Allarme ospedali italiani: vecchi, fatiscenti e ad altro rischio sismico
Allarme Ospedali italiani: da una recente inchiesta è emerso che la maggior parte dei complessi ospedalieri italiani ha quasi un secolo di vita mentre ben il 15% è stato costruito prima del ‘900. Problemi di fatiscenza e decadimento strutturale che potrebbero generare stragi, evitabili, in caso di terremoto. I dati, forniti dalla Protezione Civile servono a far comprendere quanto sia necessaria la prevenzione nel nostro paese, paese ad alto rischio sismico, che non si può permettere di attendere e sperare che non avvenga nessuna scossa.
L’indagine ha messo in evidenza lo stato di ben 802 ospedali italiani e ne è emerso che le strutture più vecchie, costruite due secoli fa (74 in totale), si trovano principalmente in Piemonte (16), in Campania (12) e nel Lazio (11). Ce ne sono invece 9 Toscana; 7 nelle Marche; 6 in Emilia Romagna; 5 in Umbria e in Puglia; 2 in Liguria.
Del periodo che va dal 1801 al 1900 fanno parte 51 ospedali (il 9% del totale). Si trovano: 11 in Puglia; 7 in Emilia Romagna e Lombardia; 5 in Piemonte e in Toscana; 4 in Campania; 3 nelle Marche; 2 in Liguria e in Sicilia; 1 in Valle D’Aosta, Friuli Venezia Giulia, Umbria, Lazio e Sardegna.
Nel periodo che va dall’inizio del 1900 al 1940 sono state costruite 158 strutture (35%) che ancora fanno parte della rete attiva degli ospedali. Questa la loro distribuzione geografica: 20 in Piemonte; 19 in Emilia Romagna; 16 in Lombardia; 15 in Sicilia e in Liguria; 14 nel Lazio; 12 nelle Marche; 11 in Puglia; 9 in Toscana; 8 in Campania; 6 in Calabria; 4 in Veneto; 2 in Umbria e nella Provincia autonoma di Trento.
Negli ultimi venti anni sono stati costruiti solo 74 ospedali (il 9% del totale), di cui circa la metà (33) in Veneto.
La maggior parte di queste strutture è stata quindi realizzata senza cemento armato ed in oltre il passare del tempo ha contribuito a renderle più “fragili” ed inadatte a sostenere senza grandi danni eventi sismici.
Daniela Pedrini, presidente Siais (Società italiana dell’architettura e dell’ingegneria in sanità), ha spiegato, commentando i dati, che: “Gli edifici più datati sono stati realizzati con le normative sismiche del tempo e oggi necessitano senza dubbio di adattamenti importanti per essere al passo con le nuove norme. Questo implica non solo l’adeguamento delle strutture, ma anche degli elementi non strettamente strutturali e degli impianti, così da garantire la piena funzionalità e sicurezza dell’intero complesso ospedaliero”.
Dello stesso parere anche l’ingegnere Giuseppe Paradiso, responsabile tecnico aziendale della Gedi di Altamura (Bari), gruppo specializzato nell’edilizia ospedaliera, che avverte: “gli ospedali più vecchi sono da considerarsi tutti a rischio sismico. Il mancato utilizzo di cemento armato li rende infatti più fragili. Ma anche quelli per i quali è stato impiegato il cemento armato, costruiti prima del terremoto in Irpinia (1980), vanno comunque considerati a rischio. Le regole erano infatti pressoché inesistenti. Si costruiva senza pensare al territorio, a volte senza fare gli opportuni accorgimenti statici”.
Paradiso ha spiegato che negli ultimi dieci anni, grazie a nuove regole e vincoli antisismici, le cose sono migliorate: “Oggi gli ospedali vengono costruiti utilizzando materiali più flessibili, come il ferro, capaci di resistere a pesanti sollecitazioni. Naturalmente con il passare degli anni si sono modificate anche le tecniche di costruzione” Ma non per questo c’è da stare tranquilli in quanto il terremoto in Emilia ci ha fatto vedere come anche “numerosi edifici costruiti di recente sembrano comunque non reggere l’urto di terremoti di un certo livello”.
Per l’ingegner Paradiso la causa di questi crolli è da ricondurre alla tendenza delle aziende edili di cercare il risparmio in fase di costruzione degli immobili, a scapito della qualità e della sicurezza: “Ecco perché – dichiara Paradiso – andrebbe rivisto il sistema delle gare d’appalto e la logica di aggiudicazione di queste gare. Ad esempio sarebbe necessario eliminare le gare al massimo ribasso, privilegiando invece le offerte tecnicamente migliori e allo stesso tempo più vantaggiose economicamente”.
Enrico Ferdinandi
8 giugno 2012