Trump e i Dazi: ecco cosa è successo negli ultimi 10 giorni

Prima di essere un politico, Donald Trump è un uomo d’affari. I mercati li conosce bene, questo è chiaro, e sembra deciso a sfruttarli per ottenere ciò che vuole. “Guerra commerciale” è la sua parola d’ordine, e non ha intenzione di fermarsi finché non avrà raggiunto i suoi obiettivi. Per il mondo, ormai, non è più una sorpresa: nuovi dazi, nuove trattative. Ogni paese è nel mirino del Tycoon, nessuno escluso.
L’Unione Europea al centro del bersaglio
Nemmeno l’Unione Europea può dirsi al sicuro. Anzi, è proprio lei ad essere finita al centro del bersaglio. Gli ultimi dieci giorni sono stati particolarmente intensi per i paesi del vecchio continente, sotto la minaccia concreta di tariffe al 30%, un colpo che nessuna economia europea potrebbe assorbire senza conseguenze. Le trattative sono in corso, ma nulla è definitivo finché Trump non darà il suo via libera.
Prima di guardare a cosa sta succedendo oggi, però, facciamo un passo indietro. Torniamo a dieci giorni fa, per ripercorrere le mosse del presidente americano e capire come siamo arrivati fin qui.
La lettera di Trump sulle scrivanie europee
Era il 12 luglio quando un fascicolo bollato “America” è atterrato sulle scrivanie delle istituzioni europee. Il contenuto era chiaro: dazi del 30% su tutti i prodotti, in vigore dal 1° agosto. Nessuno sconto, nessuna eccezione. A spiegare le motivazioni è stato lo stesso presidente Trump, attraverso un post su Truth Social: riequilibrare una relazione commerciale che definisce “profondamente asimmetrica”. Come da copione, nella lettera c’era anche l’avvertimento che accompagna tutte le sue trattative: “Se per qualsiasi motivo decideste di rispondere aumentando le vostre tariffe, il numero da voi scelto si andrà ad aggiungere al 30% da noi richiesto.”
La risposta europea
La risposta di Bruxelles non si è fatta attendere. In un comunicato ufficiale, la Commissione Europea ha dichiarato: “Rimaniamo pronti a continuare a lavorare per raggiungere un accordo entro il 1° agosto. Allo stesso tempo, adotteremo tutte le misure necessarie per tutelare gli interessi dell’Ue, inclusa l’adozione di contromisure proporzionate, se necessario.”
Anche Ursula von der Leyen è intervenuta poco dopo, con toni più diplomatici, ma decisi: “Siamo sempre stati molto chiari sul fatto di preferire una soluzione negoziata. Questo rimane valido e utilizzeremo il tempo che abbiamo fino alla scadenza. Possiamo rispondere con contromisure se necessario. Estenderemo la sospensione delle nostre azioni fino all’inizio di agosto, ma nel frattempo continueremo a predisporre misure per essere pienamente preparati.”
Giorni di trattative
Nei giorni successivi, in Europa si è lavorato senza sosta per scongiurare una guerra commerciale. “Non vogliamo alcun tipo di guerra commerciale con gli Stati Uniti. Sarebbe devastante non solo per loro ma anche per noi. D’altra parte, dobbiamo anche mostrare i muscoli. Credo che non dovremmo escludere nessuna possibilità. Dobbiamo prepararci a contromisure e usare tutti gli strumenti a disposizione,” ha dichiarato Lokke Rasmussen, ministro degli Esteri danese e presidente di turno del Consiglio dell’UE.
Il resto del mondo
Non solo Europa. Anche altri paesi si trovano nel mirino di Trump, alle prese con la scadenza del 1° agosto. Il Messico, ad esempio, ha ricevuto una lettera identica a quella europea. Dazi al 30% dal 1° agosto in caso di mancato accordo. “Il Messico mi ha aiutato a rendere sicuro il confine, ma quanto fatto non basta. Non ha ancora fermato i cartelli che stanno provando a trasformare tutto il Nord America nel parco giochi del narcotraffico. Non posso permettere che accada!” ha scritto Trump su Truth Social. Il governo messicano ha replicato definendo la decisione “ingiusta” e sottolineando il rischio di un danno economico reciproco.
La Thailandia, invece, è tra i paesi più esposti: rischia dazi al 36% e, a differenza di Vietnam e Indonesia, non ha ancora ottenuto riduzioni. Bangkok ha proposto l’azzeramento delle tariffe su 10.000 prodotti americani, ma da Washington non sono arrivate risposte.
L’Indonesia, invece, ha chiuso un accordo: dazi ridotti dal 32% al 19%, in cambio di acquisti di prodotti energetici e agricoli statunitensi. Il presidente Prabowo ha trattato direttamente con Trump, assicurando al suo paese le tariffe più basse del Sud-est asiatico.
Un grande accordo con il Giappone
Nel frattempo, il presidente americano ha annunciato nuovi accordi anche con il Giappone. “Ho appena firmato il più grande accordo commerciale della storia con il Giappone. Ci abbiamo lavorato a lungo e abbiamo lavorato sodo, è un ottimo affare per tutti”, si legge in un post su Truth del presidente degli Stati Uniti. L’intesa vedrà il Giappone “pagare agli Usa dazi reciproci” del 15%, rispetto al 25% indicato nella “lettera” che il leader della Casa Bianca pubblicò a inizio mese, indirizzata al premier Shigeru Ishiba, e al 24% annunciato a inizio aprile per le esportazioni dal Giappone prima della pausa di 90 giorni.
Torniamo all’oggi. E torniamo in Europa
Dopo aver visto le reazioni globali, torniamo all’Unione Europea. L’obiettivo rimane soltanto uno: evitare che le contromisure americane sui prodotti europei entrino in vigore prima della scadenza del 1° agosto. Dopo mesi di trattative, che vanno avanti da ben prima che la lettera di Trump toccasse suolo europeo, sembrava si fosse trovata un’intesa su dazi unilaterali del 10%. Ma secondo fonti diplomatiche, Washington ha rilanciato: il presidente americano vorrebbe una soglia più alta, tra il 15% e il 20%. Di fronte a questa richiesta, anche i paesi più cauti hanno iniziato a prendere in considerazione l’ipotesi di una guerra commerciale. Per questo la Commissione ha deciso di muoversi su due binari parallelamente: continuare a negoziare, ma preparare allo stesso tempo una lista aggiornata di contromisure, che non entreranno in vigore prima del 7 agosto. “Sebbene la nostra priorità restino i negoziati, ci stiamo preparando a tutti gli scenari, comprese eventuali contromisure,” ha spiegato il commissario Ue al Commercio Valdis Dombrovskis.
Stato attuale dei negoziati
Secondo fonti europee, sta via via prendendo forma un accordo che prevede dazi statunitensi del 15% sulle importazioni europee. Sarebbe una sorta di compromesso: include le tariffe già esistenti (10% + 4,8% Mfn, ossia la tariffa applicata ai partner commerciali più favoriti secondo le regole WTO), con qualche esenzione su prodotti chiave come medicinali, alcolici e aerei. In cambio, l’Ue potrebbe ridurre le proprie tariffe allo 0% o al livello Mfn per alcune categorie di beni americani. Il Financial Times ha confermato le trattative, parlando di “dazi reciproci” sul modello dell’accordo raggiunto tra Trump e il Giappone.
Pronta la risposta europea
Come già anticipato, in caso di mancato accordo, Bruxelles ha già pronto il piano B. Una lista di contromisure del valore di 93 miliardi di euro, con dazi fino al 30% su beni americani, è stata completata e sarà votata oggi dal comitato Trade Barriers. Trump, dal canto suo, ha ribadito la sua linea su Truth Social: ” abbasserò i dazi solo se un Paese accetta di aprire il suo mercato. Altrimenti, dazi molto alti.
Il messaggio che arriva dagli stati uniti è chiaro: o si gioca secondo le regole dettate da Donald Trump, o si paga il prezzo. Con la scadenza del 1° agosto ormai alle porte, l’Unione Europea si muove sul filo del rasoio. Oggi più che mai, deve trovare l’equilibrio tra fermezza e diplomazia. Il conto alla rovescia è cominciato.