Nuovi assetti USA nel Sol Levante

L’amicizia che lega Stati Uniti e Giappone è una certezza che dura da parecchi decenni, ormai. Nello stesso modo sono espliciti e ben radicati anche i legami tra i due paesi in tema di sicurezza e Difesa. Un fatto altamente significativo, se si pensa che nel corso dell’ultimo conflitto mondiale l’intero Oceano Pacifico ha fatto da campo di battaglia per le rispettive forze aeree e navali, che si sono sfidate in una sanguinosa e devastante guerra combattuta atollo per atollo. Nel corso dei giorni scorsi, poi, è giunta notizia di un ulteriore incremento della collaborazione militare tra Washington e Tokyo.
A seguito di un incontro tra i Ministri degli Esteri e Difesa dei due paesi – tenutosi proprio nella capitale giapponese –entrambe le parti hanno optato per rendere ancora più solide e dinamiche le disponibilità belliche presenti in loco. Uno dei primi risultati – e forse il maggiore in assoluto – è la creazione di un futuro centro di coordinamento e comando di una forza militare congiunta composta da più di 50.000 uomini che avrà sede proprio all’interno dei confini giapponesi. Tale forza militare, che va ad aggiungersi alle già numerosissime e ben armate truppe presenti all’interno dello scacchiere Pacifico, è stata concepita fin da subito per un concreto e specifico compito: l’intervento diretto in scenari di crisi esteri. A preoccupare i vertici delle due nazioni alleate, in particolare, vi sono le vicende riguardanti la penisola coreana, divisa e caratterizzata dal silenzioso conflitto che divide le due Coree, e l’isola di Taiwan, ormai sempre più soggetta alle mire espansionistiche di Pechino.
Nel corso degli ultimi anni, infatti, la situazione politica e strategica dell’Estremo oriente ha subito un continuo e rapido processo di deterioramento, che ha fatto emergere definitivamente la possibilità che, in un tempo non così lontano, le discussioni diplomatiche e le parole possano lasciare il posto alla guerra e all’impiego di ogni possibile strumento bellico. In particolare, a preoccupare Tokyo e Washington sono soprattutto le dichiarazioni da parte dei vertici della Repubblica Popolare Cinese, che non perdono occasione per ricordare alla propria popolazione e al resto del mondo che Taiwan sia ancora parte del proprio territorio, nonostante l’autonomia politica, territoriale e militare che contraddistingue Taipei dal 1949. Va ricordato sempre, infatti, che da qualche anno Pechino spinge ripetutamente i propri asset aerei e navali intorno all’isola, così da testarne le reazioni e studiare possibili vie di intervento in caso di necessità.
Solamente nel corso dell’ultimo anno, sono centinaia i velivoli e le navi militari della Repubblica Popolare che, in un modo o nell’altro, hanno partecipato alle esercitazioni militari che, ripetutamente, vengono lanciate nei dintorni della vecchia Formosa e all’interno dello stretto marittimo che divide i territori dei due paesi. Il tono sempre più aggressivo e il concreto dispiegamento di forze non solo ha messo in allarme i vertici dell’isola, ma ha anche spinto i numerosi alleati asiatici e occidentali a prendere una netta posizione sul tema, tanto da dare il via ad una vera e propria coalizione intenzionata – almeno in base a quanto dichiarato in via ufficiale ediplomatica – a difendere l’indipendenza e l’autonomia di Taipei.
Ben meno preoccupante, invece, è lo scenario coreano che, sebbene si registrino numerose tensioni da sempre esistenti, viene considerato meno grave e preoccupante rispetto a quanto avviene mensilmente nelle acque che collegano il mar Cinese orientale a quello meridionale. In ogni caso, nel corso degli ultimi mesi la tensione tra Seul e Pyongyang è comunque aumentata, con un generale rafforzamento dei controlli lungo la zona demilitarizzata di confine e nelle acque territoriali dei due paesi. Una delle cause dell’innalzamento della tensione proviene dall’adozione da parte della Corea del Nord di una nuova tecnica di guerra irregolare, basata sul lancio di palloni volanti al cui terminale sono attaccati grandi sacchi di immondizia ed escrementi. Per quanto particolare, si tratta comunque di un tentativo di colpire il vicino dal punto di vista psicologico ed ecologico, visto che la spazzatura è destinata poi a sparpagliarsi all’interno delle città e delle campagne. Ovviamente, non è mancata la reazione di Seul, che ha risposto trasmettendo numerosi spettacoli e canzoni di K-pop – uno dei più grandi successi musicali del paese asiatico –all’interno della Corea del Nord, dove tale musica è di fatto stata vietata dalle autorità.
Questa ultima mossa, dunque, va a consolidare ancora di più l’intero sistema difensivo che gli Stati Uniti e i principali alleati stanno, da tempo, allestendo in vista di possibili, future, tensioni. Non è un caso, che recentemente anche l’Italia abbia inviato una propria squadra navale nel Pacifico, un ulteriore elemento che testimonia il ruolo centrale ricoperto da questo particolare contesto all’interno delle presenti e future dinamiche mondiali. E con l’avvicinarsi delle elezioni statunitensi, vale la pena porre ulteriore attenzione all’area, visto che le vicende del Pacifico sono destinate a segnare fortemente i risultati finali del voto.