Non solo Giulio, in Egitto sono 533 le sparizioni forzate

Dal 25 gennaio scorso, data della sparizione di Giulio Regeni al Cairo, è passato già molto tempo, ma le motivazioni che hanno portato al decesso del giovane ricercatore non sono ancora del tutto chiare. Ciò che è assodato invece è che in Egitto esista un fenomeno ancora poco attenzionato, quello delle sparizioni forzate.
Oggi il Corriere.it “ha deciso di pubblicare online i nomi degli egiziani vittime di sparizioni forzate dall’agosto 2015 ad oggi, in base ai dati finora diffusi da due Ong”, la “Commissione Egiziana per i diritti e le libertà”, e il “Centro El Nadim per la riabilitazione delle vittime di violenza”.
“Nel diritto internazionale riguardano persone arrestate da agenti dello Stato o in borghese e portate in centri di detenzione ufficiali e non, tenute incommunicado e senza comparire di fronte a un giudice”, spiega Riccardo Noury di Amnesty.

In totale si sono registrate 533 sparizioni. Tra queste sono presenti “non solo islamisti, ma un gruppo più ampio di persone, inclusi studenti e attivisti politici laici, ma anche persone politicamente non affiliate”. “C’è un 20% di arresti che avvengono praticamente a caso – spiega l’avvocato Hisham Halim, che lavora con Lotfy. Una volta, per esempio, le forze di sicurezza cercavano una determinata persona e, trovandola a casa con gli amici, hanno fermati tutti e 17 i presenti, incluso un cieco”.
Il modus operandi è il seguente, spiega la ricercatrice Riham Wahba:
1) le forze di sicurezza prelevano le persone a casa, nel luogo di lavoro o in strada «indipendentemente da età, sesso, professione»;
2) le perquisiscono, minacciano di fronte ai familiari e colleghi;
3) bendano la vittima e l’arrestano;
4) negano che l’arrestato si trovi in alcun commissariato o prigione.
Una violazione contro la Costituzione stessa. La Carta egiziana infatti all’articolo 54 prevede che vengano notificate per iscritto le ragioni dell’arresto e che queste informazioni siano accessibili l’accesso ai familiari e avvocati entro 24 ore (periodo esteso dalla legge anti-terrorismo a 8 giorni).
Il dossier del Corriere sottolinea che “entrambe le organizzazioni notano comunque che i nomi e le storie che sono riuscite a documentare costituiscono una stima conservatrice rispetto alla reale portata fenomeno: molte famiglie hanno paura di denunciare le sparizioni, per timore di ritorsioni o nella convinzione che gli attivisti possano fare poco”.
La famiglia di Giulio invece non si rassegna e chiede a gran voce che sia fatta luce sul caso. In settimana le forze di intelligence egiziane dovrebbero incontrare quelle italiane in una riunione in cui si attendono maggiori chiarimenti e verità da mesi ancora non arrivano.