Inchiesta: Cosa vuole il sedicente Stato islamico?
Questa grande inchiesta pubblicata da The Atlantic offre un piano dettagliato senza precedenti sugli obiettivi e sui fondamentalismi ideologici dello Stato islamico. Quanto segue è un estratto essenziale
Che cos’è lo Stato islamico [ISIS, IS e Daesh in arabo]? Da dove arriva questa organizzazione e quali sono le sue intenzioni? La semplicità di queste domande può essere ingannevole e sono rari i dirigenti occidentali che conoscono le risposte. Nel dicembre del 2014 “The New York Times”, l’autorevole quotidiano della grande mela, ha pubblicato alcune affermazioni confidenziali del generale Michael K.Nagata, comandante delle operazioni speciali per gli Stati Uniti in Medio Oriente che ammetteva di essere ancora lontano dal comprendere l’attrazione esercitata dallo Stato islamico.
L’organizzazione si è originata a Mosul in Iraq nel giugno del 2014 e regnava già su una zona più vasta del Regno Unito. Il capo è da maggio 2010, Abou Bakr Al-Baghdadi, che il 5 luglio 2014 si è presentato al mondo dalla Grande Moschea di Al-Nour, a Mosul, come primo califfo dopo generazioni. In seguito si è concretizzato un afflusso di massa mondiale di jihadisti senza precedenti per proporzioni e rapidità.
Le nostre lacune sull’IS sono in un certo modo comprensibili: l’organizzazione ha fondato un regno isolato. Al Baghdadi si è espresso soltanto una volta di fronte a una telecamera. Il suo discorso così come innumerevoli video e brochure di propaganda dello Stato islamico sono accessibili su internet dove i simpatizzanti dell’IS si sono dati da fare per divulgare il loro progetto.
Non abbiamo capito la natura dello Stato islamico per due ragioni. In primis, abbiamo la tendenza ad applicare la logica che Al Qaeda ha un’organizzazione che è stata eclissata. I simpatizzanti dell’IS fanno sempre riferimento a Bin Laden che chiamano “Sceicco Osama”, ma lo jihadismo è evoluto dall’era di Al Qaeda (dal 1998 al 2003) e sono numerosi i jihadisti che disprezzano le priorità e i dirigenti attuali dell’organizzazione.
Osama Bin Laden considerava il terrorismo come un prologo al Califfato. La sua organizzazione era informale, costituita da una rete diffusa di cellule autonome. L’IS, al contrario, ha bisogno di un territorio per stabilire la propria legittimità, così come di una struttura gerarchizzata per regnarci. In secondo luogo, siamo stati indotti all’errore a causa di una campagna ben intenzionata ma mirata a negare la natura religiosa medievale dell’IS.
Peter Bergen, che ha realizzato la prima intervista con Bin Laden nel 1997, ha intitolato il suo primo libro “Guerra santa, multinazionale”, soprattutto per affermare che il leader di Al Qaeda era un prodotto del mondo laico moderno.
Bin Laden ha organizzato il terrore sotto forma di impresa costituita da franchising. Esigeva concessioni politiche precise, come il ritiro delle truppe americane dall’Arabia Saudita. L’ultimo giorno della sua vita, Mohamed Atta [uno dei responsabili degli attentati dell’11 settembre 2001], ha fatto la spesa a Walmart e cenato da Pizza Hut.
Maometto alla lettera
La verità è che l’ISIS è islamico. Molto islamico. Certo, il movimento ha attirato psicopatici e gente in cerca di avventura, spesso provenienti dalle zone più difficoltose del Medio Oriente e d’Europa. Ma la religione che predicano i più accesi sostenitori dello Stato islamico è frutto di coerenza.
Ogni grande decisione o legge proclamata dallo Stato islamico obbedisce a quello che chiamiamo la “metodologia profetica”, che implica di seguire la profezia e l’esempio di Maometto alla lettera. I musulmani possono rifiutare l’IS, come lo fa la stragrande maggioranza. Tuttavia, pretendere di pensare che non sia un’organizzazione religiosa millenaria la cui teologia deve essere compresa per essere affrontata equivale a sottostimare l’organizzazione. Dobbiamo conoscere meglio la genealogia intellettuale dell’IS se vogliamo reagire.
- Devozione
Nel novembre del 2014, l’IS ha diffuso un video promozionale che rintraccia le origini di Bin Laden. Il film, menzionava Al Zarquawi, il violento boss di Al Qaeda in Iraq dal 2003 fino alla sua morte, nel 2006. Citava ugualmente altri due capi che hanno preceduto il Califfo. Nessuna menzione, invece, per il successore di Bin Laden e attuale dirigente di Al Qaeda, il chirurgo egiziano Al-Zawahiri.
Al-Zawahiri non si è alleato con Al-Bagdhadi ed è sempre più odiato dai suoi fratelli jihadisti. Il suo isolamento è rinforzato dalla sua mancanza di carisma. Ma la rottura tra Al Qaeda e l’IS è in atto da tempo.
Un’altra figura importante oggi in disgrazia è Abbu Muhammad Al Maqdisi, un religioso Giordano di 55 anni. Uno dei più grandi architetti intellettuali di Al Qaeda. Sulla quasi totalità della dottrina, Al-Maqdisi e l’IS sono d’accordo. Sono estremamente legati all’ala jihadista di una branca di sunnismo chiamato salafismo, secondo l’espressione araba al Salaf al Salih. Questi predecessori sono il Profeta stesso insieme ai suoi primi discepoli, che i salafisti onorano ed emulano.
Al-Maqdisi è stato il mentore di Al Zarquawi, che è andato in Iraq con i suoi consigli in testa. Con il tempo, l’allievo ha superato il maestro, che ha finito per criticare. Il loro contrasto riguardava la propensione di Al Zarquawi per gli spettacoli sanguinosi e da un punto di vista dottrinario, e il suo odio per i musulmani non salafisti.
Nell’islam, il takfir, è una pratica pericolosa da un punto di vista teologico. Se l’accusatore ha torto, allora, è lui stesso colpevole, un atto punito con la morte. Eppure, Abu Muhammad Al-Maqdisi ha scritto al suo ex allievo che doveva mostrarsi prudente e non emettere “proclamazioni di Takfir” o “dichiarare persone colpevoli di apostasia in ragione dei loro peccati”. La distinzione tra apostasia e peccato è uno dei disaccordi fondamentali tra Al Qaeda e l’IS.
Né la santità del Corano o le profezie di Maometto rivelano chiaramente l’apostasia. Ma Al Zarquawi e la sua organizzazione stimano che numerosi atti possono giustificare di escludere un musulmano dall’islam, come vendere alcol e droghe, indossare vestiti occidentali, radersi la barba o votare durante le elezioni.
Essere sciita è un altro motivo di esclusione, in quanto l’IS stima che lo sciismo sia un’innovazione, del Corano che nega la sua perfezione iniziale. Così, circa 200 milioni di sciiti sono minacciati di morte, anche capi di Stato di tutti i paesi musulmani, che hanno elevato il diritto delle donne al di sopra della Sharia concedendo loro la possibilità di votare o applicando leggi che non hanno origine divina.
Conformemente alla sua dottrina, lo Stato ilslamico si impegna a purificare il mondo sterminando numerosissime persone. Le pubblicazioni sui social lasciano presagire che le esecuzioni individuali si verifichino più o meno continuamente e che vengono organizzate esecuzioni di massa.
Un ritorno all’Islam “antico”
Sono trascorsi secoli dalla fine della guerra delle religioni in Europa. Da allora, gli uomini hanno cessato di morire in massa per oscure differenze teologiche. È forse per questa ragione che gli Occidentali hanno accolto la teologia e le pratiche dell’IS con tantà incredulità.
Numerose organizzazioni musulmane tradizionali hanno affermato che l’IS fosse“contrario all’Islam”. Tuttavia, ”i musulmani che affermano questa idea sono spesso imbarazzati e politicamente corretti, con una visione naif della loro religione”come suggerisce Bernard Haykel, ricercatore di Princeton di origine libanese ed esperto sulla teologia dell’IS.
Tutti i musulmani riconoscono che le prime conquiste di Maometto sono state caotiche e che le leggi della guerra trasmesse dal Corano insieme ai racconti sul regno del Profeta erano adatti a un’epoca turbolenta e violenta. Bernard Heykel, stima che i combattenti dell’IS rappresentano un autentico ritorno a un islam vecchio che riproduce fedelmente le sue pratiche. Ciò ingloba un certo numero di pratiche che i musulami preferiscono non riconoscere come parte integra dei loro testi sacri.
I combattenti dello Stato islamico sono “nel pieno della tradizione medievale ma la trasportano in tutta la sua integrità nell’epoca contemporanea”. Il Corano precisa che la crocifissione è una delle sanzioni permesse contro i nemici dell’islam. Le tasse imposte ai cristiani sono chiaramente legittimate dal nono capitolo del Corano, che intima ai musulmani di combattere i cristiani e gli ebrei”.
Quando l’IS ha iniziato a ridurre la gente in schiavitù, alcuni dei suoi simpatizzanti hanno esitato. Tuttavia, il califfato ha continuato a praticare la crocifissione e la schiavitù. “Conquisteremo Roma, bruceremo le vostre croci e schiavizzeremo le vostre donne”, ha promesso Al Adnani, portavoce dell’IS attraverso uno dei messaggi indirizzati all’occidente.
- II. Territorio
Nel novembre del 2014, mi sono recato in Australia per incontrare Musa Cerantonio, un trentenne identificato come una delle novità spirituali più importanti nel guidare gli stranieri a raggiungere l’IS. Per tre anni, è stato televangelista su Iqraa TV, al Cairo ma è partito quando il canale ha contestato i suoi appelli frequenti che evocavano la creazione di un califfato. Ora, predica su Facebook e via Twitter.
Musa Cerantonio, un uomo di grande statura ha l’aria da studioso serio, che odia vedere i video delle decapitazioni. Detesta la violenza, anche se i simpatizzanti dello Stato islamico sono costretti a praticarla. Ha una folta barba che ricorda alcuni personaggi del “Signore degli anelli” e la sua ossessione per l’ideologia apocalittica dell’islam mi era famigliare.
Nel giugno 2014, Musa Cerantonio e sua moglie tentarono di emigrare – non ha precisato dove – (“è illegale partire dalla Siria”, precisa con sospetto) – ma sono stati arrestati per strada, nelle Filippine, ed espulsi verso l’Australia. In Australia tentarono di raggiungere lo Stato islamico dove recarsi sul suo territorio è un’infrazione; il governo ha quindi confiscato il passaporto di Musa Cerantonio. Fino ad oggi, tuttavia, è libero.
Ci siamo dati appuntamento per colazione a Footscray, una periferia multiculturale molto popolata a Melbourne. Musa Cerantonio è cresciuto proprio lì, in una famiglia italo-irlandese. Mi racconta la gioia che ha provato quando Abu Bakr al Baghdadi è stato dichiarato califfo, il 29 giugno 2014, così come l’attrazione che ha iniziato a provare per l’Iraq e la Siria. “Ero in un hotel [nelle filippine] e ho visto la dichiarazione alla televisione. “Mi sono detto, cosa ci faccio chiuso in questa stanza?”
Musa Cerantonio – Foto: theage.com
L’ultimo califfato storico è l’Impero ottomano che ha conosciuto il suo periodo d’oro nel XV1° secolo, prima di subire un lungo declino fino alla sua sparizione nel 1924. Ma Musa Cerantonio, come numerosi simpatizzati dell’IS, mette in dubbio la legittimità di questo califfato, poiché non applica integralmente la legge islamica, che richiede lapidazione, schiavitù e amputazioni, e perché i suoi califfi non discendono dalla tribù del Profeta.
Al Baghdadi ha lungamente insistito sull’importanza del califfato nel sermone che ha pronunciato a Mosul. Ha spiegato che far rinascere l’istituzione del califfato, che non ha avuto un nome per circa mille anni, fosse un obbligo comune. Lui e i suoi fedeli erano “ansiosi di dichiarare il califfato e di nominare un imam”, ha dichiarato. “È il dovere dei musulmani, un dovere che è stato negato per secoli… “.
Come Osama Bin Laden prima di lui, al Baghdadi si esprime con enfasi, utilizzando numerose allusioni coraniche e dimostrando grande destrezza nella retorica classica. Ma contrariamente a Bin Laden e ai falsi califfi dell’Impero ottomano, è discendente della tribù del Profeta.
Il califfato, mi ha spiegato Musa Cerantonio, non è unicamente un’entità politica ma ugualmente un veicolo di salvezza. La propaganda dell’IS lega regolarmente i sermoni di bay’a (fedeltà) ad altre organizzazioni jihadiste. Musa Cerantonio mi ha citato un proverbio attribuito al Profeta secondo il quale morire senza avere fatto giuramento di fedeltà equivale a morire jahil (ignorante) e quindi morire senza fede.
Per essere califfo, occorre soddisfare le condizioni precisate dal diritto sunnita: essere un uomo musulmano adulto discendente di Quarych (la tribù del Profeta), manifestare una probità morale, un’integrità fisica e dare prova di ’amr, ossia autorità. Quest’ultimo criterio secondo Musa Cerantonio, è il più difficile da soddisfare, esige che il califfo abbia un territorio sul quale regna la legge islamica.
Dopo il sermone di Abu Bakr al Bagdadi, i jihadisti hanno iniziato ad affluire quotidianamente in Siria, più motivati che mai. Jürgen Todenhöfer, autore tedesco ed ex figura politica che si è recato nei territori controllati dall’IS nel dicembre 2014, ha dichiarato di aver visto un afflusso, in soli due giorni, di 100 combattenti al posto di reclutamento ubicato nella frontiera con la Turchia.
A Londra, nella settimana che ha preceduto la mia colazione con Musa Cerantonio, ho incontrato tre ex membri di un gruppo islamico chiamato Al-Muhajiroun (gli emigrati): Anjem Choudary, Abu Baraa et Abdul Muhid. I tre si auguravano di emigrare per raggiungere l’IS, ma le autorità hanno sequestrato i loro passaporti. Come Musa Cerantonio, considerano il califfato come l’unico governo legittimo. Durante la nostra conversazione, il loro principale obiettivo era di spiegarmi cosa rappresenta l’IS e come la sua politica rifletta la legge di Dio.
Anjem Choudary, 48 anni, è l’ex capogruppo. Appare spesso nelle trasmissioni d’informazioni televisive, è l’unica persona di cui le emittenti sono sicure difenderà con veemenza l’IS fino a quando il suo microfono non sarà spento. Nel Regno Unito, ha una reputazione di detestabile fanfarone, ma lui e i suoi discepoli credono sinceramente nell’IS e diffondono la sua dottrina. Anjem Choudary e i suoi discepoli sono molto presenti su Twitter mentre Abu Baraa gestisce un canale su YouTube per rispondere alle domande sulla sharia.
Domicilio gratis per tutti
Prima del califfato circa l’85% della sharia non era applicata”, mi spiega. Queste leggi erano sospese finché non abbiamo avuto un califfato. Senza califfato, per esempio, non c’è l’obbligo di amputare le mani dei ladri presi in flagrante. Con l’instaurazione di un califfato, tutti i musulmani sono obbligati a emigrare verso il territorio dove il califfo applica le sue leggi.
Anjem Choudary afferma che la sharia è mal concepita in ragione della sua applicazione incompleta per via di regimi come l’Arabia Saudita, che decapita gli omicidi e amputa le mani ai ladri. “Il problema, spiega, è che paesi come l’Arabia saudita applicano unicamente il codice penale e non mettono in atto la giustizia socio-economica della sharia”. Questo insieme di misure, secondo lui, include l’alloggio gratis, cibo e vestiti, anche se tutto il mondo ha il diritto di lavorare per arricchirsi.
Abdul Muhid, 32 anni, ha continuato questa riflessione. Portava un elegante tenuta mujaheddin, l’ho trovato in un ristorante: barba folta, cappello afgano. Aveva iniziato a parlami degli aiuti sociali. Lo Stato islamico applica forse sanzioni medievali contro i crimini morali, ma il suo programma di aiuti sociali è sufficientemente progressista per piacere ai sostenitori della sinistra. Le cure mediche, afferma, sono gratuite. Fornire aiuti sociali non era secondo lui una scelta politica, ma un obbligo verso Dio.
III. L’apocalisse
Tutti i musulmani riconoscono che Dio è l’unico a sapere di cosa è fatto il futuro. Sono d’accordo anche nel sostenere che ci ha offerto un’anteprima nel Corano e nelle parole del Profeta. L’IS, tuttavia, si allontana da quasi tutti gli altri movimenti jihadisti attuali poiché pensa di essere l’attore principale dei testi sacri.
Bin Laden menzionava raramente i testi dell’apocalisse, e quando l’ha fatto, sembrava partire dal principio che sarebbe morto da tempo quando la gloriosa punizione divina si sarebbe infine compiuta. “Bin Laden e Al Zawahiri sono cresciuti in famiglie sunnite appartenenti all’élite, che disprezzavano queste speculazioni che vedevano come preoccupazione di massa”, afferma Will Mc Cants, che lavora per la Brookings Institution e sta scrivendo un libro sul pensiero apocalittico dell’IS.
Negli ultimi anni dell’occupazione americana in Iraq, i fondatori dell’IS vedevano, al contrario, numerosi segni della fine dei tempi. Si attendevano entro un anno l’arrivo di Mhadi, la figura messianica destinata a condurre i musulmani verso la vittoria prima della fine del mondo.
Per alcuni credenti – coloro che sognano battaglie epiche contro il bene e il male – le visioni dei massacri apocalittici rispondono a un profondo bisogno psicologico. Tra i simpatizzanti dell’IS che ho incontrato, c’è Musa Cerantonio, l’Australiano, che ha espresso l’interesse più grande per l’apocalisse. Alcuni aspetti di questa previsione non hanno ancora lo status di dottrina. Altri elementi arrivano dalle fonti sunnite tradizionali e appaiono sempre nella propaganda dell’IS. Si tratta della credenza che si sono solo 12 califfi legittimi (Al Bagdhadi è l’ottavo), che le armate di Roma si rassemblano per affrontare l’islam nel nord della Siria e che la grande battaglia finale dell’islam contro un anti-messia, si svolgerà a Gerusalemme dopo l’ultimo periodo della conquista islamica.
La battaglia di Dabiq
L’IS accorda un’importanza cruciale alla città di Dabiq, nei pressi di Aleppo, e ha chiamato così il magazine della sua propaganda organizzando folli celebrazioni dopo aver conquistato (non senza difficoltà) le piane di Dabiq, che strategicamente sono inutili. È qui che gli eserciti dell’islam li affronteranno e Dabiq sarà per Roma l’equivalente di Waterloo.
I propagandisti dell’IS sono sicuri che questo evento accadrà a breve. La rivista dell’IS cita al Zarquawi che avrebbe dichiarato. “La scintilla è stata accesa, qui, in Iraq, e il suo calore continuerà ad intensificarsi fino a bruciare gli eserciti delle crociate a Dabiq”. Ora che si è impossessato di Dabiq, lo Stato islamico attende l’arrivo di un esercito nemico, la cui sconfitta scatenerà il conto alla rovescia per l’apocalisse.
“Sotterreremo il primo crociato americano a Dabiq, e attenderemo con impazienza l’arrivo del resto dei vostri eserciti”, ha proclamato un boia mascherato in un video di novembre 2014 mostrando la testa tagliata di Peter Kassig, lavoratore umanitario tenuto in ostaggio dal 2013.
Dopo la battaglia di Dabiq, spiega Musa Cerantonio, il califfato ingrandirà i suoi eserciti e le sue armate saccheggeranno Istanbul. Alcuni pensano che si lanceranno alla conquista della Terra, ma Musa Cerantonio, spiega che non oltrepasseranno il Bosforo. Dajjal, un anti messia della letteratura musulmana apocalittica, arriverà nella regione del Khorasan, nell’est dell’Iran, e ucciderà un gran numero di combattenti del califfato fino a farne rimanere 5000, intrappolati a Gerusalemme. Mentre Dajjal si prepara a eliminarli, Gesù –il secondo profeta più venerato nell’islam- tornerà sulla terra con le sembianze di Dajjal, e condurrà i musulmani alla vittoria. Dio ha praticamente ordinato la distruzione del suo popolo.
- IV. La lotta
A Londra, Anjem Choudary e i suoi studenti mi hanno descritto in dettaglio il modo in cui l’IS deve condurre la sua politica estera ora che ha fondato un califfato. Ha già intrapreso la Jihad offensiva conformemente alla sharia, ossia l’espansione attraverso la forza nei paesi che non sono governati da musulmani. “Fino ad oggi, non facciamo altro che difenderci”, dichiara Anjem Choudary. Senza il califfato, la jihad offensiva è un concetto inapplicabile. Al contrario, fare la guerra per ingrandire il califfato è un dovere cruciale del califfo.
Abu Baraa, confratello di Anjem Choudary, mi ha spiegato che la legge islamica autorizza trattati di pace temporanea solo per un decennio. Nella stessa maniera, accettare delle frontiere è peccato maledetto, già dichiarato il Profeta proprio come ripetuto nei video di propaganda dell’IS. Se il califfo consente una pace a lungo termine o a una frontiera permanente, sarà un errore. I trattati di pace temporanei sono rinnovabili, ma non possono applicarsi a tutti i nemici contemporaneamente: il califfo deve condurre la jihad almeno una volta all’anno.
Occorre insistere sul fatto che lo Stato islamico potrebbe essere paralizzato dal suo radicalismo. Il sistema internazionale moderno, nato dalla pace di Westfalia, nel 1648, stabilisce che ogni Stato deve riconoscere le sue frontiere. Altre organizzazioni islamiche, come i Fratelli musulmani e Hamas, hanno ceduto alle lusinghe della democrazia e alla prospettiva di un invito presso la comunità delle nazioni. Per l’Is, non è fattibile: sarebbe apostasia.
Gli Stati Uniti e i loro alleati hanno reagito conto l’IS tardivamente. Le ambizioni dell’organizzazione e le loro strategie erano già manifestate nelle dichiarazioni e sui social network dal 2011, quando l’IS era soltanto un movimento tra i numerosi gruppi terroristi presenti in Siria e in Iraq. Nel 2011, Abu Bakr al Baghdadi si era già qualificato come “comandante dei credenti”, un titolo abitualmente riservato ai califfi.
Se abbiamo identificato le intenzioni dell’IS e compreso che il vuoto politico in Sira e in Iraq gli concederà tutto lo spazio necessario per metterle in pratica, avremmo dovuto spingere l’Iraq a rinforzare la sua frontiera con la Siria e a negoziare degli accordi con la sua popolazione sunnita. All’inizio del 2014, Barack Obama ha dichiarato al New Yorker che vedeva l’IS più debole di Al Qaeda. “Se una squadra di cestisti junior, indossa le magliette della NBA, non diventano certo Kobe Bryant”, ha ironizzato.
I risvolti dell’esecuzione di Peter Kassig
La nostra incapacità di comprendere la rottura tra l’IS e Al Qaeda, così come le differenze cruciali che li separano, hanno comportato diverse decisioni pericolose. Nell’autunno del 2014, il governo americano ha accettato un piano disperato per salvare l’ostaggio Peter Kassig. Questo piano prevedeva l’interazione delle figure fondatrici dello Stato islamico e di Al Qaeda.
L’obiettivo era che Abu Muhammad Al-Maqdisi, mentore di Al Zarquawi e figura di spicco di Al Qaeda, contattasse Turki Al-Binali, principale ideologo dell’IS ed ex studente di Al-Maqdisi. I due uomini si erano scontrati poiché quest’ultimo aveva criticato lo Stato islamico. L’erudito giordano aveva già chiamato lo Stato islamico a mostrare clemenza verso il britannico Alan Henning. Nel dicembre del 2014, The Guardian ha rivelato che il governo americano, attraverso un intermediario, aveva già chiesto ad Al Maqdisi di intervenire con lo Stato islamico in favore della liberazione di Peter Kassig.
Al-Maqdisi viveva liberamente in Giordania, ma gli era vietato di comunicare con i terroristi all’estero ed era strettamente sorvegliato. Quando la Giordania ha autorizzato gli Stati Uniti a organizzare un incontro con Turki Al-Binali, il Giordano ha comprato un telefono con denaro americano e ha potuto conversare con il suo ex studente per qualche giorno prima che il governo giordano non ha posto un termine alla conversazione servendosi di questo pretesto per arrestarlo. Qualche giorno dopo, la testa tagliata di Peter Kassig è apparsa in un video filmato a Dabiq.
Intenzioni di genocidio
La morte di Kassig è stata una vera tragedia, ma il successo del piano degli Stati Uniti sarebbe stato una catastrofe. La riconciliazione di Al-Maqdisi con Turki Al-Binali avrebbe ridotto la distanza tra le due più grandi organizzazioni jihadiste del mondo. È possibile che la Casa Bianca abbia solamente voluto far dialogare Al-Binali per ottenere delle informazioni o per assassinarlo. Multipli tentativi mirano ad ottenere una risposta dall’FBI su questo soggetto.
Puniti per la nostra indifferenza iniziale, attacchiamo ora lo Stato islamico sul campo di battaglia sostenendo curdi e iracheni. Alcuni osservatori hanno evocato un’intensificazione della risposta, soprattutto diversi sostenitori della destra conservatrice e interventista in favore dell’impiego di decine di migliaia di soldati americani.
Questi appelli non devono essere frettolosamente respinti: un’organizzazione che non nasconde le sue intenzioni di genocidio si trova a due passi delle sue vittime e commette quotidianamente atrocità sul territorio già sotto il controllo. Inoltre, se il sedicente Stato islamico per la sua influenza sui territori siriani e curdi, cesserà di essere un califfato. Non potrà più essere nel cuore della sua propaganda, eppure i rischi di un’escalation di violenza sono considerevoli. Un’invasione rappresenterebbe una grande vittoria per la propaganda jihadista nel mondo intero. L’ascesa dell’IS, dopo tutto, è stata possibile solo attraverso la nostra occupazione in Iraq che ha aperto uno spazio per Zarquawi e i suoi successori.
Considerando tutto quello che sappiamo sull’IS, continuare a farlo sanguinare con raid aerei e battaglie via terra, sembra essere la più pessima delle soluzioni. Il costo umanitario che comporta l’IS è alto, ma la minaccia che rappresenta per gli Stati Uniti è limitata. Il nucleo di Al Qaeda è una figura di eccezione tra le organizzazioni jihadiste in ragione del suo interesse per il “nemico lontano” (l’Occidente). Le principali preoccupazioni della maggioranza delle organizzazioni jihadiste riguardano questioni più vicine. Al Baghdadi ha chiesto ai suoi agenti sauditi di “regolare prima la questione dei rafida [sciiti], poi quella dei Al- Sulul [simpatizzanti sunniti della monarchia saudita], prima di affrontare le loro basi”. I combattenti stranieri (così come le loro donne e i loro bambini) si recano nel califfato con uno scopo semplice: vogliono vivere secondo la vera sharia e molto di loro cercano di diventare martiri.
Il fascino del califfato
Alcuni lupi solitari sostenenti l’IS hanno attaccato obiettivi occidentali e altri attentati si verificheranno. Tuttavia, la maggior parte degli aggressori si sono dimostrati amatori frustati, incapaci di emigrare verso il califfato. Anche se l’IS gioisce per gli attentati, specialmente attraverso la propaganda, non ha pianificato né finanziato nessun colpo. (L’attacco contro Charlie Hebdo era essenzialmente un’operazione di Al Qaeda).
È probabile che l’IS stesso causi la propria caduta. Non è alleato con nessun paese e la sua ideologia garantisce che la situazione non cambierà. Le terre che controllano, alcune vaste, sono sostanzialmente aride e disabitate. Con il tempo, stagnerà e la sua pretesa di essere il motore della volontà di Dio perderà valore. Con l’aumento delle informazioni sulla miseria che vi regna, gli altri movimenti islamici radicali saranno screditati: nessuno ha mai cercato a questo punto di applicare strettamente la sharia ricorrendo alla violenza.
- Deterrenza
Sarebbe facile evocare in problema con l’IS evocando l’IS. La religione autorizza numerose interpretazioni e i simpatizzanti dell’IS sono moralmente responsabili di quello che hanno scelto. Tuttavia, creare un’istituzione contro l’islam può essere contro produttivo.
I musulmani possono affermare che la schiavitù non è più legittima oggi, e che la crocifissione è condannata a questo punto della storia. Numerosi islamisti affermano e tengono a precisare questo discorso. Al contrario, non possono condannare la schiavitù e la crocifissione in assoluto senza contraddire il Corano e l’esempio dato dal Profeta.
L’ideologia dello Stato islamico esercita un’attrazione potente su queste popolazioni. Le ipocrisie e le incoerenze della vita svaniscono di fronte ad essa. Musa Cerantonio e i salafisti che ho incontrato a Londra sono inamovibili: nessuna delle mie domande ha catturato la loro attenzione. Loquaci, mi hanno esposto le loro idee. Giudicarle contrarie all’islam equivale a invitarli in un dibattito che secondo me vincerebbero.
I non musulmani non possono dettare ai musulami il modo in cui praticare la loro religione. Ma i musulmani hanno lanciato questo dibattito da tempo. Esiste un’altra branca dell’islam che offre una soluzione radicale all’IS: ed è anch’essa intransigente, ma fornisce conclusioni opposte.
“Non è il mio califfato”
Al-Baghdadi è salafista. Il termine “salafista” ha acquisito un significato sempre più negativo, soprattutto perché molti criminali hanno lanciato battaglie in nome di questa scuola di pensiero. Ma la maggior parte dei suoi sostenitori non sono jihadisti e aderiscono generalmente a movimenti religiosi che rifiutano lo Stato islamico. Sono determinati come fa notare Bernard Haykel, ad accrescere il Dar dell’islam, la terra dell’islam, anche attraverso pratiche mostruose come la schiavitù e l’amputazione, ma non subito. La loro priorità è la purificazione personale e l’osservanza religiosa. Per loro, tutto ciò che minaccia i loro obiettivi è vietato, come provocare una guerra o problemi che rischiano di perturbare le loro vite, la preghiera o gli studi.
Nell’autunno del 2014, sono andato a Philadelphia nella moschea che ha come direttore Breton Pocius, 28 anni, un imam salafista che si fa chiamare Abdullah. Si è convertito all’inizio degli anni 2000 dopo essere cresciuto in una famiglia cattolica polacca a Chicago. Come Musa Cerantonio, parla come fosse un libro aperto e mostra grande famigliarità con i testi antichi.
Mentre al Baghdadi fece la sua scomparsa, Breton Pocius ha adottato lo slogan “non è il mio califfato”. “L’epoca del Profeta era bagnata dal sangue, mi ha spiegato e sapeva che le condizioni di vita peggiori per qualsiasi popolo sono quelle del caos soprattutto per l’umma [comunità musulmana]”. Per questa ragione, prosegue Breton Pocius, la scelta buona dei salafisti non è quella di seminare la discordia creando fazioni e riducendo gli altri musulmani come apostati.
Uccidere la coscienza tranquilla
Al contrario, Breton Pocius pensa – come la maggioranza dei salafisti – che i musulmani dovrebbero ritirarsi dalla politica. Questi salafisti sono d’accordo con l’IS nell’affermare che la legge di Dio è l’unica valevole. Rifiutano anche le pratiche come le elezioni e la creazione di partiti politici. Tuttavia, l’odio del Corano per la discordia e il caos significa per loro che devono sottomettersi a qualsiasi dirigente, anche se alcuni sono peccatori.
Tutti i testi classici mettono in guardia contro i problemi sociali. Vivere senza prestare giuramento, afferma Breton Pocius, rende effettivamente ignoranti o ignari. Ma la bay’a non implica di allearsi con il Califfo. Ciò significa, in una prospettiva più ampia, aderire a un contratto sociale religioso e impegnarsi per una società musulmana, che sia diretta o meno da un califfo.
Breton Pocius prova molta amarezza nei confronti degli Stati Uniti a causa del modo in cui è trattato – “meno di un cittadino”, secondo le sue parole (afferma che il governo ha pagato delle spie per infiltrarsi nella sua moschea). Pertanto, il suo salafismo è un antidoto islamico al jihadismo secondo il metodo di al Baghdadi.
I dirigenti occidentali dovrebbero senza dubbio astenersi di fornire il loro parere sui dibattiti teologici islamici. Barack Obama stesso ha affermato l’anno scorso che l’IS non è islamico. La maggior parte dei musulmani ha apprezzato l’intenzione del presidente americano: era al loro fianco contro al Baghdadi. La maggioranza dei musulmani, tuttavia, non è suscettibile nel raggiungere lo Stato islamico. Gli Stati Uniti mentono sulla religione per servire i propri interessi.
Non sottovalutare il carisma dell’organizzazione
Nell’ambito limitato della sua teologia, lo Stato islamico gode di energia e creatività. Al di fuori di questo contesto, difficilmente potrebbe essere più austero e misterioso: la sua visione della vita è fatta di obbedienza, ordine e sottomissione al destino. Musa Cerantonio e Anjem Choudary sono capaci di passare dalla questione dei massacri e delle torture a una discussione sul caffè vietnamita, dimostrando lo stesso interesse per entrambi le cose. Ho apprezzato la loro compagnia, in qualità di esercizio intellettuale ma solo fino a un certo punto.
Mentre criticava il Mein Kampf, nel marzo del 1940, George Orwell ha confessato “non sono stato capace di odiare Hitler”. Qualcosa in lui percepiva l’immagine di un outsider, anche se gli obiettivi erano destestabili.
Il fascismo, prosegue Orwell è “psicologicamente ben più solido di qualsiasi altra concezione edonista della vita. […] Il socialismo e anche il capitalismo hanno affermato al popolo: “Posso offrirvi dei tempi buoni”. Da parte sua Hitler ha dichiarato: “Vi propongo la lotta, il pericolo e la morte”, in seguito una nazione intera si è gettata ai suoi piedi […] Non dobbiamo sottostimare la sua attrazione emozionale”.
Nel caso dell’IS, non bisogna sottostimare la sua attrazione religiosa o intellettuale. Il fatto che l’IS si schiera per un dogma della realizzazione imminente di una profezia ci indica almeno il temperamento del nostro nemico. Gli utensili ideologici possono limitare gli orrori che l’IS commette. Ma su un’organizzazione impermeabile alla persuasione, non ci sono altre misure suscettibili di avere un impatto. Anche se non durerà fino alla fine dei tempi, la guerra rischia di essere lunga.
Graem Wood, ha iniziato a lavorare al suo articolo pubblicato da “The Atlantic” nell’agosto del 2014. Intervistato sulle numerose critiche che l’articolo ha suscitato, Graemme Wood ha dichiarato che “si aspettava delle critiche” ma non si aspettava che fossero così distaccate dallo Stato islamico. Piuttosto vertono sul fatto che lo Stato islamico sia o meno la migliore rappresentazione dell’islam. Una domanda che lo stesso Wood ha liquidato rispondendo: “Una questione che davvero non mi interessa”.
(Twitter@ManuManuelg85)