Venezuela: teoria del complotto dietro la morte di Chavez
Hugo Chavez è morto. Era un dittatore per alcuni, un eroe della resistenza contro l’America capitalista per altri. Il capo della rivoluzione boliviana non lascia certamente indifferenti. E come sempre le zone d’ombra serviranno ai suoi detrattori per qualificarne il bilancio.
Il vice-presidente Nicolas Maduro, che assume ad interim la guida dello Stato, ha dichiarato martedì che il tumore che affliggeva Chavez era “frutto di una cospirazione condotta dai nemici del Venezuela”. Un giorno ha aggiunto “potremmo creare una commissione scientifica che rivelerà effettivamente che il comandante è stato attaccato. I nemici storici di questa patria hanno cercato un punto debole per attaccare la salute del nostro comandante”.
Gli Stati Uniti dunque sarebbero all’origine delle metastasi del Presidente del Venezuela ? Una dichiarazione assurda ma non per tutti. Certo l’esempio del Presidente ucraino Victor Iouchtchenko può accreditare questa ipotesi. Rimane tuttavia molto dubbiosa quanto improbabile come possibilità.
Appare chiaro a questo punto il primo obiettivo del popolo del regime di Chavez: vittimizzare il proprio eroe. Si è di fronte a una drammaturgia secondo la quale la morte di Chavez appare sostanzialmente disumana e per certi versi dunque inaccettabile. Si passa dalla teatralità del potere con il buono che lotta contro le potenze cattive a una mistificazione della sua vita per i futuri documentari prodotti dal regime.
Il paese rimane comunque in clima di Guerra sopratutto per la mancanza di interessi. Si sono già verificati tentativi di colpi di Stato contro Chavez nel corso dei suoi mandati ma grazie alla sua abilità e al suo indiscusso carisma, “El comandante”, ha saputo mantenere il regime fondato sulla sua personalizzazione del potere. Ora con la sua scomparsa occorre trovare una ragione per impiegare l’esercito in un paese che sta ancora piangendo la perdita del Presidente. Una perdita difficile in un momento delicato come quello venezuelano in rivoluzione da una decina di anni.
L’annuncio folle è soprattutto una spiegazione ideologica alla sfortuna del paese. L’azione di Chavez non è bastata a cancellare la criminalità e le disuguaglianze sociali. Sfruttare l’idea del complotto americano permette di inquadrare ideologicamente tutti i mali del paese. L’embargo economico imposto dagli Stati Uniti “nemico storico della patria” e altre situazioni di contrasto lasciano credere che la morte del numero uno venezuelano sia stata decisa direttamene dagli uffici di Washington, dove ha sede il governo americano.
Il Venezuela come paese contrariamente ad alcune voci della sinistra locale non è una vera democrazia. Le elezioni sono appena contestabili nei loro risultati ma lo svolgimento della campagna elettorale non lo è. L’impiego permanente della televisione, di Internet o dei giornali non permette l’esistenza di un dibattito elettorale. A confermare la non democraticità del paese infatti abbiamo la mistificazione della morte dell’eroe della patria, l’impiego dell’esercito e l’utilizzo di nemici dall’estero per impedire contestazioni al regime. La concentrazione del potere nelle mani di pochi è già stata denunciata martedì dall’ONG (Organizzazione Non Governativa) Human Rights Watch. La situazione ora resta molto delicata e fragile dal punto di vista politico e per ora il paese si sta ancora leccando le ferite prima di affrontare il periodo post-Chavez.
Manuel Giannantonio
6 marzo 2013