Afghanistan, la voce dell’etnia dimenticata

Le vicende storiche dell’Afghanistan rimangono ancora in gran parte poco conosciute dal grande pubblico italiano. “La tomba degli imperi”, come è stato denominato il Paese per via delle sue travagliate vicende storiche, ha rappresentato in realtà un tassello fondamentale nelle strategie geopolitiche del Secolo Breve. Di etnia Hazara e nato in Afghanistan, Nadir Nazari è membro dell’Associazione culturale degli afghani in Italia e ha vissuto nel suo paese fino al 2008. La tua testimonianza è un prezioso documento per comprendere le recenti e complesse vicende del suo Paese.
Grazie Nadir per averci concesso di poter vedere l’Afghanistan da un osservatorio privilegiato: la tua testimonianza diretta. Gli Hazara rappresentano una importante minoranza etnica in Afghanistan. Puoi descriverci un breve ritratto delle comunità dell’Hazarajat e del ricco mosaico etnico del Paese?
Innanzitutto, grazie per questa opportunità. Vorrei però sottolineare che quando parliamo della percentuale di una minoranza o della maggioranza etnica bisogna contestualizzare a cosa ci stiamo riferendo. Non è mai stato fatto un censimento per individuare la percentuale delle etnie presenti in Afghanistan. Ma siccome al potere c’è sempre stata una sola etnia, ha fatto credere una falsa composizione etnica. Ci sono due esempi significativi: nella provincia di Ghazni da dove provengo io, nelle ultime elezioni parlamentari tenutesi, nonostante dal punto di vista della divisione amministrativa la maggioranza sia Pashtun con solo 5 distretti su 19 abitati in maggioranza da Hazara, i parlamentari eletti erano tutti Hazara. L’altro esempio è che nelle elezioni Presidenziali, tutti i candidati avevano un vice di etnia Hazara.
La caduta di Abdul Rahim Hatif nel 1992, ultimo presidente dello Stato socialista della Repubblica democratica Afghana, ha rappresentato una cesura fondamentale per lo sviluppo della storia afghana. Cosa ha rappresentato quel momento drammatico nelle vicende dell’Afghanistan?
Se la Storia la analizziamo ora e per tutto ciò che è successo dopo, per molti si è trattato di un dramma, ma se la cosa la vediamo tornando in quegli anni, è stata una vittoria per il popolo afghano perché finalmente dopo più di 14 anni di invasione e spargimento di sangue, con una guerra che ha provocato più di un milione di morti e 5 milioni di profughi, quella fase del conflitto si è conclusa. Certamente il popolo afghano non si meritava tutto ciò che è avvenuto dopo. Gli afghani si meritavano pace e stabilità, giustizia e democrazia, ma i nostri vicini, soprattutto il Pakistan con l’aiuto della CIA, non volevano come tutt’ora non vogliono che l’Afghanistan sia un paese in grado di poter gestire tutti i suoi affari indipendentemente. Ma va ovviamente ricordato anche il ruolo decisivo degli USA dopo il ritiro sovietico. Gli USA per cacciare i Sovietici dall’Afghanistan avevano riempiti di dollari e rame le migliaia di combattenti nel Paese, dopo il ritiro dei sovietici li ha invece abbandonati a se stessi così provocando la guerra civile.
L’ascesa dei talebani e la presa di Kabul nel 1996 rappresenta un ulteriore passaggio fondamentale. Nelle ricostruzioni giornalistiche viene spesso evidenziato il ruolo di molteplici interferenze esterne, in particolare del Pakistan e dell’Arabia Saudita. Qual è stato il reale coinvolgimento di queste potenze nella crescita del potere talebano?
Come ho accennato in alto, le interferenze esterne soprattutto Pakistane sono state decisive sia nel portare i Talebani al potere ma anche dopo. La fragilità etniche, tribali e religiose, considerato il vasto territorio che collega i due Paesi, dà la possibilità al Pakistan di controllare la situazione in area, visto la sua dimensione e forze militari. Il Pakistan (ISI) si immagina un governo debole, bisognoso che per ogni cosa si rivolga al “Fratello Maggiore” e soprattutto che sia anti-indiano. Infatti, la vera ragione per cui la guerra non finisce mai in Afghanistan è questa. Il Pakistan continua ad ingerire incessantemente in Afghanistan. I paesi arabi, non avendo a logistica del Pakistan, non potrebbero infatti avere la possibilità di intervenire in Afghanistan. Infatti, grazie all’invasione sovietica, il Pakistan si è trattenuto quasi il 70% degli aiuti diretti per gli Afghani.
Arriviamo al 2021, con la decisione degli Stati Uniti di portare via le proprie truppe dal suolo afghano. Gli Usa hanno giocato un ruolo chiave nella recente storia del tuo Paese. Washington ha effettivamente lasciato l’Afghanistan o è una semplificazione giornalistica?
No. Non è una semplificazione giornalistica. E’ una realtà sotto gli occhi di tutti. Non solo che ha lasciato l’Afghanistan, ma che ha tradito i propri valori per cui era intervenuto in Afghanistan. Questa è una macchia vergognosa che rimarrà sulla faccia degli USA per sempre. Tutti quei giovani, donne e uomini che avevano creduto ai valoro Occidentali e si consideravano partner dell’Occidente, sono stati traditi.
Quale futuro possibile ti auguri per il tuo Paese e tutti gli afghani?
E’ difficile immaginare un futuro per un paese che continua ad essere violentato e tradito. Ormai non ci fidiamo di nessuno. Bisogna trovare un nuovo alleato, magari i russi, chissà? Ma la cosa più importante è che gli afgani trovino pace e armonia tra loro stessi. Bisogna prima fare dell’Afghanistan un popolo e una nazione, cosa che non è ancora stato fatto a mio avviso. Da noi c’è un detto: se una mucca entra in un castello, la mucca non diventa re ma è il castello che diventa la stalla della mucca.