Dante Alighieri e Jimi Hendrix, le curiose analogie tra il sommo poeta e il figlio del voodoo

1963, Vancouver; ci troviamo presso lo storico locale Dante’s Inferno e sul palco si sta esibendo un ragazzo afroamericano che suona la chitarra mancina. Il suo Blues, così travolgente, distorto e disperato, si fonde perfettamente con le atmosfere evocate dal peregrinare dantesco attraverso la terra dei dannati.
Quel giovane sarebbe poi diventato Jimi Hendrix e quella notte fu l’unica occasione che ebbe per accostare il suo nome a quello di un altro grande innovatore: Durante di Alighiero degli Alighieri, in arte Dante Alighieri, per noi semplicemente Dante.
Ma cosa ebbero effettivamente in comune queste due figure di epoche cronologicamente e culturalmente così distanti? Per capire tali analogie bisogna far riferimento alla loro arte visionaria; Dante riuscì ad esprimere le emozioni più sottili inventando egli stesso nuovi termini che potessero esprimere la sua visione del mondo, utilizzò inoltre francesismi e latinismi modificando il linguaggio letterario e arricchendolo.
Allo stesso modo Hendrix inventò nuove modalità per suonare accordi – ad esempio utilizzando anche il pollice per premere sui tasti e produrre note – inserì armonie e ritmi tipicamente jazz e si inoltrò nella ricerca di nuovi suoni e distorsioni giocando, grazie a missaggi funambolici o massacrando letteralmente la chitarra, a fare il rumorista, dando dignità melodica a qualsiasi sonorità, anche la più sgradevole che fosse in grado di produrre con la sua strumentazione. Oltre alle innovazioni tecniche, in entrambi fu molto importante la propensione verso l’eclettismo; il Sommo Poeta compose un poema in cui inserì magistralmente teologia, filosofia, politica, etica e astronomia, amalgamandole in maniera impeccabile al flusso narrativo, mentre Hendrix impartì lezioni di funk, jazz, R&B e psichedelia all’interno di album rock.
Ma prima di essere rispettivamente un poeta e un chitarrista, Dante e Jimi furono soprattutto due onirici narratori; non cantarono infatti di luoghi fisici ma di introspettivi viaggi attraverso le emozioni umane più forti: la dolce seduzione della lussuria, a cui Hendrix si abbandona completamente in Foxy Lady e con cui Dante lotta nel canto di Paolo e Francesca; la consapevolezza di se stessi esaltata come onnipotenza in Voodoo Child e punita come superbia nel canto undicesimo del Purgatorio e poi il Paradiso; il camminare attraverso le nuvole guidati dalla più lieta delle figure femminili come in Little Wing.
Entrambi infatti, nel loro cammino artistico, sono mossi dall’amore per una donna. Alighieri, in Beatrice trova l’ideale e pura figura femminile, lasciandosi guidare attraverso la beatitudine. Allo stesso modo Hendrix si pone nei confronti della madre persa quando ancora bambino non si era liberato della purezza e dell’ingenuità infantile, che lo porta quindi a idealizzarla. È bello sapere che entrambi, nonostante la loro poco dignitosa fine, abbiano vissuto all’insegna della ricerca di un amore incondizionato ma impossibile. Il non aver mai tradito il loro più alto desiderio ci porta ad ammirare non solo la loro arte, ma anche e soprattutto la poesia delle loro vite.
Andrea Vitelli
10 marzo 2012