Onde elettromagnetiche e tumori, a che punto è la ricerca
Cominciamo dalla fine: ad oggi la ricerca non è in grado di dimostrare in maniera certa e univoca che esista una correlazione tra l’insorgenza di tumori e l’esposizione a onde elettromagnetiche diffuse da cellulari e reti wireless. Il dibattito nella comunità scientifica, cominciato anni fa parallelamente alla diffusione di massa di telefonini e reti wi-fi, è denso di colpi di scena e sembra destinato a proseguire ancora nei prossimi anni.
Nel 2011 fu l’Organizzazione mondiale della sanità a interessarsi in modo sistematico del rapporto tra tumori e onde elettromagnetiche, commissionando uno studio approfondito dal quale emerse che l’uso di cellulari – e quindi l’esposizione a onde elettromagnetiche – potrebbe generare alcune forme tumorali, in particolare il glioma e il neurinoma acustico. Il gruppo di 31 esperti dell’International agency for research on cancer (Iarc) che si era occupato della fase d’analisi, aveva tuttavia sottolineato che la correlazione tra cellulare e malattia non potesse essere dimostrata per le altre forme tumorali, per le quali mancavano – e mancano – dati in quantità sufficiente. «La nostra classificazione – aveva precisato uno degli esperti del gruppo – implica che ci può essere qualche rischio e che tuttavia dobbiamo continuare a monitorare con attenzione il link tra i cellulari e il rischio potenziale. Nel frattempo è importante prendere misure pragmatiche per ridurre l’esposizione, come l’uso di auricolari o il preferire i messaggi di testo alle telefonate ove possibile». Era il 2011.
Da quel momento lo Iarc proseguì il suo lavoro d’indagine e ricerca ma nel 2014, nonostante la mole di nuovi dati raccolti, la conclusione restava invariabilmente la stessa: i nuovi risultati non smentivano né confermavano nulla, anzi: a detta degli esperti occorrevano dati ulteriori, uniti a un confronto con altri istituti di ricerca, in modo da ottenere una panoramica più ampia e valutare al meglio eventuali rischi all’eposizione.
Tra gli studi presi in considerazione dallo Iarc per venire a capo della questione c’è quello di Cosmos (Cohort Study on Mobile Communications), una ricerca a lungo termine (dai 20 ai 30 anni) cominciata nel 2010 che indaga sui possibili rischi derivanti dalla telefonia mobile. Cosmos, che rientra nell’ambito del Mobile Telecommunications and Health Research Program (MTHR) – quest’ultimo partito nel 2000 nel Regno Unito con lo scopo di verificare gli impatti sulla salute della telecomunicazione mobile – coinvolge 290mila persone tra i 18 e i 69 anni in Gran Bretagna, Finlandia, Olanda, Svezia e Danimarca. Periodicamente Cosmos pubblica sul proprio sito gli aggiornamenti sull’avanzamento dei lavori di ricerca ma ad oggi (il bollettino più recente è del 2014) sembra essere del tutto prematuro parlare di evidenze che vadano oltre quelle rilevate già nel 2011 dallo Iarc.
Come anticipato in apertura, non mancano e non mancheranno colpi di scena a far vacillare le poche certezze raccolte finora dalla comunità scientifica; è notizia di qualche giorno fa, infatti, la pubblicazione di uno studio australiano che avrebbe smentito l’esistenza di una correlazione tra le onde elettromagnetiche e l’insorgere di tumori. Basandosi «sui dati riportati nei registri nazionali relativi alle diagnosi oncologiche effettuate tra il 1982 e il 2013», gli scienziati autori dello studio hanno concluso che «in questo arco temporale si sono ammalati di una neoplasia del sistema nervoso oltre 14mila donne e quasi 20mila uomini australiani. Non abbiamo verificato quanto i pazienti abbiano utilizzato il cellulare, ma dai numeri emerge che non c’è stato un incremento dei casi di tumore cerebrale, con la sola eccezione della fascia d’età tra i 70 e gli 84 anni. In questo gruppo di pazienti, però, si può ipotizzare che l’aumento sia dovuto a un miglioramento della diagnosi più che all’uso dei telefonini». Secondo gli scienziati australiani, la correlazione onde elettromagnetiche – tumore sarebbe da escludere e grazie a quest’analisi potremmo dormire sonni più tranquilli. Non proprio. A una manciata di giorni dalla notizia, sono stati resi noti i primi risultati di uno studio americano, che sostiene come l’esposizione alle radiofrequenze tipiche dei cellulari aumenti i casi di tumore nei ratti maschi. Le sperimentazioni sono state effettuate su circa 2500 esemplari, esposti a varie quantità di radiofrequenze (Gsm, 900MHz, 1900 MHz etc). Gli animali sono stati esposti a cicli di 10 minuti di radiazione, alternati a 10 di pausa, per un totale di 18 ore; secondo i primi dati raccolti, le onde hanno provocato una bassa incidenza – fino al 3,3% – di gliomi cerebrali maligni in tutti i gruppi di ratti maschi. L’incremento dei tumori è stato nettamente inferiore nei ratti femmina. Si tratta per il momento di dati preliminari; la pubblicazione del rapporto completo è prevista tra un anno ma stando a questi primi risultati, sembrano esserci le premesse per rovesciare la tesi sostenuta poco tempo prima dagli australiani. In breve, ad oggi è praticamente impossibile escludere o confermare in toto una correlazione tra onde elettromagnetiche e tumori, solo il tempo e la ricerca su vasta scala potranno in futuro offrire risposte che vadano oltre il condizionale presente.
Per il momento le uniche certezze che abbiamo sulle onde elettromagnetiche sono altre e paradossalmente ‘lontane’ dai centri di ricerca. La prima: con le cosiddette ‘coccinelle’ assorbi – radiazioni e simili hanno truffato un sacco di gente. Nel 2000 – periodo in cui erano ancora in voga – Altroconsumo aveva testato in laboratorio queste apparecchiature spacciate per ‘miracolose’, commentando così l’esito della verifica: «Quasi tutti i dispositivi del nostro test si sono dimostrati inefficaci se non addirittura dannosi: non riducono l’intensità del campo elettromagnetico prodotto dal telefonino». In pratica si trattava di una truffa e oggi, esperienza insegna, nessuno – o quasi – ha più quegli orpelli attaccati al cellulare. La seconda: mentre la ricerca muove i suoi passi, affidarsi a buone norme pratiche può ridurre considerevolmente l’esposizione alle onde elettromagnetiche. Si tratta, in sintesi, di seguire semplici regole che sono in circolazione da anni e che accompagnano praticamente ogni risultato delle ricerche svolte finora:
- Usare l’auricolare: l’intensità delle onde diminuisce al crescere della distanza dal telefono
- Fare conversazioni brevi e limitare le telefonate quando la ricezione è difficile: è quello il momento in cui l’apparecchio deve emettere segnali più potenti per mantenere il contatto con la rete
- Estrarre l’antenna (se l’apparecchio lo consente)
- I cordless vanno usati con cautela. La loro potenza è in media da 10 a 100 volte inferiore a quella di un cellulare, ma è anche vero che se ne fa un uso maggiore
- Persone con stimolatori cardiaci e altri impianti elettronici (per esempio protesi acustiche) dovrebbero mantenere una distanza di sicurezza di almeno 30 cm tra l’apparecchio e il telefonino. I portatori di pace-maker, per esempio, non dovrebbero tenere il telefonino nella tasca interna della giacca, meglio appenderlo alla cintura
- Non abituare i bambini all’uso del cellulare