La Libia festeggia la liberazione del Paese

“Esorto tutti al perdono, alla tolleranza e alla riconciliazione. Le nostre anime devono liberarsi dall’odio e dall’invidia. E’ necessario per il successo della rivoluzione e del nostro futuro”. Con queste parole il presidente del Consiglio nazionale transitorio libico (Cnt) Mustafa Abdel Jalil, si è rivolto ai cittadini libici ieri in occasione della festa per la liberazione della nazione dalla dittatura di Gheddafi. Parole che esortano i cittadini a non dimenticare alcuni valori, quelli che rendono veramente lo spirito libero, quelli che servono per ricostruire una società democratica in grado di sapersi imporre senza l’uso della violenza o della forza. Jalil ha poi difatti affermato: “Chiedo a tutti i libici di ricorrere allo stato di diritto e a nient’altro che alla legge e di non conquistare diritti con l’uso della forza.
Stiamo cercando di organizzare una sicurezza e un esercito nazionale per proteggere i nostri confini e la nostra nazione”.
Alla cerimonia hanno partecipato migliaia di persone che sventolavano la nuova bandiera libica, in festa per la libertà e per la speranza per un futuro migliore. Durante il corso della festa è anche stato confermato che le elezioni si terranno entro giugno dell’anno prossimo. Le parole di Jalil certamente sono servite per ricordare l’importanza di certi valori, che in un certo senso sono stati violati al momento della cattura di Gheddafi, è vero, lo ha ricordato lo stesso Jalil, siamo umani ed in momenti di grande rabbia e sofferenza non è facile mantenere la razionalità, ma ora che si intende costruire da zero una nazione che ambisce alla pace ed al benessere comune la priorità dovrebbe essere proprio nell’istruzione e nella cultura.Nel frattempo il secondo genito di Gheddafi, Seif al Islam, torna a farsi vivo dopo l’uccisione di suo padre esortando i fedelissimi a lottare contro gli insorti e la Nato, queste le sue parole, divulgate sulla rete in un breve messaggio audio: “Io vi dico, andate all’inferno, voi e la Nato dietro di voi. Questo è il nostro Paese, noi ci viviamo, ci moriamo e stiamo continuando a combattere”.
di Enrico Ferdinandi
24 ottobre 2011