La grande eredità di Soleimani

A quattro anni di distanza dalla morte del generale iraniano Qassem Soleimani, il progetto di espansione e perseguimento degli interessi di Teheran in Medio Oriente prosegue a gonfie vele. Con la definitiva sconfitta dello Stato Islamico nel territorio iracheno e siriano, seguita poi dalla stabilizzazione del conflitto yemenita, sono venuti a concretizzarsi alcuni successi strategici che hanno portato la teocrazia islamica a ricoprire, ormai, un ruolo di primaria importanza all’interno dello scacchiere regionale. Un successo enorme, tale da portare alla creazione di uno stabile collegamento di terra tra la capitale iraniana e Beirut, con il conseguente rafforzamento delle principali realtà politiche sciite dell’area.
Un capolavoro strategico che porta, in particolare, la firma delle Forze al-Quds, la branca del Corpo delle Guardie della Rivoluzione Islamica (IRGC) specializzata nella conduzione di operazioni militari e d’intelligence in territorio straniero. Tale unità, che nel 2020 vantava ai propri vertici la figura di Soleimani, non solo è stata capace di costituire una fitta rete di sostenitori e gruppi politico-militari legati all’Iran, ma si trova ora attivamente impegnata nella conduzione della guerra irregolare a Israele e Stati Uniti. Il tutto, ovviamente, viene condotto in maniera indiretta, tramite l’impiego di numerose realtà armate straniere, definite “proxy”. Non è un caso, infatti, che i principali attacchi contro strutture statunitensi e israeliane nella regione siano avvenuti in Iraq, Yemen e Siria.
Si tratta, infatti, di paesi dove le IRGC hanno consolidato la propria rete di alleanze, generalmente limitandosi a fornire armamenti, risorse economiche, supporto logistico e d’intelligence, senza mai giungere ad uno scontro diretto con i propri nemici. I principali alleati, in questo caso, vanno identificati all’interno delle comunità sciite locali, che vedono pur sempre nella Repubblica Islamica un valido punto di riferimento. Tra di essi, si possono individuare facilmente le milizie Houthi in Yemen, le milizie sciite irachene di Hashd al-Shaabi, il partito politico e movimento armato libanese Hezbollah e le numerose milizie filo-iraniane presenti ancora all’interno del territorio siriano. Tra gli alleati di Teheran, inoltre, va incluso anche Hamas, che sebbene sia una realtà sunnita legata in gran parte ai Fratelli Musulmani, riceve comunque importanti aiuti dalla teocrazia sciita.
In seguito agli avvenimenti del 7 ottobre e alla reazione israeliana su Gaza, la rete di proxy si è attivamente impegnata in numerosi contesti a portare – come espressamente dichiarato dai vertici delle rispettive organizzazioni – il proprio supporto alla causa palestinese. In Iraq e Siria tramite una ripetuta serie di attacchi missilistici contro le installazioni statunitensi nel paese, in Libano con una partecipazione attiva di Hezbollah lungo il confine meridionale con Israele e in Yemen tramite il tentativo di istituire un blocco navale nelle acque del Mar Rosso. Tutte azione mirate a condurre un conflitto a bassa intensità, cercando di minimizzare il rischio che il tutto possa trasformarsi in qualcosa di più grosso.
Ma la sfida per il dominio della regione non viene condotta solamente alla luce del sole. Di fondamentale importanza, infatti, è il lavoro di spionaggio e di intelligence mirato ad ottenere informazioni riservate e confidenziali sull’avversario. Un gioco particolarmente affascinante, ma anche estremamente pericoloso per chi si trova coinvolto in tali operazioni. Non a caso, nel corso della settimana passata, quattro cittadini iraniani – in questo caso tre uomini e una donna – sono stati arrestati e successivamente sottoposti alla pena di morte poiché accusati di condurre attività di spionaggio a favore di Israele. Nel corso del mese di ottobre dell’anno passato, invece, era stato il turno degli Stati Uniti, che avevano identificato un network di sospetti agenti di Teheran proprio nel cuore politico e amministrativo di Washington.
Un altro elemento chiave della strategia delle Guardie della Rivoluzione Islamica ha a che fare con l’ambito economico, visto che i Pasdaran – questo è il nome dei componenti di questa particolare unità militare – risultano tra i principali imprenditori della regione. Sono innumerevoli, infatti, le iniziative economiche di ogni tipo che vedono una partecipazione, spesso indiretta e velata agli occhi indiscreti del grande pubblico, delle IRGC. Non a caso, paesi come Siria, Iraq e Libano risultano importantissimi mercati per Teheran dove, grazie ad un connubio di relazioni politiche ottimali e grandi disponibilità economiche, vi sono interessanti opportunità di investimento con elevate possibilità di lauti ritorni nel breve e nel lungo termine.
L’azione delle IRGC e delle Forze al-Quds, dunque, rappresenta la principale arma a disposizione della Repubblica Islamica per il perseguimento dei propri obiettivi strategici a livello regionale e mondiale. E’ facile intuire, allora, che nel giro dei prossimi mesi, vista la sempre maggiore tensione nell’area, ne sentiremo parlare a lungo, soprattutto per quanto riguarda la ormai giornaliera azione militare dei proxy di Teheran.