Non solo Kim, le 3 grandi sfide geopolitiche dell’Asia

Corea del Nord, Medio Oriente e Nuova Via della Seta: questi i principali scenari di crisi che potrebbero ridisegnare gli equilibri continentali e globali.
Corea del Nord: la strategia vincente di Kim – Il summit di Singapore tra il Presidente americano e il leader nordcoreano ha segnato senza dubbio un momento storico ma, a parte qualche vaga dichiarazione d’intenti sulla denuclearizzazione della penisola coreana, è sembrato piuttosto inconcludente. Anzi, probabilmente ne ha tratto maggior vantaggio Kim, che ha mostrato al mondo come ottenere legittimazione da Washington (perlomeno con l’attuale amministrazione) semplicemente con una prova di forza e il possesso di alcune testate nucleari.
Onestamente, sembra assai improbabile che Pyongyang rinunci al proprio arsenale atomico e ai privilegi a esso collegati, mentre l’impressione è che sia stato Trump a fare le maggiori concessioni, a partire dall’annuncio (improvviso e inaspettato) di voler far ritirare dalla Corea del Sud i circa trentamila soldati americani presenti e di voler sospendere le esercitazioni navali congiunte con Seul, considerate finora indispensabili per la sicurezza della regione.
Adesso Trump si trova nella posizione scomoda di dover accontentare la Corea del Sud (che auspica una penisola demilitarizzata e una normalizzazione dei rapporti col nord) e il Giappone, storico alleato con cui i rapporti sono ai minimi termini dopo che l’inquilino della Casa Bianca ha rinnegato la dichiarazione post-G7 e che rischia di vedersi applicare le stesse tariffe doganali sulle auto applicate all’Europa. Tokyo, che al momento è più vicina a Bruxelles che a Washington, non vede di buon occhio la riapertura dei canali diplomatici con Pyongyang appena pochi mesi dopo i test missilistici nordcoreani che hanno sorvolato l’arcipelago nipponico.

Su questo scenario complesso poi c’è sempre l’ombra della Cina e della Russia, principali partner commerciali ed energetici di Kim Jong-un con cui hanno intensificato i rapporti diplomatici negli ultimi mesi, che non gradirebbero affatto una Corea unificata sotto l’ala americana a due passi da Pechino e da Vladivostok, principale porto russo sul Pacifico.
Si profila una difficile partita diplomatica tra Washington, Seul, Tokyo, Pechino, Mosca e Pyongyang: Trump potrebbe pacificare la regione perdendo due alleati chiave come Giappone e Corea del Sud o trovarsi in aperto conflitto con Cina e Russia, Kim per ora ha ottenuto dichiarazioni benevole da parte della Casa Bianca senza rinunciare a nulla e ottenendo anche un posto di primo piano nell’arena internazionale. Finora è abbastanza evidente chi ha giocato meglio la partita della nuova diplomazia fatta di tweet e bombe atomiche.
Medio Oriente: la guerra perenne – Si tratta senza dubbio dell’area più instabile del pianeta, con la presenza contemporanea di potenze regionali, gruppi di estremisti e superpotenze mondiali.
In Siria, ora che l’Isis sembra una minaccia remota, la sfida maggiore è tra la Russia (che appoggia il Presidente Assad) e gli Stati Uniti (che vorrebbero deporlo). La situazione è complicata ulteriormente dalla presenza sul territorio dei curdi, delle fazioni ribelli e di diversi gruppi terroristici. Sembra assai improbabile che si arrivi presto ad una risoluzione, anzi, l’affermarsi di Putin come nuovo grande garante della regione potrebbe portare ad un ulteriore inasprimento dei rapporti con la Casa Bianca in uno scenario in cui tutte le grandi potenze regionali hanno preso posizione con Washington (Israele e Arabia Saudita) o con Mosca (Iran e Turchia).
Non è migliore la situazione nel resto della regione, a partire proprio da Israele. La decisione del Presidente Trump di spostare l’ambasciata USA da Tel Aviv a Gerusalemme (una mossa considerata provocatoria dalla comunità palestinese che ha causato diversi disordini e provocato la risposta armata di Israele sfociata in un mare di sangue e decine di morti) ha causato non pochi problemi anche agli alleati europei che si sono trovati nella condizione di dover appoggiare o rinnegare la decisione della Casa Bianca.
Va infine citata la guerra dimenticata dello Yemen. Si tratta di un conflitto poco noto e spesso ignorato dai media ma che sta mietendo migliaia di vittime. Anche in questo caso si tratta di un conflitto tutto regionale (la coalizione guidata dall’Arabia Saudita ha invaso il Paese mentre i ribelli sono armati dall’Iran in uno scontro tra sunniti e sciiti) che però, per una serie di alleanze e convenienze geopolitiche, potrebbe espandersi fino a interessare anche i Paesi del Corno d’Africa e del Golfo Persico.
Cina, India e Pakistan: la Via della Seta semina discordia – Mentre tutto il mondo osservava il G7 in Canada, dall’altra parte del mondo andava in scena un altro summit, meno noto ma altrettanto (e forse più) importante: il meeting delle nazioni del SCO. L’SCO (Shanghai Cooperation Organization) è un ente guidato da Cina e Russia di cui fanno parte anche gli stati dell’Asia centrale ex sovietici (kazakistan, Tagikistan, Uzbekistan, Kirghizistan) e, dal 2016, anche Pakistan e India.
Mentre l’Occidente si spaccava in due, con il Presidente Trump da una parte e Canada, Europa e Giappone dall’altra, i membri del SCO consolidavano la propria partnership economica.
In particolare, nel vertice di Qindao si è parlato del progetto colossale della Cina per unire l’intera Asia con una rete infrastrutturale capillare e moderna: la Nuova Via della Seta.
Ma, mentre tutti gli altri Stati partecipanti hanno espresso il loro sostegno a quest’opera, l’India si è opposta a una parte di esso, il corridoio economico tra Cina e Pakistan.

Nuova Delhi e Islamabad sono da decenni sul piede di guerra per dispute di confine e il progetto cinese passa proprio per la regione del Kashmir, in territorio pakistano ma rivendicata dall’India. Su questo punto il premier Narendra Modi ha espresso un secco rifiuto ribadendo che il suo governo è favorevole alle iniziative di cooperazione internazionale purché rispettino la sovranità territoriale degli Stati.
Lo scontro tra Cina e India, non nuove a schermaglie simili, coinvolge due nazioni da oltre un miliardo di abitanti, potenze nucleari ed economiche di primissimo piano e potrebbe avere ripercussioni globali.
La Nuova Via della Seta interessa solo marginalmente l’India che verrebbe aggirata via mare (attraverso i porti dello Sri Lanka, già in mano a Pechino) e via terra (dal Bangladesh e soprattutto dal Pakistan i corridoi economici taglierebbero fuori Nuova Delhi dalla rete infrastrutturale): si tratta di una mossa di Pechino per ribadire la supremazia nel continente indebolendo dal punto di vista commerciale l’altro gigante demografico e creando intorno a sé una serie di Stati-satellite (Pakistan in primis, dai cui porti le merci cinesi potrebbero arrivare in Africa e in Europa senza circumnavigare l’India) per mettere Delhi in posizione di isolamento.