PMC: una strategia a lungo termine

Cosa hanno in comune Afghanistan, Iraq, Ucraina, Siria, Sudan, Mali e Libia? Apparentemente nulla di particolare. Eppure, sono tutti uniti da un unico, grande, elemento condiviso. Negli anni, infatti, tutti questi paesi hanno visto la presenza, al proprio interno, di almeno una o più compagnie militari private impegnate nel corso dei sanguinosi conflitti esistenti. Prima è stato il turno della statunitense Blackwater, il cui servizio – ben lautamente retribuito con generosissimi contratti – è stato di primaria importanza per fornire protezione a numerosi importanti personaggi, strutture e asset della Coalizione internazionale in Iraq e Afghanistan. Poi è toccato alla britannica G4S, fondata nel 2004 e ampiamente attiva in numerosi contesti a rischio in svariate parti del globo. Infine, è stato il turno della russa Wagner, ormai celebre per i successi militari ottenuti in Ucraina, Siria e nel continente africano.
Ovviamente, insieme a questi nomi ampiamente conosciuti, in parte anche a causa dei numerosi scandali che ne accompagnano la storia operativa, vi sono molte altre realtà affini di dimensioni simili e minori che hanno segnato la storia dei professionisti della guerra, altresì detti contractors. Le ragioni di questa rapida e profittevole espansione sui mercati mondiali è facilmente comprensibile, vista l’enorme serie di vantaggi che il ricorso a compagnie private consente. L’impiego di contractors, infatti, permette per prima cosa di operare in contesti altamente a rischio senza che vi sia la necessità di ricorrere a personale militare o di polizia appartenente a forze armate regolari di uno stato. Ne consegue, dunque, un’agilità di impiego senza eccessive lunghezze burocratiche e una ridotta esposizione mediatica in caso di perdite umane, soprattutto all’interno di nazioni dove il ricorso alla forza militare trova ampia ostilità all’interno della società civile.
Poi, trattandosi in genere di professionisti provenienti da innumerevoli background differenti – dalle forze armate o di polizia ai servizi di intelligence di diverse nazioni – le PMC possono ampiamente ridurre i costi relativi all’addestramento e alla formazione del personale, che in genere viene assunto in base alle proprie competenze acquisite negli anni e, in particolare, all’interno dei contesti operativi. Tutti vantaggi enormi per un’entità statale, che si trova così a poter contare su un personale di grandissima esperienza e ben motivato, difficilmente organizzabile all’interno della stessa unità in genere. Per ultimo, ma non di minore importanza, vi è il fatto – in caso di eventi violenti e sanguinosi coinvolgenti la popolazione civile di una nazione estera – che l’esposizione mediatica e giuridica dei contractors sia più facile da gestire rispetto ad una situazione di pari livello coinvolgente truppe regolari.
Tuttavia, l’esperienza della Wagner degli ultimi anni, ha evidenziato un punto di forza destinato a portare ad un maggior ricorso alle PMC nel corso dei prossimi anni e decenni. Il gruppo creato dal miliardario russo Evjenij Prigozhin, infatti, è stato fondamentale per il perseguimento degli interessi strategici del Cremlino in contesti operativi situati a migliaia di chilometri di distanza dai confini della Federazione, come il Medio Oriente, il Nord Africa e l’Africa Subsahariana. In tutti questi contesti, i professionisti della guerra sono stati capaci di ottenere importantissimi risultati tattici e strategici, generalmente sfruttando le pre-esistenti tensioni all’interno dei vari paesi coinvolti.
In Libia, il sostegno russo ha permesso al generale Khalifa Haftar di muovere su Tripoli, mentre in Siria si è rivelato centrale per la conduzione delle campagne militari contro lo Stato Islamico. Nella regione subsahariana il gruppo ha sostenuto o combattuto numerosi governi locali, permettendo alla Russia di emergere come importante attore internazionale in un contesto dove, altrimenti, sarebbe stato molto più complesso operare. Nel caso ucraino, invece, la Wagner è riuscita a realizzare un vero e proprio miracolo, catturando il centro abitato di Bakhmut dopo numerosi mesi di violentissimi combattimenti casa per casa contro l’esercito ucraino. E, almeno in questo caso, il reclutamento di decine di migliaia di carcerati si è rivelato fondamentale per il gruppo, che ha potuto così contare su un’enorme disponibilità di risorse umane da utilizzare al fronte, con conseguenti elevate perdite umane di scarso valore da mettere a bilancio.
Il grande vantaggio proveniente dal ricorso ai contractors, in conclusione, è il basso profilo e il velo di mistero – almeno a livello ufficiale – che domina i rapporti tra le varie società private e gli altri attori locali. Fatto che, in breve, permette in parte di sviare e nascondere le reali intenzioni e gli interessi strategici delle grandi entità statali che si trovano alle loro spalle. In un contesto internazionale sempre più complesso, instabile e rischioso, allora, è facile intuire che il ricorso alle società militari private sia destinato a farsi sempre più comune e ricorrente, con una possibile riduzione del ricorso alla forza per mezzo di unità regolari degli eserciti, ormai sempre più difficile da accettare per una società civile abituata a vivere in contesti pacifici e sicuri. Aspettiamoci, a questo punto, una privatizzazione anche nel settore della guerra!