Groenlandia. Politica interna e prossime elezioni

L’11 marzo 2025, la Groenlandia si preparerà ad affrontare le elezioni parlamentari che avranno ripercussioni significative, non solo per il destino dell’isola ma anche per le sue relazioni internazionali, in particolare con la Danimarca e gli Stati Uniti. Mentre la Groenlandia, con circa 56.000 abitanti sparsi su un vasto territorio, continua a vivere in un isolamento geografico estremo, la sua politica è sotto i riflettori mondiali, soprattutto a causa della questione dell’indipendenza e delle tensioni legate alle dichiarazioni di Donald Trump. Le elezioni si svolgeranno in un contesto climatico difficile, con temperature medie tra i -10° e i -5° a Nuuk, la capitale dell’isola, ma con implicazioni politiche ben più calde.
La Groenlandia è un territorio autonomo che, dal referendum del 2008, ha ottenuto maggiore indipendenza dalla Danimarca, pur rimanendo parte del Regno di Danimarca. Il panorama politico dell’isola è dominato dalla questione dell’indipendenza, con due partiti principali, il partito socialista “Comunità Inuit” e il socialdemocratico “Siumut”, entrambi favorevoli a una maggiore autonomia o addirittura alla separazione dalla Danimarca. L’attuale primo ministro, Mute Egede, leader di Comunità Inuit, guida una coalizione di sinistra, ma la sua posizione radicale sull’indipendenza viene contrastata da alcuni alleati di governo e da forze di centro, come Siumut, che pur sostenendo l’indipendenza, preferiscono un approccio più moderato. Le elezioni del 2025 si preannunciano cruciali per determinare quale direzione prenderà la Groenlandia in relazione alla Danimarca.
Uno degli sviluppi politici più significativi riguarda l’interferenza internazionale, in particolare quella degli Stati Uniti e della politica di Donald Trump. Nel 2019, Trump aveva suscitato scalpore proponendo l’acquisto della Groenlandia, un’iniziativa che non solo aveva suscitato il rifiuto della Danimarca, ma aveva anche acceso dibattiti all’interno della politica groenlandese. Le alleanze politiche locali si sono così polarizzate anche in relazione alla figura di Trump, con alcuni partiti che guardano positivamente agli Stati Uniti e ad un accordo di difesa con Washington, come il partito “Naleraq”, guidato da Pele Broberg. Tuttavia, altri, come Egede, temono che l’indipendenza della Groenlandia possa essere minata da un’influenza troppo forte degli Stati Uniti, che già gestiscono la base aerea di Thule, il più settentrionale avamposto americano.
I partiti che si preparano a partecipare alle elezioni sono vari e hanno posizioni contrastanti riguardo alla questione dell’indipendenza. “Comunità Inuit” e “Siumut” rappresentano le forze indipendentiste maggioritarie, ma alle prossime elezioni si prevede un possibile arretramento per Siumut, che potrebbe scendere al 21,9% dei consensi, mentre Comunità Inuit resterebbe il primo partito con il 31%. Naleraq, che sta cercando di sfidare Siumut per diventare il secondo partito, punta a ottenere il sostegno popolare proponendo un percorso verso l’indipendenza entro tre anni, ma con un forte legame agli Stati Uniti. Accanto a questi, emergono anche nuovi soggetti come il partito “Qulleq”, che promuove politiche più orientate all’estrazione di risorse naturali, come il petrolio, e un ritorno alla politica del “drill baby, drill”, che contrasta con la crescente consapevolezza sui cambiamenti climatici.
Il panorama politico groenlandese è reso ancora più complesso dalle recenti dimissioni di esponenti di rilievo di Siumut, come Aki-Matilda Høegh-Dam e Kuno Fencker, che hanno sollevato polemiche interne per le loro relazioni con il mondo politico danese e la visita recente di Donald Trump Jr. in Groenlandia. Questi sviluppi riflettono le contraddizioni e le divisioni all’interno dei partiti principali, con alcuni che cercano di navigare tra la richiesta di maggiore autonomia da Copenhagen e la necessità di mantenere relazioni con potenze straniere come gli Stati Uniti. La campagna elettorale, quindi, si preannuncia ricca di tensioni politiche interne e di pressioni esterne, soprattutto in vista dell’importante ruolo che la Groenlandia ha nelle dinamiche geopolitiche.
Data la rilevanza delle elezioni, il parlamento groenlandese ha deciso di intervenire con una riforma urgente per vietare i finanziamenti esterni alla campagna elettorale, rispondendo alle preoccupazioni circa il coinvolgimento di potenze straniere. L’interferenza esterna, e in particolare l’influenza di attori come gli Stati Uniti, ha sollevato timori riguardo alla possibilità che le elezioni possano essere influenzate da forze esterne che cercano di orientare il voto a favore di posizioni più favorevoli ai loro interessi. Questo ha spinto il governo di Nuuk a prendere misure per tutelare l’integrità del processo elettorale e garantire che sia la popolazione groenlandese a determinare il proprio futuro senza pressioni straniere.
Mentre la Groenlandia si avvicina alle elezioni, il governo danese, rappresentato dalla prima ministra Mette Frederiksen, ha ribadito che le scelte politiche riguardanti il futuro dell’isola spettano ai suoi abitanti, come sancito dalla legge sull’autogoverno del 2008. Le relazioni tra Groenlandia e Danimarca, simili a quelle tra la Scozia e il Regno Unito, continuano a essere complesse, con un continuo bilanciamento tra autonomia e legami storici. La possibilità che la Groenlandia possa intraprendere un percorso di maggiore indipendenza, simile a quello della Scozia, è sempre più concreta, ma dipenderà dal risultato delle elezioni del 2025 e dalla capacità dei partiti di mediare tra le forze interne e le pressioni esterne.