L’Italia non ha reso conto alla storia: il fenomeno del madamato

L’Italia, o meglio, gli italiani hanno compiuto inconsapevolmente per più di ottant’anni una pratica disdicevole senza riuscire a fare i conti con la storia. Si tratta del madamato, un fenomeno fin troppo comune nella vecchia Abissinia: soldati italiani di ogni età sancivano matrimoni temporanei con giovani africane, che non avevano ancora raggiunto la maturità. Un contratto matrimoniale vero e proprio nell’area, chiamato dämòz, consentiva giuridicamente all’uomo di possedere fisicamente e sessualmente una bambina. Nel caso di Indro Montanelli, a venticinque anni sposato con una dodicenne abissina, il giornalista aveva giustificatp l’accaduto affermando che “In Africa è un’altra cosa”. L’epoca del madamato, quella in cui “un’indigena” non era considerata alla stregua di un’europea, perché immaginata priva di sentimenti e morale. A quel tempo, se un uomo italiano le dava da mangiare o le concedeva dei doni, non poteva lamentarsi. Tutto questo è accaduto meno di un secolo fa.
Le origini del madamato
Nel 1935 Benito Mussolini avviò la celebre Campagna d’Africa con lo scopo di esaudire il sogno di creare il proprio impero. Migliaia di italiani partirono per l’Etiopia per combattere e ben presto insediarsi nel territorio, una preoccupazione sorse nei vertici del regime fascista: l’indispensabile sfogo fisiologico dell’«uomo virile fascista». Era quasi sistematico che la fame di conquista sarebbe andata oltre ai terreni e le risorse dell’Abissinia, rivolgendosi alle suddette indigene locali. Infatti, molti italiani accettarono di aderire alla campagna per trovare occasioni di appropriarsi di donne al pari di un “bottino di guerra”.
La propaganda cercò di placare l’intento di avere rapporti sessuali con le donne nere, un tempo raffigurate nelle vignette come bellezze esotiche ad alta carica erotica. I vignettisti cominciarono a portare una narrativa di disprezzo verso i meticci, risultati delle unioni fra i soldati e le indigene. La prostituzione e le violenze sessuali non interessavano al Duce, a spaventarlo era la procreazione. Significava indebolire la razza bianca, infangare l’onore di Roma e il resto veniva messo in secondo piano.
Per questo esistevano i matrimoni temporanei. Il soldato italiano possedeva l’indigena scelta durante il suo soggiorno in Abissinia e poi tornava serenamente in patria dalla promessa sposa connazionale di cui teneva la foto nella tasca.
La dinamica di potere, com’era un dämòz in Abissinia
Prendere moglie, nell’Abissinia del primo novecento, assomigliava a comprare al mercato per un italiano. Quest’ultimo con poche lire sceglieva la ragazzina migliore del villaggio, soprattutto quelle vergini che abbassavano il rischio di malattie veneree. La parola amarica dämòz, in alternativa qeter, significava affitto. L’unione era perfettamente regolata e il marito dava un assegno annuo e nel caso che il marito avesse avuto l’intenzione di sbarazzarsi della piccola abissina, bastava pagare una piccola somma al giudice.
La madama, così chiamata in forma dispregiativa, poteva convivere con l’uomo come incontrarlo ogni 15-20 giorni. La destà di Montanelli tornava da lui abitualmente per portargli i panni puliti e obbediva ai suoi “doveri di sposa”, obbligata dalla madre. I meticci nati li abbandonavano, raramente riconosciuti dal padre, nei brefotrofi religiosi.
L’unica regola morale di queste unioni era una: non affezionarsi, mai voler bene alla propria madama. La quotidianità di condividere un pasto insieme o di dormire lo stesso letto era impensabile nella dinamica marito-padrone e un’indigena, decisamente inferiore a una moglie e con pochi privilegi rispetto a una schiava.
L’alba delle leggi razziali e la fine del madamato
Solo a un anno di distanza dall’emanazione delle leggi razziali, il madamato venne reso illegale il madamato nel 1937 perseguendo penalmente il fenomeno con una reclusione fino a cinque anni. Il decreto non venne completamente osservato dagli italiani in Abissinia, nonostante la diffusione di case di tolleranza nel territorio con prostitute italiane e ragazze marsigliesi. Lo slogan era: «Aut Imperium Aut Voluptas!»
Una svolta significativa del 1937 fu inoltre la legge contro le unioni miste, ennesima sottolineatura del dominio della purezza razziale. Matrimoni con semiti o africani divennero nulli, e chi aveva sposato un’ariana straniera doveva presentare domanda al tribunale di mantenere valida l’unione.
Era la conclusione di un capitolo colpevole di sessismo e dominazione coloniale, che ha accomunato molti paesi europei nel loro passato imperiale. Ma fu anche l’inizio di una delle maggiori tragedie del Novecento, a dimostrazione della ciclicità della storia, alternando slanci di progresso a profonde cadute nell’ingiustizia e nella disumanità.