Crolla la frontiera macedone, passano i migranti
GEVEGELIJA (MACEDONIA)- La polizia, dopo aver tentato per giorni a bloccare i profughi che dalla Grecia stanno provando ad entrare in Macedonia, si è adesso arresa alla forza dei migranti. La frontiera macedone è praticamente aperta e le autorità fanno passare i profughi in in 200 – 300 dando la priorità è data a donne con bambini e agli anziani.
La maggior parte dei migranti patiscono la carenza di forze, sono affamati e in condizioni igieniche pessime. Provengono dalla Siria, ma molti anche da Iraq, Pakistan e Bangladesh.
Da quanto si apprende, i migranti sono trasportati con autobus e minibus verso la Serbia, ma più di 3000 rifugiati sono ancora in attesa alla stazione ferroviaria di Gevgelija. Pochi gli aiuti che arrivano, per lo più da organizzazioni non governative.
Il portavoce della polizia macedone, Ivo Kotevscki, ha dichiarato che “nelle ultime 24 ore in Macedonia sono entrati “826 profughi, di cui 163 minori, tra questi figurano 25 ragazzi senza genitori”. “Com’è possibile – dice – che questi ragazzi siano arrivati da soli fino a qui, perché le autorità greche non li hanno fermati?”.
Per il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni, intervistato dal Messaggero, “i migranti non arrivano in Grecia, Italia o Ungheria, ma in Europa”, e per questo “anche le regole dell’accoglienza devono essere europeizzate”. “Sull’immigrazione l’Europa rischia di dare il peggio di sé tra egoismi, decisioni in ordine sparso e polemiche fra Stati membri”, afferma Gentiloni.
Sulla Libia il ministro dichiara che “pace e stabilità non si possono imporre con le armi di un esercito occupante straniero. Questo scenario non esiste”, sottolinea Gentiloni. “Noi lavoriamo per l’accordo tra i libici. Il semplice contenimento anti-Daesh sarebbe un rimedio all’insuccesso del negoziato. Quella che si avvia questa settimana deve essere la fase conclusiva”. “Quando ci sarà l’accordo tra le forze libiche – aggiunge – questo avrà bisogno di essere accompagnato, monitorato e protetto da una coalizione in cui l’Italia può avere un ruolo fondamentale di riferimento”. Sulla possibilità di inviare i caschi blu per difendere luoghi come Palmira, “è ovvio che non si può andare a Palmira oggi, ma la comunità internazionale – osserva il ministro – può provare forme di protezione in aree non di guerra ma a rischio, e promuovere interventi di ripristino nelle aree che via via vengono liberate”.
Luigi Carnevale
23 agosto 2015