L’autonomia differenziata è legge: il via libera di Mattarella

Ieri il Presidente Mattarella ha promulgato la legge sull’autonomia differenziata, a pochi giorni dalla sua approvazione. Entro 30 giorni dovrà essere pubblicata in Gazzetta Ufficiale, così da permettere l’entrata in vigore e l’inizio delle trattative oppure l’attivazione dell’iter per un ipotetico referendum.
Autonomia differenziata: la promulgazione
I tempi per la promulgazione della legge sull’autonomia differenziata sono stati più che celeri, se pensiamo che sono passati solo 6 giorni dall’approvazione da parte del Parlamento.
Varie frange avevano tentato di rallentare il processo, ad esempio il M5s, in quanto non erano chiare alcune questioni, come l’interpretazione di alcune norme.
Il governatore del Veneto Luca Zaia ha ricordato l’articolo 4 comma 2 della Legge Calderoli, che autorizza il ministro per gli Affari Regionali ad avviare sin da subito le trattative per la devoluzione delle 184 funzioni che non richiedono la definizione dei Lep, ovvero dei livelli essenziali delle prestazioni. Questi ultimi riguardano i diritti sociali e civili da garantire a livello nazionale e senza distinzioni territoriali, ad esempio sanità e istruzione.
Per le 320 funzioni che dipendono dai Lep, occorrerà attendere i decreti legislativi, che il governo potrà elaborare in un tempo massimo di 24 mesi.
Ad ogni modo, la tempestività del Presidente Mattarella è piaciuta a tutti, anche a chi è pronto a far scattare l’iter del referendum, di iniziativa regionale o popolare che sia.

Il dibattito sul regionalismo differenziato
Il tema dell’autonomia differenziata è emerso dalla riforma del Titolo V della Costituzione del 2001.
All’articolo 116, terzo comma, è prevista infatti la possibilità di devolvere alle Regioni a statuto ordinario ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia, con legge rinforzata, per materie di competenza concorrente o esclusiva.
Si è aperto quindi il dibattito sulla nascita di un ipotetico regionalismo asimmetrico, in aggiunta alle forme previste per le Regioni a statuto speciale.
Il procedimento istituito nel 2001, però, non si è concretizzato per anni.
Solo dopo la legge di stabilità del 2014, diverse indagini conoscitive condotte dalla Commissione ad hoc e diverse iniziative (specialmente accordi preliminari) da parte di Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna, l’autonomia differenziata si è qualificata come una necessità.
E il disegno di legge in materia è stato presentato come una promessa, per la prima volta, dal programma elettorale del centrodestra, nel 2022.
Tale promessa si è trasformata in un vero e proprio testo, giunto in Parlamento nel 2023, che ha dato vita ad un acceso dibattito: a destra si afferma che una maggiore autonomia regionale significa maggiore efficienza, a sinistra invece significa disuguaglianza territoriale.
Chiaramente molte sono anche le posizioni nel mezzo.
La legge del 19 giugno
La nuova legge sull’autonomia differenziata presenta alcuni punti essenziali: principi generali e procedure, elencati ai primi articoli; ribadisce l’importanza della definizione e rispetto dei Lep, a partire da cui si apre tutto un altro discorso: i costi; pone l’obbligo del raggiungimento di un’intesa tra lo Stato e la Regione interessata, per attuare l’autonomia differenziata; segna la nascita di una nuova Commissione paritetica Stato-Regione-Autonomie locali, con il compito del monitoraggio finanziario.
Da tutte queste informazioni, una è fondamentale al momento presente, ovvero che la promulgazione di questa legge non porterà a nessuno sconvolgimento repentino.
L’equilibrio delle funzioni tra Stato e Regioni non muterà quindi da un giorno all’altro, in quanto si tratta di intese che possono richiedere anche anni di lavoro.
Resta da tenere a mente poi un altro fattore: la possibilità di mettere la questione a referendum popolare.