Sguardo al futuro: alla scoperta del risk management

Crisi economiche, squilibri borsistici, inflazione e svalutazione monetarie. In tempi caratterizzati da una buona stabilità politica internazionale, questi sono i principali problemi che rischiano di affliggere la vita e la stabilità delle società e delle aziende. Ad essi, vanno aggiunti i più remoti – ma sempre plausibili – incidenti sul lavoro, i processi giudiziari e le calamità naturali. Si tratta, come facilmente immaginabile, di elementi che possono rappresentare un’imprevista, quanto spiacevole, voce di costo aggiuntiva da mettere a bilancio a fine anno. Nella gran parte dei casi, eventi di tale portata si limitano a sottrarre fondi e risorse al core business aziendale. Nei casi peggiori, però, possono addirittura portare ad una definitiva bancarotta.
Per difendersi da tutto ciò ed evitare di finire a gambe all’aria, ovviamente, c’è una soluzione: il risk management! Detto così, pare qualcosa di assai complesso ed ostico. Eppure, si tratta, molto semplicemente, del processo di gestione e previsione del rischio. Nel corso degli ultimi decenni, le imprese di dimensioni maggiori hanno destinato sempre più attenzione e fondi a questo particolare ambito aziendale. Infatti, a partire dalla grande recessione del 2008, il mondo economico è stato caratterizzato da una crescente instabilità e dal continuo susseguirsi di rapidi e radicali cambiamenti. Cambiamenti che, se sommati alla spietata concorrenza dei mercati esteri – soprattutto asiatici – e al continuo miglioramento dei prodotti tecnologici e dell’innovazione, hanno inflitto pesanti batoste a grandi e piccole realtà economiche. In relazione a questo particolare scenario che ha a dominato il panorama internazionale dell’ultimo decennio, risulta piuttosto facile comprendere la ragione che ha portato la gran parte delle attenzioni sul rischio finanziario.
Tuttavia, i recenti avvenimenti hanno spostato l’attenzione del risk management verso altre tipologie di rischio. La pandemia di covid, infatti, ha portato alla luce due questioni di fondamentale importanza. La prima, riguarda le crisi sanitarie nazionali ed internazionali, con tutte le conseguenze del caso. La seconda, evidenzia le criticità del sistema produttivo globalizzato e della catena dei rifornimenti. Infatti, gli ultimi tre anni sono stati caratterizzati da una sempre più scarsa disponibilità di prodotti industriali e di materie prime, con un conseguente aumento dei prezzi. Tutti eventi che hanno pesantemente influito sulla sopravvivenza di innumerevoli imprese e società nazionali ed internazionali.
Per ultimo in ordine cronologico, ma non di importanza, vi è anche il rischio geopolitico. Prima, tale rischio era preso in considerazione soprattutto dalle aziende operanti in Paesi e settori ad alto rischio, quali il settore energetico, minerario e delle materie prime. Ora, però, in seguito allo scoppio del conflitto ucraino nel mese di febbraio, ogni impresa – anche la più piccola e lontana dai mercati dell’Europa orientale – è costretta a fare i conti con le conseguenze della guerra.
A questo punto, verrà automatico chiedersi come funzionino le attività di risk management. Ebbene, i passaggi sono molti semplici. Per prima cosa, è necessario aver bene in mente quali siano gli interessi e le prospettive future di un’impresa. Partendo da questo presupposto, infatti, si riesce a focalizzare l’attenzione sulle principali criticità e sui possibili incidenti di percorso futuri. Elementi che, una volta analizzati ed inseriti in uno specifico contesto, permettono una rapida scenarizzazione dell’imprevisto, con il conseguente calcolo delle perdite. In tal modo, un’impresa può agire avendo già in mente cosa fare nel caso in cui un determinato scenario ostile venisse a realizzarsi. Ovviamente, non è sufficiente limitarsi allo studio occasionale degli eventi, ma è necessario un costante e dettagliato lavoro di monitoraggio ed analisi delle criticità individuate e delle possibili criticità aggiuntive.
Un lavoro piuttosto semplice, in fin dei conti. Eppure, sono ancora poche le imprese di piccole e medie dimensioni – soprattutto nel contesto economico italiano – che investono nella gestione del rischio. A parte l’interesse per il rischio finanziario, gli altri ambiti risultano piuttosto dimenticati, quasi come fossero considerati una spesa inutile. Però, vedendo l’aggravarsi delle tensioni internazionali, unite ad uno scenario futuro sempre più incerto ed instabile, viene naturale domandarsi: se non ora, quando?