La settimana corta a lavoro: che succede in Europa?

Secondo una ricerca di Eurostat, nel Belpaese ci sono 2,7 milioni di persone che lavorano oltre 9 ore al giorno. Il 9,4% dei lavoratori resta sul posto 50 ore a settimana. Il 25% in più delle canoniche 40 previste dalla legge come limite massimo.
Sempre in Italia, la quota di straordinari è tra le più elevate in Europa, dietro soltanto all’Islanda che si attesta al 13,5%, alla Grecia con il 12,6% e alla Francia con il 10,2%. Al contrario altri paesi come la Germania e l’Olanda, si attestano rispettivamente al 6% e al 5,8%.
È comprensibile quindi il motivo per cui l’argomento, soprattutto dopo il Covid e l’introduzione dello smartworking, sia ritornato all’ordine del giorno in molti paesi europei. In Italia invece, solo alcune aziende come Intesa Sanpaolo, Lavazza e Luxottica stanno sperimentando la settimana lavorativa di 36 ore a parità di salario mentre Lamborghini ha appena siglato un accordo con le principali sigle sindacali, per la riduzione dell’orario di lavoro sempre a parità di salario. Per i sindacati dunque, la settimana lavorativa di quattro giorni sta diventando un punto di forza della loro agenda (accanto al salario minimo) che ha trovato il benvolere di molte aziende, disposte a sperimentarla. Carlo Bonomi, Presidente di Confindustria, ha dichiarato di essere d’accordo sul “sedersi e ragionare ma non in maniera ideologica” mentre il Segretario della Cgil, Maurizio Landini, accusa che al momento “si sono fatte solo chiacchiere e nulla di concreto”.
Ma va comunque ricordato che la maggior parte delle persone che lavorano oltre 50 ore non potrebbero beneficiare della settimana corta. Tra questi, vi sono i liberi professionisti che rappresentano il 25% di chi lavora oltre 9 ore al giorno mentre fra i dipendenti la percentuale scende al 3,8%. Infine, al 45,8% gli imprenditori, ma in questo caso il superlavoro è principalmente frutto di libera scelta. Tra i liberi professionisti infatti, vi è una grossa fetta di lavoratori che dipendono comunque da dirigenti o capi e che dunque nei fatti sono trattati come dipendenti, con un’imposizione di ore supplementari dovute al carico di lavoro.
In Europa: la prima sperimentazione islandese
Definita come il futuro della produttività e dell’equilibrio tra lavoro e vita privata, secondo chi sta sperimentando la settimana lavorativa di quattro giorni, a subire una drastica ascesa sono la produttività e la soddisfazione dei lavoratori. Ma cosa sta succedendo fuori dai confini italiani, negli altri paesi europei?
Il primo paese a sperimentare la settimana corta è stata l’Islanda con il più grande progetto pilota al mondo, condotto tra il 2015 e il 2019. Alla fase di test hanno preso parte circa 2.500 lavoratori. Dopo l’analisi dei risultati dal think tank britannico Autonomy e dall’Associazione no profit islandese per la sostenibilità e la democrazia (ALDA), il progetto è stato definito un successo sia dagli stessi ricercatori che dai sindacati islandesi, che hanno negoziato una riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario.
Il Belgio si divide tra pro e contro
Dal 21 novembre del 2022, in Belgio è possibile optare per la settimana lavorativa di quattro giorni. Ma nel caso belga, non significa meno carichi di lavoro: le ore verranno condensate dal lunedì al giovedì. È questa l’idea di base su cui è partito il primo ministro belga, Alexander de Croo, per l’approvazione del disegno di legge. L’obiettivo è quello di raggiungere un’economia più dinamica e rendere più flessibile il mercato rigido del paese: solo 71 belgi su 100, nella fascia d’età tra i 20 e i 64 anni infatti hanno un lavoro, meno della media della zona Euro. Per questo motivo è stato anche siglato un accordo di coalizione federale a sette partiti del Paese, che ha fissato il raggiungimento dell’80% dell’occupazione entro il 2030. Nonostante ciò, non tutti hanno aderito con entusiasmo al modello belga di settimana corta (con le stesse ore di quella lunga): alcuni dipendenti full time lavoreranno per giornate molto lunghe se scelgono di rinunciare ad un giorno lavorativo e altri come i turnisti, non avranno la possibilità di tale flessibilità.
Gli altri paesi: dal Regno Unito alla Spagna
Nel Regno Unito, le aziende che hanno partecipato ad una prova di sei mesi della settimana corta, stanno attualmente pianificando di rendere permanente i quattro giorni lavorativi dopo aver definito l’esperimento come “estremamente riuscito”. Decine le aziende coinvolte nel progetto pilota avviato a giugno del 2022 che oltre allo studio dell’impatto della riduzione dell’orario di lavoro sulla produttività, ha esaminato anche gli effetti sull’ambiente e la parità di genere. Delle 61 aziende e i più di 3.300 dipendenti coinvolti, il 92% si è dichiarato favorevole a mantenere nei propri uffici la politica dei quattro giorni lavorativi, salutando il progetto come “un importante passo avanti nel benessere del lavoratore”.
Anche in Spagna è stato fatto un esperimento simile, più precisamente a Valencia dove il Comune ha sostenuto un test ad aprile, commissionando successivamente uno studio per valutarne i risultati. Complici le festività comprese dal lunedì di Pasqua alla Festa del Lavoro del primo maggio, che hanno permesso di valutare quattro settimane corte grazie a quattro lunedì festivi. In questa situazione il comune ha potuto promuovere un progetto pilota nato da un percorso di dialogo messo in campo da sindacati, imprese, enti di quartiere, istituzioni e altre parti sociali. Ad ottobre invece, la settimana lavorativa corta è entrata nell’accordo programmatico per il nuovo governo progressista: il Partito socialista spagnolo, guidato da Pedro Sanchez e il movimento politico di sinistra Sumar, capitanato da Yolanda Diaz, ha inserito tra gli altri obiettivi finalizzati ad una crescita sostenibile e alla promozione di politiche sulla giustizia sociale e climatica, anche la riduzione dell’orario di lavoro a quattro giorni, senza andare ad intaccare gli stipendi e con l’obiettivo di “guadagnare tempo per vivere”.
La settimana di quattro giorni potrebbe cambiare drasticamente il modo di affrontare il mondo del lavoro, andando ad inserirsi tra le riforme più importanti dell’ultimo periodo, insieme ad altri passi importanti raggiunti in Europa come il salario minimo. Ma mentre nel resto del territorio Eu si continua a sperimentare, “aggiustando il tiro” dove è possibile, ad esempio sulla problematica delle eccessive ore concentrate in soli quattro giorni, in Italia vi è ancora una situazione di stallo per quanto riguarda le mosse del Governo. Nel mondo del privato invece, sembra che molte importanti aziende stiano procedendo in autonomia, data la mancanza di iniziative governative.