La Global Tax non ignori la fiscalità di vantaggio
La rincorsa dell’Europa alla tassazione dei profitti e al sostenimento di imposte eque ovunque, ha generato, con il G20 di Roma dell’ottobre 2021, la Global minimum tax (GMT), stabilita per le imprese multinazionali con più di 750 milioni di ricavi, con un’aliquota minima del 15%; le cui regole sono state pubblicate dall’Ocse nel “pillar two” della riforma.
Da qui emergono osservazioni come quelle riconducibili all’obiettivo di limitare i costi di compliance sia ai fini del percorso tecnico per determinare la minimum tax, che suggerisce di partire dal bilancio consolidato redatto secondo principi contabili accettabili, sia per la predisposizione della documentazione da condividere, per la quale Assoholding ha proposto l’utilizzo della blockchain che assicurerebbe la data certa e l’autenticità dei dossier.
Molta strada deve ancora essere percorsa, soprattutto con riferimento alle agevolazioni fiscali che ogni paese riconosce, da poter calcolare in diminuzione dell’imposta minima, che potrebbe però far rientrare dalla finestra la concorrenza fiscale tra i paesi partecipanti.
Ma qui non si può non tenere conto che la transizione delle imprese multinazionali verso l’eliminazione di ogni forma di elusione e evasione non può prescindere dalla possibilità di acquisire tutta la fiscalità di vantaggio proveniente soprattutto dalle attività di ricerca e sviluppo e dal rispetto dell’ambiente.
Oggi il valore generato soprattutto dalle multinazionali si sta indirizzando non solo verso gli shareholders ma anche verso gli stakeholders con obiettivi pubblici e sociali.