ONU: fallisce l’accordo per regolamentare la vendita delle armi
I paesi membri dell’ONU hanno fallito l’accordo di consenso sul progetto di un trattato che regolamenta il commercio internazionale delle armi, in ragione dell’opposizione, dell’Iran, della Corea del Nord e della Siria, come costatato dal Presidente della conferenza Peter Woolcott.
Il Messico sostenuto da diversi paesi africani e dell’America latina (Nigeria, Costa Rica, Cile e Colombia), ha proposto che il testo sia adottato anche senza votazioni ma il rappresentante russo si è vivamente opposto dichiarando: “Questa manipolazione del consenso è inaccettabile”.
Il Kenya, seguito da diversi paesi come il Regno Unito, ha suggerito che il testo del progetto sia inviato all’assemblea generale dell’ONU per l’adozione. “Un trattato solido è stato bloccato dalla Corea del Nord, l’Iran e la Siria ma la maggior parte vuole una regolamentazione”, ha affermato il rappresentante britannico Jo Adamson. “Invieremo questo testo all’assemblea generale appena possibile, non è un fallimento ma un successo ritardato”, ha rivelato Adamson.
Per l‘ambasciatore iraniano all’ONU Mohammed Khazaee, il testo di Peter Woolcott sottomette i paesi compratori di armi a un diktat degli esportatori e che ignora: “i diritti dei popoli senza occupazione coloniale” così come “il diritto naturale degli Stati di difendersi contro un’aggressione”. Il rappresentante nord-coreano aveva giudicato che la proposta “non era equilibrata e che poteva essere manipolata politicamente dai principali esportatori”.
L’ambasciatore siriano all’ONU Bachar Jaafari deplorò che non copre “il commercio illegale di armi che sostiene il terrorismo”, in referenza all’opposizione siriana che, secondo Damasco è armato dai paesi del Golfo della Turchia.
In discussione da circa sette anni il trattato fu già centro di forti contestazioni e negoziazioni nel mese di luglio. Il suo obiettivo è quello di moralizzare le vendite delle armi convenzionali, un mercato da 80 miliardi di dollari all’anno. Il principio vuole che ogni paese valuti qualsiasi transazione, se le armi vendute rischiano di essere utilizzate per contornare un embargo internazionale, commettere un genocidio o altre “grave violazioni” dei diritti dell’uomo, o se possono cadere nelle mani di terroristi o di criminali.
Manuel Giannantonio
31 marzo 2013