Perché mentre le politiche Usa vanno, Europa e Italia arrancano?
Ieri nelle Borse di tutta Europa ha dominato il panico dopo l’annuncio di Bernanke, presidente della Federal Reserve, di voler ciudere i rubinetti della liquidità e stoppare dalla metà del 2014 la fase di politica monetaria espansiva che ha iniettato nel mercato statunitiense più di tre trilioni di dollari (tre mila miliardi). I risultati negli USA sono stati tangibili, in quanto la disoccupazione è scesa al 7,6%, le case automobilisitche (in particolare le tre sorelle) hanno rincominciato a vendere ed il mercato immobiliare ha visto una nuova ascesa, con il tasso sui mutui trentennali sotto il 3%, facendo aumentare di oltre il 10% il valore reale delle case in un anno nelle principali città.
Cosa succede in Italia ed in Europa?
Un dato risulta particolarmente rilevante, quello della disoccupazione. Guardando i dati Eurostat, la disoccupazione nei 17 Paesi dell’Eurozona ha toccato ad aprile il 12,2%, il livello più alto mai raggiunto dal 1995 (27% in Grecia, 26,8% in Spagna, 17,8% in Portogallo e 12,8% in Italia). Stessa cosa per quella giovanile, arrivata a quota 24,4 per cento. L’Italia, con il suo 40,5% di giovani disoccupati, è al quarto posto dopo Grecia (62,5), Spagna (56,4) e Portogallo (42,5). Che l’economia europea e soprattutto quella Italiana siano in affanno non è una novità, anzi, quello che sconvolge è la mancanza di politiche che diano ossigeno alle persone ed alle imprese. Purtroppo, questo almeno nel nostro Paese ancora non accade. Ieri sono usciti gli ultimi i dati Istat sul fatturato dell’industria italiana riferiti al mese di Aprile. L’indice del fatturato corretto per gli effetti di calendario da un lato “registra incrementi significativi nei settori dell’estrazione di minerali da cave e miniere (+6,9%), nella produzione di prodotti farmaceutici di base e preparati farmaceutici (+5,4%) e nelle industrie tessili, abbigliamento, pelli e accessori (+1,7%)”, ma dall’altro presenta forti contrazioni “nella fabbricazione di mezzi di trasporto (-29,7%), nella fabbricazione di coke e prodotti petroliferi raffinati (-12,6%) e nella metallurgia e fabbricazione di prodotti in metallo (-9,0%)”.
L’aiuto statale negli Stati Uniti, attraverso la Federal Reserve è stato fondamentale, in quanto ha sostenuto le imprese, che hanno generato occupazione e di conseguenza gli individui hanno ri-iniziato finalmente a spendere. Cosa accade in Europa? La politica monetaria espansiva non è possibile in Europa. Uno dei motivi riguarda il rispetto dei Trattati, in particolare del Trattato di Maastricht, poiché una politica espansiva farebbe alzare l’inflazione al di sopra del tetto del 3%. Allora che fare? Sicuramente abbiamo visto che le politiche di austerity, soprattutto in un periodo di profonda recessione non hanno giovato l’intera Eurozona. Rimane tuttavia una seconda arma, la leva della politica fiscale, attraverso un aumento della spesa pubblica, indirizzata alla sovvenzione delle imprese, attraverso la detassazione, alla maggiore spesa per investimenti o attraverso incentivi alle famiglie nell’acquisto della prima casa. Gli investimenti delle imprese in tal modo riattiveranno l’occupazione, che farà aumentare il PIL ed in generale si scatenerà quel processo virtuoso accaduto negli USA.
In Europa abbiamo la presenza dello Stato egemone tedesco che ha imposto politiche di austerity, nuocendo l’intera Eurozona nonché deprimendo i Paesi in gran difficoltà. Una via d’uscita potrebbe riguardare la cooperazione di Francia Italia Spagna Grecia e Portogallo per negoziare tali politiche di austerità con la Germania, prediligendo politiche non recessive, evitando in tal modo che il sogno europeo svanisca. Teoricamente è possibile ma praticamente un’utopia perché non si ha una classe dirigente in grado di rinegoziare il trattato di Maastricht o imporre alla Germania una differente linea.
Non bisogna solamente avere la conoscenza teorica per trovare soluzioni adeguate in momenti di difficoltà. In molti casi è opportuno voltarsi indietro e guardare alla storia. Nel 1929 dopo la grande depressione, Roosevelt adottò il suo piano anticrisi, il famoso “New Deal” che fra le tante cose prevedeva l’istituzione della Tennessee Valley Authority, agenzia che impiegava milioni di disoccupati nella costruzione di imponenti dighe al fine di sfruttare le risorse idroelettriche del bacino del Tennessee o l’approvazione del National Industrial Recovery Act che imponeva l’adozione per ogni impresa di un codice disciplinare che limitava la sovrapproduzione, rinunciando così al lavoro nero e a quello minorile, prevedendo inoltre dei minimi salariali.
“E’ buon senso prendere un metodo e provarlo. Se fallisce ammettilo con franchezza e provane un altro. Ma soprattutto prova qualcosa”. (Franklin Delano Roosevelt). Proviamo qualcosa, ma proviamolo in fretta!
di Marco Franco
21 giugno 2013