Emergenza migranti, Danimarca riapre i collegamenti ferroviari. Per Juncker è «una questione di umanità»

La Danimarca riapre i collegamenti ferroviari con la Germania, dopo il blocco di ieri a causa delle «centinaia di migranti» in transito sul suo territorio.
Le ferrovie danesi, Dsb, hanno annunciato che da oggi saranno nuovamente attivi i collegamenti con Flensburg, in Germania, con Padborg, nella parte meridionale della Danimarca e i convogli lungo la linea Flensburg-Copenaghen.
In seguito all’afflusso di profughi dalla Germania, un migliaio circa, diretti a piedi principalmente a Stoccolma e Oslo dopo essere fuggiti da una scuola adibita ad ostello a Padborg, era stata chiusa dalla polizia danese anche una superstrada nel nord del Paese.
La decisione della Danimarca aveva suscitato polemiche. Dall’Italia il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni era intervenuto dichiarandosi sorpreso, e augurandosi «che sia stata una decisione improvvisa e assolutamente effimera che non si ripeta». Parlando della situazione migranti in Italia aveva sottolineato che «l’ondata migratoria ha rischiato di travolgerci non per le sue dimensioni, ma per la reazione a catena che ha provocato negli stati, per egoismo e scaricabarile. Noi, l’Italia, rivendichiamo di essere stati dalla parte giusta».
Stesso richiamo contro il solipsismo europeo arriva anche dal Presidente della Commissione Europea, Jean Claude Juncker, che nel suo primo discorso al Parlamento europeo sullo stato dell’Unione ha esordito: «Per l’Europa non è più il momento di vuoti discorsi, è il momento della sincerità. L’unione non versa in buone condizioni. Manca l’unione e manca anche l’Europa».
L’emergenza migranti mette il dito nella piaga di un’Europa latitante, incapace di reagire e di traghettare l’Unione verso un cambiamento che renda significativo lo stesso termine che la definisce, anche se ora sarebbe più corretto chiamarla Disunione europea.
«È il tempo di un’azione audace e concentrata di Ue, Stati membri e istituzioni. Chi critica l’integrazione europea deve riconoscere che questo è un luogo di pace e stabilità e di questo dobbiamo andare orgogliosi». Banco di prova è proprio la questione dei profughi che per Juncker è «una questione di umanità e dignità. Siamo di fronte a numeri spaventosi, ma dobbiamo reagire. Del resto, la nostra storia, la storia di noi europei, è la storia di rifugiati. E stiamo parlando non di secoli fa, ma di pochi anni fa».
Da qui è partita una esortazione agli stati membri a rispettare le regole sulle modalità di accoglienza, regole che si basano su degli «standard comuni europei per l’accoglienza dei rifugiati e per l’asilo, e per definire se le persone hanno diritto a ricevere la protezione internazionale. Ma questi standard vanno applicati e rispettati dagli Stati. La Commissione Ue propone un meccanismo di redistribuzione permanente che ci permetterà di affrontare situazioni di crisi in modo più agevole in futuro. Invecchiamo, abbiamo bisogno di nuovi talenti, che arrivino da ogni parte del mondo».
Il monito è sempre quello, un agire comune che non lasci soli stati come l’Italia, la Grecia e l’Ungheria, che hanno a carico 160mila profughi da ridistribuire.
Juncker ridimensiona l’impatto del numero dei rifugiati che è decisamente aumentato rispetto al passato «ma si tratta pur sempre dello 0,11% della popolazione dell’Unione europea. In Libano rappresentano il 25% della popolazione, un Paese che ha un quinto del nostro livello di benessere».
Come si chiedeva Primo Levi in Se questo è un uomo, «perché la memoria del male non riesce a cambiare l’umanità? A che serve la memoria?».