Al-Assad vince le elezioni in Siria per il quarto mandato. Undici anni di conflitti e la diaspora del popolo siriano
Ancora una volta – e per la quarta volta in 20 anni – il governo di Assad è stato riconfermato con il 95% di preferenze, alla stregua dello scorso turno elettorale, con un’affluenza alle urne pari al 78% degli aventi diritto.
Il risultato è stato fortemente criticato dai paesi occidentali come Usa, Uk e Unione Europea che hanno definito il turno elettorale “una farsa”. Poco dopo aver assolto al suo voto, Bashar ha risposto alle critiche esclamando: “l’opinione dell’occidente vale zero”. Il regime della famiglia Assad regna da più di 50 anni. Il padre, Afez Al-Assad, ha passato lo scettro di governo al figlio nel 2000. In mezzo, 11 anni di conflitti che hanno portato centinaia di migliaia di morti e la diaspora siriana, dove un siriano su quattro è fuggito dal paese.
Dal 2016 ad oggi sono cambiati solo i territori conquistati.
La situazione, pressoché identica, veniva descritta così nel 2016 da Elias Khoury, giornalista per Al-Quds Al-Arabiyy: ” Sei milioni di siriani (su un totale di 22) sono all’estero. Un cittadino su due rimasto in Siria non vive più dove viveva prima del conflitto. La cartina sociale del paese è completamente cambiata. Le zone “miste”, da secoli orgogliose testimonianze di quella Siria multietnica e multi confessionale non esistono quasi più. Sunniti da una parte, alawiti e gran parte dei cristiani dall’altra, drusi e altre minoranze asserragliati nelle loro valli. Soprattutto le zone a maggioranza sunnita sono state rase al suolo da cinque anni di bombardamenti dell’aviazione del regime e, ultimamente, da quella russa. Case, scuole, ospedali e infrastrutture sono scomparsi o gravemente danneggiati. Dei sei milioni di siriani fuggiti all’estero molti sono coloro che probabilmente in una Siria governata da Assad non torneranno”.
I fronti opposti, nati nel 2011 con lo scoppio delle Primavere Arabe, vedono in Siria diversi blocchi contrapposti. Le forze lealiste, oggi presenti nel 70% della regione (in rosso nella cartina), comprendono forze governative, milizie siriane filogovernative, milizie sciite libanesi, militari e contractor russi. Ad est del paese le forze democratiche siriane (in giallo), che comprendono tutta la fascia ribelle ed ormai in netta minoranze, inglobate nei due macro territori, ma da guardare con particolare attenzione, la presenza dello Stato Islamico.
L’attacco chimico del 2013 – crimini di regime
Il complesso conflitto che perdura da 11 lunghi anni ha lasciato una siria spaccata e ridotta ad uno scheletro con un tasso di povertà nella regione che sfiora il 90%.
La mattina del 21 agosto 2013, con una Siria profondamente divisa tra territori ribelli ad est e territori controllati dal governo di Al Assad ad ovest, viene sferrato un attacco nei sobborghi orientali di Damasco con missili di superficie. E’ ricordata come una tra le escalation di violenza più dure impieganti missili armati di agente chimico denominato “sarin”, un gas nervino della famiglia degli organofosfati classificato come arma chimica di distruzione di massa. L’asse occidentale riconobbe il governo di Assad responsabile di crimini umanitari contro la popolazione e i ribelli siriani.
Estremamente dimostrativa, in questa chiave, la scelta di Al-Assad di votare in un ex-territorio ribelle che nel 2018 fu al centro di un attacco filo-governativo con armi chimiche.
Nonostante – ad oggi – il governo accusi i ribelli dell’attacco del 2013, la cartina in illustrazione evidenzia in giallo i territori colpiti, inscritti totalmente in territori appartenenti ai ribelli del regime. Il numero complessivo dei morti non è mai stato definito e le stime oscillano dai 280 fino a 1729 morti. A far luce definitivamente – ma non riconosciute come verità ufficiale, 10 giorni dopo, sono arrivate le perizie delle Nazioni Unite che hanno trovato una netta corrispondenza tra le tracce di gas rilevato sui cadaveri e le tracce della sostanza contenuta in depositi del regime siriano.
Il 16 settembre 2013, un team indipendente delle Nazioni Unite incaricato di verificare l’eventuale uso di armi chimiche in Siria, ha confermato che le «armi chimiche sono state usate relativamente su larga scala nel conflitto tra le due parti in Siria, anche contro i civili, inclusi i bambini». L’allenza con la Russia, dall’ottobre 2015 ha permesso al regime di Assad di fortificare la campagna aerea contro i gruppi ribelli, perpetrando una serie di bombardamenti su obiettivi civili.
Alleanze internazionali
Il governo di Damasco riceve sostegno finanziario, politico e militare principalmente da parte di Russia e Iran, mentre forniscono un sostegno minore anche Corea del Nord, Venezuela, e il vicino Iraq. Il 4 aprile 2017, settanta persone hanno perso la vita, intossicate da gas Sarin, dopo un raid aereo governativo a Khan Shaykhun. Stati Uniti, Unione Europea, Turchia e paesi del Golfo hanno accusato Damasco di aver usato il gas mortale. Oggi sei milioni di Siriani, pari al 45% della popolazione totale, e per lo più residenti nelle zone controllate dal regime di Assad, sono scappati dal paese rifugiandosi in Turchia, Bosnia e chiedendo asilo in diversi paesei europei.
Oggi più del 70% della Siria è controllata dal regime di Assad. I seggi elettorali scrutinati, secondo fonti ufficiali come il Middle Eyes, sono stati esclusivamente quelli presenti nei territori controllati da forze governative e filo-governative. Nonostante questo pare che Assad ha vinto e il 76% dei siriani lo abbia scelto – stando ai numeri diffusi dalle agenzie di governo.