La guerra continua: accerchiata Gaza City
Alla fine, la tanto annunciata operazione militare israeliana all’interno della Striscia di Gaza, è iniziata. Non è stata nemmeno sufficiente la minaccia iraniana e di altre realtà del mondo arabo e islamico a trattenere la leadership dello Stato Ebraico dal dare la luce verde all’esercito, che in pochi giorni è riuscito ad ottenere obiettivi tattici piuttosto rilevanti. A partire dalla giornata del 28 ottobre, i carri armati e le fanterie hanno iniziato la propria avanzata all’interno del territorio nemico in tre differenti punti.
Le prime azioni offensive – così come i primi successi tattici operativi – sono stati registrati nel settore nord, in particolare lungo la costa e nei dintorni di Beit Hanoun, centro abitato posto solamente a qualche chilometro di distanza dal villaggio israeliano di Sderot. Una volta stabilita una prima testa di ponte sicura all’interno del territorio palestinese, le forze israeliane si sono mosse verso sud, cercando sempre di mantenersi a debita distanza dai principali centri abitati, così da evitare di ingaggiare fin dal principio i miliziani di Hamas e alleati in violenti scontri casa per casa. A partire dal 30 ottobre, invece, è stato aperto un secondo fronte, questa volta posizionato all’incirca a metà tra gli abitati di al-Mughraqa e Wahsh, dove il terreno presenta innumerevoli campi agricoli, frutteti, strade di campagna e un numero ridotto di edifici. In tal modo, i comandi dell’IDF speravano di riuscire a spezzare la resistenza armata nell’area, fino a raggiungere le coste del Mediterraneo, e dividere la Striscia in due aree completamente separate, almeno a livello del suolo.
A tale scopo, l’IDF – acronimo che indica l’esercito israeliano – ha impiegato numerosi mezzi corazzati e blindati per aprirsi la strada, sempre supportati dall’aviazione e dall’azione delle fanterie a distanza ravvicinata. Di grandissima importanza si sono dimostrati i numerosi bulldozer e tutti i mezzi speciali che hanno permesso di ripulire il terreno dalle mine e di sgomberare gli edifici da qualsiasi possibile resistenza armata o pericolo. Per quanto possa sembrare un sistema rudimentale, soprattutto di fronte alle enormi meraviglie tecnologiche del mondo moderno, tale tattica si è dimostrata di successo, tanto che ora Gaza City risulta completamente isolata dal tutto il resto del territorio della Striscia
Le numerose realtà armate palestinesi locali, però, non si sono fatte cogliere impreparate. Nonostante non abbiano ancora utilizzato a pieno volume le proprie disponibilità di uomini, armamenti e munizioni, l’azione difensiva si è dimostrata comunque difficile da spezzare per gli israeliani, che giorno e notte si trovano esposti al fuoco delle armi automatiche e anticarro di Hamas e alleati. Di grandissima rilevanza, in questo caso, è stata la chilometrica rete di cunicoli e tunnel sotterranei scavati nel corso degli anni, che ora permette ai miliziani di muoversi in sicurezza e di sfruttare le numerose uscite nascoste e mimetizzate al fine di eseguire imboscate nei confronti delle fanterie e dei numerosi mezzi pesanti impiegati nel corso dell’operazione.
In particolare, l’impiego di razzi controcarro individuali – in genere sistemi RPG con testate di diversa tipologia – si è dimostrato estremamente letale nei confronti di vari carri armati Merkava e di numerosi blindati impiegati per il trasporto delle fanterie, con conseguenti perdite umane e materiali. Di grande utilità, inoltre, sono stati i droni commerciali riadattati come strumento d’osservazione o di attacco al suolo, sul modello già ampiamente visto nel contesto ucraino. Di fronte a questi mezzi, per quanto rudimentali siano rispetto alle tecnologie militari dell’IDF, poco è stato possibile, soprattutto nei contesti a maggiore presenza urbana, dove i miliziani si muovono agevolmente tra gli edifici senza correre eccessivi rischi.
Ora, ottenuto il completo accerchiamento in superficie, è altamente plausibile che l’IDF punti ad avviare a breve la seconda fase dell’operazione, focalizzata alla pulizia di Gaza City casa per casa, così da arrivare ad eliminare la gran parte delle disponibilità belliche e umane di Hamas, così come annunciato in precedenza. Si tratta di un obiettivo assai insidioso, visto il terreno di battaglia, questa volta completamente a favore dei difensori. Tuttavia, un elevato numero di perdite è già stato messo in conto fin dal principio, ben prima dell’inizio delle effettive operazioni di terra.
Ma nonostante i combattimenti si limitino ad una piccola striscia di terra, le loro conseguenze si ripercuotono, giornalmente, sull’intero mondo. All’interno di numerosi paesi occidentali, infatti, le manifestazioni di entrambe le fazioni si sono fatte sempre più intense e l’astio personale sta crescendo sempre di più, con possibili rischi di scontri, violenze e possibili azioni di “lupi solitari”, soggetti appartenenti all’area dell’estremismo religioso e politico che decidono autonomamente di impiegare la violenza e le armi come strumento di protesta e lotta. Si tratta, perciò, di un conflitto combattuto su più livelli, da diversi attori, che non risparmia niente e nessuno, con rischi incalcolabili per la sicurezza e la stabilità della stessa Europa, ormai.