Trump vuole rendere Gaza la nuova “Riviera del Medio Oriente”

Gli Stati Uniti “prenderanno il controllo a lungo termine di Gaza e la trasformeranno nella Riviera del Medio Oriente”. Donald Trump questa volta ha davvero lanciato la proposta più scioccante e azzardata del suo mandato, spazzando via in un colpo solo decenni di politica americana nell’area e le sue stesse promesse di disimpegno da qualsiasi teatro di guerra. Una proposta audace che ha suscitato forti reazioni in tutto il mondo, ma che ha trovato il supporto del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, che l’ha definita “storica” e in grado di “cambiare il corso della storia”.
Nel corso di una conferenza con Netanyahu, Trump ha rivelato la sua visione per Gaza, affermando che l’area dovrebbe essere trasformata in un luogo dove persone da tutto il mondo potrebbero trasferirsi, acquistare proprietà e godere di un nuovo inizio. Sebbene inizialmente si parlasse di un ritorno dei palestinesi una volta che la zona fosse stata ricostruita, ora sembra che Trump stia suggerendo l’espulsione permanente della popolazione locale. Secondo lui, i palestinesi avrebbero accettato di andarsene per sempre, lasciando spazio a nuovi abitanti. La Casa Bianca, tuttavia, ha cercato di correggere le sue parole, dichiarando che le intenzioni di Trump riguardavano un ricollocamento “temporaneo” e non un’espulsione definitiva.
Il piano solleva numerose domande, specialmente per quanto riguarda il rispetto dei diritti umani. Gli Stati Uniti, come firmatari della Convenzione di Ginevra, potrebbero trovarsi a violare i diritti dei palestinesi se dovessero essere costretti a lasciare Gaza. Non solo, ma i paesi vicini come l’Egitto e la Giordania hanno già chiarito di non essere disposti ad accogliere i rifugiati palestinesi. Trump rimane convinto che alla fine questi paesi accetteranno l’afflusso di palestinesi, ma la situazione rimane incerta.
Il piano di Trump non è solo controverso a livello locale, ma ha anche scatenato le critiche internazionali. L’Unione Europea, numerosi stati arabi, e soprattutto Hamas, hanno condannato la proposta, mentre il presidente americano è sicuro che il suo piano sarà apprezzato in futuro. Anche se le intenzioni degli Stati Uniti riguardo l’invio di truppe sono ancora poco chiare, la possibilità che vengano dispiegati soldati in una zona già altamente volatile è una questione che alimenta la preoccupazione globale.
In parallelo, Israele ha annunciato il suo ritiro dal Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite (UNHRC), accusando l’organismo di “discriminazione” nei suoi confronti. Netanyahu ha ribadito che il progetto di Trump per Gaza è cruciale per il futuro della regione, ma anche l’ambasciatore israeliano all’ONU ha messo in evidenza che sarà necessario il consenso della popolazione palestinese per rendere il piano realizzabile. Per quanto riguarda il finanziamento della ricostruzione, la Casa Bianca ha precisato che gli Stati Uniti non sosterranno i costi, ma che i partner internazionali, in particolare quelli del Golfo, potrebbero assumersi l’onere.
Con una visita imminente in Israele, Gaza e Arabia Saudita, Trump sembra voler applicare la stessa strategia utilizzata per i dazi: alzare il tono per forzare le trattative, anche se la tensione nella regione rimane alta. Il progetto di Trump non è privo di ombre. L’Iran, con il suo programma nucleare in accelerazione, rappresenta una minaccia crescente per la stabilità regionale, e Trump ha adottato misure dure contro Teheran, lasciando anche un ordine di “annientamento” del regime iraniano in caso di attacco. Un altro tema caldo riguarda la normalizzazione dei rapporti tra Israele e Arabia Saudita, una pace che Netanyahu considera “possibile”, ma che Riad ha raffreddato, insistendo sul fatto che non avverrà senza la creazione di uno Stato palestinese, un obiettivo che ora appare più lontano che mai.