Scintille alla Casa Bianca: Trump accusa Ramaphosa di “Genocidio dei bianchi”

Da quando Donald Trump è alla Casa Bianca lo Studio Ovale è diventato quasi un ring politico. Prima c’è salito il presidente ucraino Zelensky, a febbraio, portando a casa un’amara sconfitta sotto gli occhi di tutto il mondo. Ieri è stata la volta di Matamela Cyril Ramaphosa, il suo omologo sud africano – che a dirla tutta non se l’è cavata poi così male. Un incontro che ha avuto dei risvolti inaspettati.
Nulla faceva presagire un colloquio diplomatico tra i leader dei due Paesi. Soprattutto per volontà del Sudafrica, più volte accusato da Trump di seguire una politica estera anti-USA. E di avere anche buoni rapporti con il regime iraniano oltre che di sostenere Hamas.
Tuttavia, a febbraio, il blocco dei finanziamenti americani al Paese, ha spinto il leader Ramaphosa a chiedere un’udienza per ricucire i rapporti. Un’intenzione accolta con favore dall’amministrazione statunitense, ma a cui è seguito un confronto duro, stile MAGA: prevedibile, quanto spiazzante.
Le accuse
Il leader americano, infatti, ha rivolto diverse critiche al governo sud-africano. Prima fra tutte la complicità nel “genocidio dei bianchi”. Agricoltori afrikaner, discendenti olandesi e britannici, sarebbero vittime di violenze sistematiche e di una vera e propria campagna di omicidi. Un’accusa che però non troverebbe riscontro nei dati ufficiali. Con un tasso di 72 omicidi al giorno circa, infatti, la maggior parte delle vittime sono persone nere. Secondo un dato del 2024, poi, su oltre 26.000, solo 44 sono legati a fattori e solo 8 vittime sono agricoltori.
Trump ha continuato sostenendo anche che il governo sud-africano sta confiscando con la violenza le terre agli agricoltori bianchi per ridistribuirle ai sudafricani neri con la violenza. Un’affermazione che però anche questa volta si contraddice con la realtà. È vero che esiste una legge che consente di espropriare le terre senza compenso, ma solo in rari casi e comunque dopo aver stretto degli accordi. Questa manovra rientra invece in un tentativo di correzione di una storica disuguaglianza: la maggior parte delle terre agricole è ancora di proprietà di una minoranza bianca (circa il 75%), mentre la maggioranza nera possiede solo il 4%.
Il presidente statunitense ha proseguito l’incontro con la proiezione di un video in cui il leader Julius Malema canta “Kill the Boer” (“Uccidi il boero”) e in cui venivano mostrate immagini di lunghe colonne di veicoli bianchi in fila lungo la strada. Secondo Trump quelle croci sono luoghi dove sono stati uccisi i bianchi. Come riporta anche il Washington Post, invece, quelle croci in realtà sono un simbolo di protesta contro la violenza subita da agricoltori e bianchi, non tombe vere. Un affronto al quale il presidente Ramaphosa ha saputo rispondere con grande compostezza dicendo che il suo governo condanna le parole estreme di quegli oppositori che anche se non era a conoscenza di quelle immagini dell’esodo dei bianchi e provvederà a informarsi meglio.
Le motivazioni della narrazione trumpiana
L’insistenza di Trump sul presunto “genocidio dei bianchi”, non è una casualità. Dietro l’invettiva portata avanti durante l’incontro con il leader di Pretoria, le motivazioni sembrano essere principalmente politiche e strategiche.
La retorica populista del MAGA, in particolare le idee legate all’identità e alla percezione di minacce contro i bianchi, ha costruito una solida base elettorale per il presidente statunitense che continua a risuonare attraverso una precisa strategia comunicativa. Sempre la stessa, di forza. Dopo Zelensky che Donald ha mandato a casa con “non avete le carte, le carte ce le ho io”, è stato il turno di Ramphosa che però ha saputo rispedire al mittente le accuse.
Se questo mettere in scena la forza diplomatica non basta, un altro punto di interesse per Donald Trump è sicuramente geopolitico. Puntare il dito contro il Sudafrica e accusarla di violare i diritti umani non è solo una distrazione dai problemi interni e dalle critiche rivolte alla sua amministrazione, ma anche una leva per possibili concessioni in ambito commerciale.
L’ultimo elemento che potrebbe aver influenzato l’incontro e le tematiche trattate è la presenza di personaggi vicini a Donald Trump. Primo tra tutti Elon Musk, il magante sud-africano che più volte si è espresso negativamente nei confronti delle politiche del governo di Pretoria.