Elezioni Islanda: «gender parity» nel Parlamento più a destra degli ultimi 30 anni

Oltre le più famose elezioni in Germania, si sono svolte nel weekend appena passato quelle in Islanda che hanno visto i partiti di centro destra e di destra conquistare la maggioranza assoluta dei seggi dell’Althing — il più antico parlamento in Europa — sfiorando i quaranta deputati: nonostante il sistema completamente proporzionale permetta la formazione di maggioranze trasversali e di molteplici alleanze post elettorali il prossimo governo dell’isola nordica sarà con tutte le possibilità quello più a destra degli ultimi 30 anni.

Ultradestra al femminile
Ma questa non è la sola novità di questa tornata elettorale in quanto l’Althing vedrà la presenza di 31 donne, appena una di meno rispetto agli uomini, 32. Questo fa presagire un presidente del consiglio di sesso femminile, probabilmente il segretario del Partito dell’Indipendenza, Arna Sigurbjornsdottir, che ha conquistato ben 16 seggi su 63. Non sarebbe una novità per la politica islandese in quanto anche il Premier uscente è una donna, Jakobsdottir, del partito dei verdi che insieme ai socialdemocratici è il vero sconfitto di questa tornata dove gli islandesi hanno premiato “l’usato sicuro” dei tre partiti liberalconservatori ( Indipendenza, Partito di centro e Movimento del Progresso) rispetto alle sinistre che in un periodo di recessione economica proponevano ricette economiche come l’aumento delle tasse, storicamente malviste dagli islandesi dato che il paese ha una tradizione liberale e liberista molto profonda e radicata.

Un parlamento euroscettico
Con queste elezioni inoltre viene messo definitivamente in cantina qualsiasi progetto di adesione alla Ue, in quanto le forze maggioritarie in parlamento sono chiaramente euroscettiche. Ciò pone l’Islanda sempre più sotto la sfera di influenza Usa, in una ottica di integrazione economica con il Nord America ed un conseguente rafforzamento del ruolo della Nato nelle dinamiche geopolitiche del paese.
Come tutti i paesi occidentali, anche l’economia islandese ha risentito pesantemente della pandemia, soprattutto perché ha una economia fortemente basata sul turismo e la moneta nazionale, la corona, ha subito una svalutazione sensibile passando da un cambio 1/123 a 1/150.
Gli anni in cui in Islanda si verificavano tassi di crescita del 10% sono ormai lontani ma il Partito dell’Indipendenza promette una nuova crescita economica ed un ritorno dell’isola come meta turistica di fama mondiale.