista delle metriche può apparire più sfuggevole. Dobbiamo rimettere insieme questi elementi”.
Il grande convitato di pietra rimane per imprese e tessuto produttivo, la crescita del costo dell’energia legata al climax del gas, tornato su prezzi accettabili ma ancora lontano dal benchmark pre-conflitto in Ucraina. L’impennata energetica ha colpito in maniera significativa in particolare quei settori naturalmente energivori, come il vetro. È Marco Ravasi, presidente di Assovetro, a chiarire il complesso quadro: “Il vetro è un settore chiave per l’Italia con 32 aziende, 7 miliardi di fatturo e 30 mila addetti. È un settore molto energivoro anche se il vetro è un materiale massimamente sostenibile. Siamo al lavoro per un efficientamento dei consumi energetici. I nostri obiettivi sono un taglio delle emissioni. Il vetro è infinitamente riciclabile grazie alla raccolta differenziata. Sono in corso studi e nuovi processi tecnologici, siamo fiduciosi dei nuovi processi in atto”.
Sulla stessa linea d’impegno e preoccupazione il Presidente del Gruppo Tecnico Energia di Confindustria, Aurelio Regina, sostenitore di una linea di politica energetica chiara e di lungo periodo per il sistema Paese: “La crisi che abbiamo vissuto ci lascia l’insegnamento che senza una politica energetica non abbiamo neanche una politica economica. L’Italia dovrebbe capire cosa vuole preservare per il futuro di questo paese. Siamo ad una svolta epocale perché la transizione cambierà i processi produttivi ma anche perché in Europa ci sono una serie di tematiche che rischiano di mettere a rischio un pezzo della nostra produzione. L’Italia senza un settore industriale forte non avrebbe retto alla crisi. Il nostro debito pubblico è garantito dalla nostra capacità di realizzare PIL. Ci sono dei momenti in cui l’interesse nazionale deve essere chiaro.”