Dazi di Trump. La risposta della Cina

Alla mezzanotte di martedì, ora statunitense, sono entrati in vigore i nuovi dazi del 10% sulle importazioni dalla Cina, una misura annunciata dal presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, sabato scorso. Questo provvedimento fa parte della lunga serie di politiche commerciali protezionistiche del governo Trump, incentrate sul rafforzamento dell’economia americana. Al contrario, i dazi del 25% su Messico e Canada, inizialmente previsti per entrare in vigore lunedì, sono stati posticipati di un mese. Questa decisione è arrivata dopo intensi colloqui tra Trump e i leader di questi due paesi, che hanno offerto concessioni in ambito di sicurezza ai confini. Il rinvio ha quindi evitato un impatto diretto sulle importazioni da questi paesi, almeno per ora.
Le importazioni dalla Cina sono state al centro della politica tariffaria di Trump fin dal suo primo mandato. Già molte merci provenienti dalla Cina erano sottoposte a tariffe che oscillano tra il 10 e il 25%. Le importazioni totali dalla Cina, che ammontano a più di 400 miliardi di dollari annuali per gli Stati Uniti, continuano a rappresentare un mercato cruciale. Tuttavia, l’introduzione di nuove tariffe su una parte significativa delle merci rischia di far lievitare i costi per i consumatori americani. Un aspetto interessante di questa mossa è la volontà di Trump di impedire espedienti adottati da aziende cinesi come Temu e Shein per eludere i dazi imposti nel 2018, evidenziando una crescente attenzione alle pratiche commerciali non regolamentate.
In risposta alle nuove tariffe imposte dagli Stati Uniti, la Cina ha annunciato l’introduzione di dazi del 15% sui prodotti americani, tra cui carbone, gas naturale liquefatto (GNL), petrolio e macchinari agricoli. I dazi cinesi, che entreranno in vigore il 10 febbraio, colpiscono settori chiave dell’economia statunitense e potrebbero generare nuove tensioni economiche tra le due potenze. Inoltre, la Cina ha avviato un’indagine sull’azienda tecnologica statunitense Google, sebbene questa misura appaia principalmente simbolica, considerando che i principali servizi dell’azienda non sono più attivi in Cina dal 2010.
Le relazioni commerciali con il Messico e il Canada sono state oggetto di una particolare attenzione da parte di Trump, che ha giustificato l’introduzione dei dazi con la necessità di contrastare il traffico di droga illegale, in particolare il fentanyl, che causa decine di migliaia di morti ogni anno negli Stati Uniti. Per ottenere il rinvio dei dazi, i leader messicani e canadesi hanno promesso di rafforzare la sorveglianza ai confini e aumentare gli sforzi contro il narcotraffico. Il Canada, ad esempio, si è impegnato ad utilizzare nuove tecnologie e a cooperare con gli Stati Uniti in operazioni congiunte, mentre il Messico ha promesso di schierare 10.000 agenti della Guardia nazionale per controllare meglio i flussi migratori.
Nel frattempo, Trump aveva accennato alla possibilità di introdurre dazi anche contro i paesi dell’Unione Europea, pur non concretizzando questa minaccia. Sebbene non ci siano ancora provvedimenti specifici, la notizia ha suscitato reazioni ferme in Europa. I rappresentanti europei, tra cui il presidente francese Emmanuel Macron, hanno dichiarato che l’Europa sarebbe pronta a rispondere se i suoi interessi commerciali venissero minacciati. Questo scenario ha posto sotto i riflettori le fragili dinamiche commerciali transatlantiche, con l’Europa che si prepara a difendere i propri interessi in caso di escalation tariffarie da parte degli Stati Uniti.