Siria, perché i ‘bei missili intelligenti’?
Come è noto, la notte fra venerdì 13 e sabato 14 aprile, il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, ha attaccato la Siria, con l’appoggio di Emmanuel Macron e Theresa May, tramite i promessi “bei missili intelligenti”, in risposta all’attacco chimico sferrato lo scorso 7 aprile a Duma. Attacco che continua ad essere negato dal regime di Assad e dalla Russia, sua alleata, che al contrario sostengono che questo sia stato soltanto il pretesto per legittimare un intervento occidentale in Siria. I missili statunitensi, più o meno 120, non hanno toccato le basi russe perché Putin aveva già annunciato che la sua risposta sarebbe stata immediata. Sono stati lanciati da una nave americana nel Mar Rosso e da alcune unità aeree inglesi e francesi, colpendo prevalentemente tre obiettivi: Damasco, dove è stato raso al suolo il Centro di ricerche di Barzach, nel quale si sospetta siano state prodotte le armi chimiche degli attacchi governativi, e i Centri di comando della Quarta divisione meccanizzata e della guardia repubblicana, i quali hanno partecipato all’assalto di Duma del 7 aprile. Gli altri due obiettivi colpiti si trovano nella provincia di Homs e sono due siti in cui vengono prodotte le armi biologiche e chimiche. Il capo del pentagono, James Mattis, ha dichiarato che il raid non è la premessa ad un intervento armato in Siria e che non ce ne saranno altri, a meno che non vengano di nuovo usate armi chimiche. Oggi, nel Parlamento europeo di Strasburgo, il presidente francese, Macron, riconosce al raid in Siria il merito di aver «salvato l’onore della comunità internazionale». Strana idea di comunità.
L’accusa dei paesi arabi
Haaretz, un quotidiano israeliano, muove delle accuse pesanti nei confronti dei paesi occidentali, soprattutto degli Stati Uniti, colpevoli di non essere mai intervenuti in maniera decisa, nonostante fossero a conoscenza da anni della presenza di armi chimiche sul territorio. Sembra che il raid occidentale sia arrivato anche troppo tardi, infatti il quotidiano lo definisce un intervento ipocrita, perché «i leader occidentali e israeliani sapevano e non hanno fatto niente».
Il 7 aprile scorso non è stata soltanto la data dell’attacco chimico a Duma, ma anche il primo anniversario dell’attacco missilistico statunitense contro una base aerea siriana: l’unica volta in sette anni in cui la Casa Bianca è intervenuta direttamente contro il regime di Assad e l’unico caso, fino a qualche giorno fa, in cui Damasco è stata punita per l’uso di armi chimiche. Sempre secondo Haaretz, i servizi segreti occidentali sono già in possesso di molte informazioni sulle armi chimiche siriane, ma non possono rivelare quello che sanno perché sarebbe come ammettere la loro colpevolezza e connivenza. L’Esercito libero siriano (Esl) sapeva, già dai primi mesi della rivoluzione siriana, dove venivano nascosti gli arsenali di armi chimiche del regime e come loro anche i governi occidentali. «Alla fine del 2012, quando si scoprì che queste armi erano state usate negli attacchi alle aree controllate dai ribelli, i servizi d’intelligence non ne furono sorpresi». L’allora presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, aveva già tracciato la sua “linea rossa” sull’uso delle armi chimiche, nell’agosto 2012, avvertendo che l’utilizzo delle armi chimiche lo avrebbe spinto a cambiare posizione. Quindi sapeva perfettamente della loro esistenza e del più che probabile utilizzo contro i ribelli. Nel marzo 2013, nell’attacco su Khan al Assal, soldati e civili furono uccisi da missili contenenti gas sarin. Il 21 agosto 2013, nella Ghuta orientale si registrò l’attacco con armi chimiche più duro fino a quel momento, ma dall’occidente nessuna vera reazione. Assad, però, accettò di aderire al trattato internazionale per la proibizione delle armi chimiche e le squadre dell’Opac smantellarono gran parte dell’arsenale chimico siriano, ma le scorte rimanenti sono state più che sufficienti per produrre nuove stragi.
Eppure la stampa occidentale è di tutt’altra opinione. È probabile che l’attacco chimico sia stato attribuito al regime di Assad per poter intervenire sul suolo siriano. Sul Fatto Quotidiano, Fabio Marcelli, giurista internazionale, parla di un allestimento ad hoc, in merito al quale non esiste alcuna prova della colpevolezza dell’esercito siriano. Al contrario alcune testimonianze gettano la responsabilità dell’attacco sui ribelli e sui loro consiglieri occidentali, ovvero i loro finanziatori, per primi gli Stati Uniti. Di fronte all’imminente sconfitta dei ribelli, spiega, «nessun interesse avrebbe avuto Bashar al-Assad a compiere un tale attacco, nel momento in cui stava vincendo la guerra ed i ribelli erano comunque sul punto della capitolazione», concludendo che «l’aggressione alla Siria ha violato apertamente il diritto internazionale e la Carta delle Nazioni Unite».
Tesi, questa, avvallata anche dall’Opac (Organizzazione per la Proibizione delle Armi Chimiche), che aveva ispezionato il Centro di Barzach – uno degli obiettivi attaccato dal raid occidentale – due volte, pubblicando il risultato definitivo delle analisi il 23 marzo 2018 in un report in cui si legge che «l’analisi dei campioni prelevati durante le ispezioni non hanno indicato la presenza di sostanze chimiche schedulate nei campioni e il Team d’ispezione non ha osservato alcuna attività incompatibile con gli obblighi derivanti dalla Convenzione durante la seconda ispezione presso le strutture di Barzah e Jamrayah». Resta da capire perché è stato raso al suolo un Centro dichiarato a norma dall’Opac stessa. Quello che è certo è che, secondo i soccorritori del gruppo dei Caschi bianchi e del personale medico, sono state uccise 85 persone, tra cui donne e bambini, in un attacco con il gas, presumibilmente cloro.
Al posto dell’aria, respiravamo l’odore del sangue
La guerra che puoi vedere comodamente dal divano di casa tua. La sociologia della comunicazione virtuale ci permette di sentire le parole dei sopravvissuti ai bombardamenti, di vedere i cadaveri di chi non è riuscito a scappare, di ammirare le macerie di ciò che rimane delle loro città e della nostra umanità. Non ci è dato sentire l’odore del sangue misto alla polvere che può sentire soltanto chi nella guerra ci vive, né il loro terrore. E per questo pensiamo di non vivere la guerra. Ma sbagliamo. Perché siamo parte di un sopruso che si nasconde dietro la disapprovazione morale nei confronti delle armi chimiche, per demolire una città già distrutta. Non siamo innocenti. La guerra in Siria non riguarda soltanto quello spicchio di terra tra la Giordania, Israele e la Turchia, i loro morti sono anche i nostri, degli occidentali.
Gli occhi della piccola Masa hanno registrato la verità della guerra: paura, fughe e cadaveri. Racconta il dramma dei bombardamenti di gas nervino: «eravamo in un seminterrato che era sotto i bombardamenti. All’improvviso hanno sganciato una bomba che però non è esplosa, ha fatto solo feeshhh. Ci hanno detto “salite, salite, salite!” Siamo andati all’ultimo piano, io sono caduta per terra. Mia madre urlava a mio zio “mia figlia, mia figlia, mia figlia”. Mio zio mi è venuto incontro e mi ha rialzata, mi ha dato uno straccio bagnato e mi ha portata su per le scale. Il presidio medico si trovava alla fine del tunnel. Sono arrivati dei dottori. Uno ha trasportato me e uno mia sorella, e hanno cominciato a correre. Ci hanno condotte al presidio medico, ci hanno messe per terra e hanno cominciato a versarci acqua addosso. Poi ci hanno visitate, hanno spruzzato qualcosa su di noi e ci hanno fatto delle iniezioni. Quando siamo andati a dormire, gli aerei bombardavano ancora, ed eravamo ricoperti di polvere. Siamo tornati nel seminterrato e abbiamo visto che stavano trasportando dei cadaveri. Al posto dell’aria, respiravamo l’odore del sangue».
Cosa vuol dire morire per il gas nervino? Il dottor Matteo Guidotti, che lavora all’Istituto di Scienze e tecnologie Molecolari del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) ed è specializzato nello studio della armi non convenzionali, ha fornito un’idea in merito. «Gli agenti nervini sono una famiglia molto simile ad alcuni pesticidi e insetticidi di uso industriale, i quali portano alla morte l’individuo per una “confusione” dei segnali nervosi. […] Questo porta a moltissimi danni come l’arresto cardiocircolatorio e in pochi minuti, o secondi nei casi più drammatici, porta alla morte. […] Ma la differenza sostanziale tra agente chimico e nervino è che gli agenti nervini sono disegnati, dal punto di vista chimico, per essere esclusivamente delle armi perché sono talmente tossici che non hanno impiego pacifico. […] Il cloro tipicamente è un gas che, se usato come arma chimica, è un aggressivo soffocante che porta alla morte dell’organismo colpito facendo travasare liquido all’interno dei polmoni e provocando il soffocamento».
Moaed Dumane, 27 anni, attivista dell’opposizione siriana, intervistato dal New Yorker, racconta che il 7 aprile la città stava subendo pesanti bombardamenti da parte del governo di Assad, quando un elicottero ha sganciato alcuni barili esplosivi, e ha iniziato ad avvertire uno strano odore. Racconta di aver visto molte persone morte per soffocamento, che venivano trascinate in ambulatori improvvisati. Soltanto alle 11 del giorno dopo, una volta cessati i raid, il regime e le forze russe hanno permesso ad un convoglio della Mezzaluna rossa di lasciare Duma.
Alleanze e strategie di guerra
La Siria è limitrofa a uno dei più grandi bacini di petrolio e gas naturale del pianeta. È terra di continui colpi di stato; invasa dall’ideologia del Ba’thismo, un’ideologia nazionalista araba che lega il sogno di un’unica nazione araba con il socialismo. La Siria si professa laica, ma è comunque divorata dalle lotte religiose che vedono contrapporsi la minoranza sciita, di cui è parte il presidente Assad – fazione laica sciita – e la maggioranza sunnita, contraria ad essere governata dalla minoranza e composta dall’Opposizione, ovvero dall’Esercito libero siriano (sunnita e laico) e il Fronte islamico (sunnita e religioso); da Al-Nusra o Al Qaida (sunnita islamista radicale) e dall’Isis o Stato Islamico (islamisti radicali). La vera e propria guerra civile in Siria inizia con la “primavera araba” del 2011, in cui si registrano almeno 1000 morti iniziali, per mano dell’esercito di Assad, il cui regime è appoggiato dalla Russia, dalla Cina e dall’Iran. Affianco all’Opposizione, invece, i finanziatori Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia, Arabia Saudita e Turchia.Ogni schieramento politico è ovviamente uno schieramento economico, nel quale ogni nazione ha i propri interessi da difendere e da conquistare: la Turchia punta a cacciare dai suoi confini i curdi siriani; l’alleanza fra Erdogan (Turchia), Putin (Russia) e Hassan Rouhani (Iran) lascia facilmente intendere il poco riguardo nei confronti della Nato e delle sue logiche. La Turchia, membro della Nato, ha stretto un accordo con Russia e Iran “per spartire la Siria in zone di influenza”. Tra l’altro la Turchia ospita, oltre alle basi, anche i missili americani puntati contro Mosca e Teheran.
Gli interessi della Russia e quelli anglo-americani riguardano innanzitutto il controllo del territorio mediorientale, ricco di risorse. Lo scopo anglo-americano è il mantenimento del monopolio dei grandi alleati occidentali in medioriente (Arabia Saudita, Qatar, Kuwait) nel commercio del petrolio e la protezione dell’alleato Israele dalla “minaccia” dell’Iran.
Gli interessi francesi in Siria hanno origini antiche, dai primi anni del ‘900 la Francia ha occupato il territorio della Siria, facendo di essa una delle sue miniere d’oro, esportando il petrolio della Siria verso compagnie straniere. Gli interessi economici francesi in Siria sono importanti e concentrati soprattutto nel settore degli idrocarburi e delle risorse minerarie ma anche nelle infrastrutture, nel settore degli immobili, agricoltura e alimentari. La multinazionale petrolifera Total, attraverso gli stabilimenti di Deir Ez Zor e Tabiyeh, riusciva a produrre 40.000 barili al giorno nel 2010.
La posizione dell’Italia
L’incapacità di formare un governo e la confusione che ne deriva mostrano i loro effetti anche in politica estera. L’Italia non si sta opponendo al raid statunitense, preferendo assecondare per l’ennesima volta le decisioni del colosso. I possibili futuri leader del paese si barcamenano confusamente tra una fazione e l’altra. Solo Salvini sembra aver assunto una posizione chiara contro i “missili intelligenti”, mentre Di Maio, al solito, non si espone nascondendosi dietro la linea diplomatica internazionale e andando contro lo sganciamento dagli alleati storici. Il Pd si genuflette definitivamente all’imperialismo occidentale, dimenticando di difendere i diritti umani e strizzando l’occhio alla diplomazia internazionale ad ogni costo.