Direttiva Ue sui diritti d’autore, quali conseguenze sull’informazione digitale

“Cara lettrice, caro lettore,
Il 5 luglio 2018 il Parlamento europeo in seduta plenaria deciderà se accelerare l’approvazione della direttiva sul copyright. Tale direttiva, se promulgata, limiterà significativamente la libertà di Internet.
Anziché aggiornare le leggi sul diritto d’autore in Europa per promuovere la partecipazione di tutti alla società dell’informazione, essa minaccia la libertà online e crea ostacoli all’accesso alla Rete imponendo nuove barriere, filtri e restrizioni. Se la proposta fosse approvata, potrebbe essere impossibile condividere un articolo di giornale sui social network o trovarlo su un motore di ricerca. Wikipedia stessa rischierebbe di chiudere”.
Questo è parte del comunicato pubblicato il 3 luglio dalla comunità di Wikipedia in italiano, che ha deciso di oscurare tutte le pagine dell’enciclopedia, almeno fino ad oggi, in segno di protesta. A seguire il suo esempio è stata Wikiquote, poi Wikipedia in spagnolo, in lettone, in estone, in catalano, in polacco, in galiziano e in basco.
Cosa prevede la proposta di direttiva
Innanzitutto la direttiva è un atto giuridico con il quale l’Unione europea vincola gli Stati membri a realizzare un obiettivo, senza stabilirne le modalità. È compito dei singoli paesi integrare la direttiva al proprio ordine giuridico, pena una multa per ciascuna violazione commessa.
Con questa proposta di direttiva sul diritto d’autore l’Ue punta a realizzare “un quadro normativo moderno e più europeo sul diritto d’autore” nel campo digitale e in particolare di Internet.
La direttiva era stata proposta dalla Commissione europea il 14 settembre 2016, il 25 maggio 2018 il Comitato dei rappresentanti permanenti del Consiglio dell’Unione europea ne ha approvato un testo, e lo scorso 20 giugno la Commissione giuridica del Parlamento europeo un altro ancora.
La votazione finale è prevista per dicembre 2018 o gennaio 2019.
Gli articoli della controversia sono sostanzialmente due: l’art. 11 e l’art. 13 che, secondo Wikipedia, frammenterebbero il mercato dell’Unione contrastando i propositi stessi della direttiva.
Articolo 11: “Protezione delle pubblicazioni di carattere giornalistico in caso di utilizzo digitale”. È chiamato ‘link tax’, sebbene l’articolo non preveda di tassare i collegamenti ipertestuali, bensì di controllare la pubblicazione dei snippet (i ritagli di articolo che copia-incollano titolo e prime righe di un articolo, rimandando poi al link) vincolandola a una licenza, per gratificare economicamente il lavoro svolto dagli autori. L’articolo obbliga le piattaforme online che pubblicano link o snippet a munirsi di una licenza rilasciata dal detentore dei diritti. Ma l’articolo 12 apre ad una determinazione del compenso troppo vaga, da regolare “secondo gli usi o secondo equità”, non vincolata da criteri valutativi fissati per legge. L’equo indennizzo è rimesso alla valutazione discrezionale della parte contraente e del giudice e non è previsto il diritto di rivalsa che il prestatore di servizi Internet possa far valere nei confronti degli utenti del sito.
Alcuni critici hanno fatto notare che questa legislazione avrebbe effetti negativi per i siti di notizie in termini di traffico e di visibilità online, poiché le piattaforme come Google o Facebook potrebbero decidere di non pagare il compenso per determinati siti o articoli, diminuendo drasticamente il loro traffico in entrata.
Articolo 13: “Utilizzo di contenuti protetti da parte di prestatori di servizi della società dell’informazione che memorizzano e danno accesso a grandi quantità di opere e altro materiale caricati dagli utenti”. Rappresenta il cosiddetto upload filter, un filtro che impedisce agli utenti di caricare su piattaforme online materiale protetto da diritto intellettuale. Impone misure “adeguate e proporzionate”, atte a evitare la violazione del copyright, ma per i critici questo controllo sarebbe contrario ai principi di apertura e libera circolazione delle informazioni su Internet.
I favorevoli
Sicuramente le imprese che hanno subito i danni della condivisione selvaggia dei propri contenuti online, quindi gli editori e i produttori musicali, tre grandi etichette discografiche e la Independent Music Companies Association. In Italia hanno espresso il loro consenso l’Associazione italiana editori e la Federazione italiana industria musicale. I votanti a favore a Strasburgo sono PPE, ALDE e Europa delle Nazione e della Libertà.
I Contrari
Spiccano su tutti Google e gli attivisti per la libertà di internet. Il primo respinge la responsabilità di controllare i dati diffusi sulle proprie piattaforme, intento a mantenere i flussi di investimenti pubblicitari monetizzati finora. I secondi vogliono evitare che la circolazione di contenuti sia schiacciata sotto al peso dei grandi editori, a discapito della libertà di espressione e di aziende di dimensioni minore.
Il 26 aprile 2018, 145 organizzazioni nei settori dei diritti umani e digitali, della libertà dei media, dell’editoria, delle biblioteche, delle istituzioni educative, degli sviluppatori di software e dei fornitori di servizi Internet hanno firmato una lettera di opposizione alla legislazione proposta.
Tra gli oppositori Electronic Frontier Foundation, Creative Commons, European Digital Rights e dal 29 giugno Wikimedia Foundation, proprietaria di Wikipedia. Il portavoce di WikiMedia Italia, Maurizio Codogno: «Ci dispiace per il disagio, soprattutto per gli studenti che in questi giorni affrontano la maturità, ma non potevamo aspettare. Quello che oggi è un oscuramento voluto, presto potrebbe essere obbligato. In questo scenario non è più il titolare del copyright a dover dimostrare il plagio ma chi pubblica i contenuti a dover verificare preventivamente ogni singolo contributo confrontandolo con tutto ciò che è presente in Rete. L’attuale direttiva non garantisce la sacrosanta tutela di idee e contenuti nuovi, si limita a congelare la rendita di quelli già esistenti. Sebbene Wikipedia probabilmente troverebbe le forze per sopravvivere alla tempesta, cosa ne sarà dei siti più piccoli? Chiuderebbero, e con essi anche il principio del sapere libero».
In risposta alla direttiva proposta, è stata lanciata una petizione su Change.org che, a luglio 2018, ha raccolto oltre 700.000 firme.
A Strasburgo hanno votato contro la direttiva i Verdi e Sinistra Europea, mentre i Conservatori si sono astenuti. I Cinque stelle sono tra i più contrari alla direttiva. A dividersi tra favorevoli e contrari sono stati i Socialisti e Democratici e Europa della Libertà e della Democrazia Diretta.