The Five Guys of Central Park: quando il colore della pelle ti rovina la vita

“Ogni giovane ragazzo nero che era nel parco lo voglio qui per interrogarlo, ogni giovane ragazzo nero”
Definito in America come il più grande caso di errore giudiziario, la storia dei cinque ragazzi di Central Park è il processo mediatico più importante degli anni ‘90. Cinque ragazzi minorenni si sono trovati a scontare fino a tredici anni di carcere prima di essere scagionati. Cinque vite rovinate per il colore della loro pelle.
La notte del 19 Aprile 1989
La sera del 19 Aprile del 1989, in Central Park accadono una serie di atti criminali dislocati in più aree del grande parco. Un gruppo di trenta ragazzi tra i quindici e i vent’anni compiono una serie di disturbi e attacchi a persone che passeggiano tranquillamente. Questo succede verso le 21:30/22.00.
In una seconda area del parco, nello stesso orario, avviene un cruento fatto, viene trovata in fin di vita una donna di 28 anni, Trisha Meili. La donna è vittima di aggressione, stupro e violenza fisica. Viene trovata a terra sanguinante e in fin di vita dopo essere stata trascinata ed occultata in mezzo alla vegetazione del parco. Rimarrà in coma per due settimane prima di riprendere conoscenza. Le verrà data perfino l’estrema unzione poichè, avendo fratture in parti diverse del cranio, in un primo momento viene data per spacciata. In realtà pian piano si riprenderà, ma non ricorderà assolutamente nulla sull’aggressione di quella notte. Parallelamente la polizia, nella notte del 19 Aprile, effettua diversi arresti; sono tutti teenager responsabili di aver “teppistato” all’interno di Central Park con l’accusa di “disturbo della quiete pubblica”.
L’opinione pubblica cerca un colpevole
Facciamo un passo indietro. New York in quel periodo è vittima di numerosi crimini sessuali e omicidi che avvengono in un lasso di tempo molto breve. Questo significa avere media puntati addosso e cittadini arrabbiati mentre aspettano di conoscere il nome del colpevole. In particolare, nel 1991 ci fu il picco di omicidi nella storia di New York, oltre 2200 in un solo anno.
Si evince, come per altri casi simili, che all’interno delle fila della polizia inizia una caccia che mira ad assicurare un colpevole nel più breve tempo possibile. Si fa presto a capire cosa succede. La mattina dopo il delitto, la polizia tiene in custodia alcuni dei ragazzi, presi per gli atti vandalici della notte prima, e ne intercetta altri che erano presenti a Central Park. Due degli arrestati finiscono sotto inchiesta, Raymond Santana Jr e Kevin Richardson, mentre gli altri 3, che sono Antron McCray, Yusef Salaam e Korey Wise, vengono indagati poiché i precedenti due indicano i loro nomi alla polizia, asserendo la loro presenza quella sera a Central Park.

Nei giorni successivi iniziano interrogatori pesantissimi ai 5 ragazzi di Central Park, interrogatori che durano fino a dieci undici ore di fila senza riposo.
La (falsa) confessione
Gli interrogatori di quei giorni, non avevano come scopo il cercare la verità, ma avevano come unico scopo il far confessare i reati ai 5 ragazzi in stato di fermo. Gli interrogatori iniziano senza la presenza di alcun avvocato, si incominciano a fare violenze verbali e fisiche per costringere i 5 teenager a confessare il crimine. Non c’è nessun verbale e nessuna registrazione.
Ai ragazzi viene espressamente detto che se avessero collaborato e confessato sarebbero stati liberi di andare a casa. I ragazzi quindi, con un età media di 16 anni, iniziano a confessare, pensando che questo avrebbe posto fine a tutta la storia. Iniziano a produrre confessioni singolarmente, discordanti tra loro e senza una minima logica. Non si evincono modalità, non ci sono particolari e sono tutte confessioni generali di persone che non hanno nemmeno visto la scena del crimine. Santana, uno dei 5 ragazzi, racconterà in seguito di come uno dei detective, invitava i ragazzi a confessare, seppur consapevole che non fossero loro i criminali, in quanto era l’unico modo per uscire da quella situazione. Santana stesso dichiarerà: “Non ce la facevo più, ho inventato la storia per tenerli contenti, ho detto ciò che mi dicevano di dire”.
Inoltre, i campioni di DNA trovati sul corpo della vittima, non coincidono con nessuno dei ragazzi. Tutto questo non basta e i ragazzi vengono posti in regime di detenzione fino al processo.
Divenne presto un caso mediatico, i cittadini erano indignati e volevano immediatamente un colpevole per sentirsi più sicuri. Donald Trump acquistò una pagina di giornale al fine di chiedere il ritorno alla pena di morte in un discorso carico di odio. Si andava verso il processo e tutto questo influenzò la giuria popolare. La pagina di Trump contribuì fortemente ad inasprire l’opinione pubblica verso i 5 ragazzi. Il colore della loro pelle li rese colpevoli fino a prova contraria. Nessuno aveva dubbi, a partire dall’ordine che era stato emanato quella notte dal commissariato: “ Portatemi tutti i ragazzi di colore che trovate a Central park”.

Ci furono due processi, entrambi negli anni ‘90. Tutte le testimonianze che si palesavano facevano risaltare un’unica certezza, la totale assenza di prove nei confronti dei 5 ragazzi. Da un secondo lato, però, l’accusa aveva in mano le confessioni inconfutabili dei 5 ragazzi. Nessuno sapeva come queste erano state prodotte, e forse, nemmeno interessava. La giuria popolare fu colpita anche dalle foto della Meili e i verdetti trovarono conferme nell’accusa. Dai 5 ai 15 anni di carcere, poi impugnati in appello, ma senza alcun cambiamento. Tutte le pene vennero definitivamente confermate.
La verità
I cinque ragazzi trascorsero la loro gioventù in carcere. Il più grande di loro, Korey Wise, vi rimase per tredici anni.
Tredici anni dopo il crimine di Trisha Meili, Matias Reyes, in carcere con una condanna all’ergastolo per stupro, confessò di essere l’unico colpevole dello stupro e delle violenze alla Meili avvenuti nella notte del 19 Aprile 1989. Immediatamente si cercò un riscontro nel DNA raccolto sul corpo della vittima ed arrivò anche il match perfettamente.
In seguito a questa confessione furono ritirate tutte le accuse verso i 5 ragazzi e vennero dichiarati innocenti. Immediatamente si chiese un mega risarcimento alla città di New York, poi concesso. Il più grande mai visto, 41 milioni di dollari come risarcimento per ingiusta detenzione. Linda Fairstein, procuratore che si era occupata del caso, non cambierà mai idea e ancora oggi pensa che i 5 ragazzi siano responsabili del crimine.
Oggi i 5 ragazzi sono attivisti politici e lavorano come supporto nei casi di errore giudiziario e ingiusta detenzione.