Nuovo conflitto territoriale tra Thailandia e Cambogia

Tra il 23 e il 24 luglio, il confine tra Thailandia e Cambogia è tornato a infiammarsi, segnando una nuova, preoccupante escalation di un conflitto mai del tutto sopito. Le tensioni si sono inizialmente concentrate nei pressi di Prasat Ta Muen Thom, un tempio sacro Hindu-Khmer situato in un’area contesa tra i due paesi. Al centro della disputa vi sono contese territoriali lasciate irrisolte dall’epoca coloniale, in cui i confini tra i due paesi sono stati definiti in modo impreciso e provocando ambiguità giuridiche e politiche.
Le tensioni sono scattate con l’esplosione di due mine antiuomo nel giro di una settimana, che hanno ferito sei militari thailandesi, due dei quali in modo grave. A seguito degli incidenti, le relazioni diplomatiche sono rapidamente peggiorate: entrambi i governi hanno richiamato parte del personale delle rispettive ambasciate e hanno avviato una serie di misure di ritorsione incrociata sul piano economico e politico. Secondo le autorità thailandesi, gli scontri armati delle ultime ore hanno causato la morte di almeno undici civili thailandesi e di un soldato, oltre a 31 feriti. La Cambogia, al momento, non ha rilasciato un bilancio ufficiale delle vittime.
Le origini del conflitto vanno ricercate nella complessa storia coloniale della regione. Nel XIX secolo, la Cambogia fu assorbita nel protettorato francese dell’Indocina, mentre la Thailandia, all’epoca nota come Siam, riuscì a conservare la propria indipendenza attraverso un delicato equilibrismo diplomatico con le potenze europee. Tra il 1904 e il 1907, Francia e Siam firmarono una serie di trattati per delimitare i rispttivi confini, segnando una demarcazione lungo la catena montuosa dei Dângrêk. Tuttavia, le mappe disegnate dai cartografi francesi non sempre riflettevano in modo coerente il contenuto degli accordi, generando ambiguità sulla demarcazione e sulla sovranità di alcune aree di frontiera che ancora oggi sono alla base delle dispute.
Alcune di queste dispute hanno portato anche a sanguinosi scontri. Ad esempio, il tempio di Preah Vihear, è stato teatro di una contesa tra Thailandia e Cambogia nel 2011 che ha portato a numerose vittime. E tale scontro è avvenuto nonostante l’area del tempio fosse già stato oggetto di un pronunciamento della Corte Internazionale di Giustizia nel 1962, che lo assegnò formalmente alla Cambogia. Questa decisione, tuttavia, non ha messo fine alla disputa, poiché la Thailandia non riconosce la decisione della corte sulla questione e ha continuato a contestare il controllo delle aree limitrofe, sostenendo che le mappe storiche utilizzate dalla Corte non riflettessero fedelmente gli accordi tra il Siam e la Francia coloniale. Le tensioni si sono riaccese più volte, culminando in ulteriori scontri armati e nella decisione della Corte, nel 2013, di chiarire che anche il promontorio su cui sorge il tempio rientra sotto la sovranità cambogiana. Questo verdetto, come prevedibile, non ha risolto del tutto la frizione diplomatica.
Oltre al piano militare, le conseguenze si sono già estese al livello politico ed economico. Le autorità cambogiane ha vietato l’importazione di alcuni prodotti agricoli thailandesi e ha interrotto la distribuzione di contenuti culturali thailandesi. Bangkok, nel mentre, ha minacciato di sospendere la fornitura di energia elettrica e connessione internet alle province cambogiane di confine e ha chiuso temporaneamente parte delle proprie frontiere. Ad ora la comunicazione istituzionale tra i due governi risulta di fatto interrotta, con il governo thailandese che ha dichiarato che non ci saranno negoziazioni finché non cesseranno le ostilità.