Il volo delle spie
Un aereo atterra in piena notte sulla pista di una base militare statunitense. Poi, i portelloni si aprono e alcuni uomini scendono dal velivolo. Sulla pista, ad attenderli, vi sono il Presidente degli Stati Uniti Joe Biden e il Vicepresidente Kamala Harris, la cui felicità ed emozione per il momento speciale è ben visibile dal sorriso stampato sul viso. Ad essere accolti, questa volta, non sono importanti Capi di Stato di nazioni estere, ma alcuni uomini provenienti dalla Federazione Russa. Si tratta di cittadini statunitensi detenuti per un lungo periodo all’interno delle carceri di Mosca, poiché accusati e riconosciuti colpevoli di aver condotto azioni di spionaggio e di raccolta informazioni all’interno dei confini della stessa Federazione.
Ma questo è solo un piccolo tassello di un lavoro assai più grande e complicato, che ha coinvolto le agenzie di sicurezza e gli organi diplomatici di almeno sette nazioni, a lungo impegnate in una trattativa segretissima per il rilascio di ventisei uomini di differenti nazionalità, detenuti all’interno delle carceri di vari paesi europei e nordamericani. A dirigere il tutto e a mettere in contatto le parti ci ha pensato la Turchia, nazione ormai sempre più partecipe all’interno delle grandi questioni regionali ed internazionali grazie ad una politica estera ambigua, agguerrita e capace di agire nei più ridotti spazi di manovra. In tal modo, grazie alla preziosa mediazione di Ankara, Washington e Mosca – insieme a tutte le altre capitali delle nazioni coinvolte dallo scambio – sono riuscite ad arrivare ad un accordo, dopo anni di trattative. La posta in gioco, in questo caso, era talmente alta da includere all’interno dello scambio anche figure ad alta esposizione mediatica, come Alexei Navalny, deceduto in circostanze non troppo chiare nel carcere di Jamalo-Nenec lo scorso febbraio.
Ma chi sono, più in particolare, i soggetti più celebri coinvolti in questo scambio? Mosca ha permesso il ritorno in libertà di Evan Gershkovich – giornalista trentaduenne del Wall Street Journal arrestato nel marzo del 2023 e condannato a sedici anni – l’ex marine Paul Whelan, sempre condannato per spionaggio, e il cittadino russo Ilya Yashin, detenuto per essersi opposto all’invasione militare dell’Ucraina. Insieme a loro, sono stati liberati altri sette personaggi – come la giornalista russo-americana Alsu Kurmasheva – mentre il blocco composto dagli Stati Uniti e dagli alleati europei ha garantito il rientro in patria di ben sedici uomini detenuti per una serie piuttosto variegata di ragioni e crimini. Particolarmente rilevanti sono i nominativi di Vadim Krasikov – alto ufficiale del FSB, uno dei più importanti e temuti servizi di sicurezza della Federazione – di Vladislav Klyushin, Pavel Rubtsov e Roman Valeryevich Seleznev. In ordine detenuti per i seguenti crimini: omicidio di un dissidente russo a Berlino nel 2019, hackeraggio e vendita di informazioni riservate, spionaggio, truffa e hackeraggio di carte di credito. Vadim Konoschchenok, invece, era da tempo in carcere perché ritenuto autore di innumerevoli azioni di riciclaggio di denaro e approvvigionamento di risorse a favore del governo russo.
Tra le incredibili e affascinanti storie personali di ognuna di queste figure, però, ce n’è una che colpisce in modo particolare, perché ci riporta indietro ai miti e ai fasti delle grandi operazioni sotto copertura della Guerra Fredda. E’ la vicenda dei coniugi Dultsev – ufficialmente Ludwig Gisch e Maria Rosa Mayer Munos – accolti all’aeroporto di Mosca direttamente dal Presidente Vladimir Putin insieme ai figli di 8 e 11 anni. Da anni risultavano residenti in Slovenia grazie ad una copertura perfetta, capace di coprire e giustificare ogni singolo aspetto pubblico e privato della vita dei due agenti russi. Copertura talmente curata da far credere ai figli di essere davvero di origine argentina, tanto che sono stati accolti con un tradizionale saluto in lingua spagnola, visto che non parlano una singola parola di russo.
Nonostante la vicenda sia ormai finita sulle pagine dei giornali dell’intero mondo, si tratta solamente di un piccolo tassello di quell’enorme guerra silenziosa e occulta che, ormai, coinvolge centinaia di migliaia di persone di ogni nazionalità, fede e credo, impegnate quotidianamente in quella difficile e complessa disciplina che prende comunemente il nome di “Intelligence”. E per quanto sia difficile accorgersene, in genere, la raccolta di informazioni da parte di soggetti, software e sistemi di Intelligenza Artificiale prosegue silenziosa minuto per minuto, senza che sia data la possibilità al grande pubblico di realizzare quanto stia accadendo.
Ma tutto ciò ci ricorda anche un altro, essenziale, fatto. Che il mondo non ha mai smesso di seguire le logiche che hanno – da sempre – dominato le sfide tra le grandi potenze politiche, economiche e militari. Logiche che hanno permesso la nascita di regni, imperi e nazioni come le conosciamo e come abbiamo avuto modo di studiarle in passato sui libri di storia. Perché le grandi leggi che dominano il mondo non si addormentano mai e non cambiano più di tanto, in fin dei conti. Ed è anche evidente, ormai, che attendendosi periodi di future tensioni e forte competizione, i grandi attori vogliano riportare a casa e proteggere i propri asset, così da poter dimostrare anche il proprio attaccamento e la propria riconoscenza a chi ha servito fedelmente, nell’ombra e nel silenzio, gli interessi della propria nazione.