Storia, memoria e rivoluzione: la Germania davanti alla grande svolta

Mitte, centro d’Europa, locomotiva, ora claudicante del Vecchio Continente, la Germania si scopre fragile nell’affrontare l’interregno globale, il limines, il mondo nuovo che si scorge, ancora indefinito, sull’orizzonte di un nuovo multilateralismo. Terra dai confini mobili, potenza tellurica ossessionata dallo spazio vitale, Berlino è cuore europeo: la questione tedesca e le sue contrazioni di sogni imperiali hanno scandito il tempo della nostra storia di europei.
Affetta da Ataraxia, timore del Caos e della guerra civile, frutto avvelenato dalla Guerra dei trent’anni, la Germania fatica ad uscire dalla sua visione economicistica del mondo per rientrare nuovamente nel tempo, nella realtà della geopolitica in cui conflitto e memoria sono elementi imprescindibili. L’egemone riluttante fatica a svegliarsi dal torpore ma la storia, come dirà Gorbaciov proprio al segretario generale della SED (Partito Socialista Unificato di Germania) e Presidente dalla DDR, Erich Honecker, punisce chi è ritardo.
La svolta tedesca e il ruolo della rivoluzione della Germania
La Zeitenwende, la svolta epocale, annunciata dal Cancelliere Scholz, interroga i tedeschi sulla propria personale biografia storica ponendoli sul confine, concetto kantiano di opportunità, di una nuova Weltaschauung, modo di vedere il mondo, fase di consapevolezza di se stessi, snodo fondamentale in cui crisi istituzionale ed economica si avvinghiano tangentemente. Ma la Germania sarà in grado di portare a compimento una moto di rotazione completa del suo orologio interiore? In altri termini una rivoluzione è possibile per Berlino?
Su tale punto si interroga, non casualmente, uno dei più importanti storici tedeschi, Heinrich August Winkler, nella sua nuova pubblicazione per Donzelli. L’interrogativo chiave che si pone Winkler è indagare il rapporto della Germania, nel suo divenire storico, con un vocabolario tipico della modernità, per citare Koselleck, quello di rivoluzione.

Nel 1948 lo storico Rudolf Stadelmann introdusse nel dibattito politico tedesco il concetto di Sonderweg, la via speciale del cammino della Germania rispetto al resto d’Europa. Una particolarità che si definiva, soprattutto, nell’assenza di una “normale crisi puberale rivoluzionaria dello sviluppo tedesco”, giungendo così a quell’etichetta di “popolo senza rivoluzione”.
Individuando specifici momenti chiave delle vicende storiche moderne tedesche, Winkler si pone l’obiettivo di comprendere la dialettica tra prassi rivoluzionaria e il processo di formazione della Bundesrepublik, prima attraverso la costituzione del Reich tedesco e poi della Germania unificata post 1989. Un percorso che si snoda dalla “rivoluzione involontaria” del 1848-1849 fino ad arrivare alla presa di potere del nazionalsocialismo e successivamente, nel dopoguerra, ai moti pacifici del 1989 che portarono al crollo del muro di Berlino.
Attraverso le analisi di Winkler emerge un affresco che sottolinea, grazie alle pennellate dell’analisi storica fattuale, tutti i limiti dell’applicazione del termine rivoluzione nel contesto tedesco. Tale concetto, applicato alla storia di Germania, estende infatti il suo limite di pura definizione, portando il perimetro oltre una standardizzazione che ha il suo modello nel mito della rivoluzione francese.
Il riflesso anti-caos e la rivoluzione dall’alto
Due aspetti in particolare emergono come differenzianti tra l’esperienza dell’Esagono e quella tedesca. Riprendendo le osservazioni di E. Bernstein e R. Lowenthal, Winkler pone in evidenza il riflesso anti-caos tipico delle società industriali, ostili ad un rivolgimento totale per via di una differenziazione articolata del lavoro e di un ruolo dello Stato largamente capillare, intessuto di relazioni molteplici con gli attori sociali. In altre parole, per l’area germanica moderna era impensabile un processo rivoluzionario di stampo giacobino proprio per l’avanzato assetto produttivo e un processo di democratizzazione già avanzato ma gestito dall’alto.
Proprio l’idea di rivoluzione dall’alto caratterizza il dialogo fra la società tedesca e il processo di formazione del Reich in età moderna, del cui spirito Bismark è manifestazione politico-corporea. Fondamentale tassello per la comprensione del percorso storico tedesco è per Winkler “la rivoluzione involontaria” del Parlamento di Francoforte del 1848.
Il tentativo di perseguire in un colpo solo libertà ed unità si rivelerà fallace per i liberali tedeschi che, ricorrendo al concetto di Realpolitik, definizione nata proprio dalla pubblicistica del tempo, comprenderanno la necessità di perseguire prima l’obiettivo di formazione di un’entità nazionale e successivamente di guadagnare l’ottenimento di maggiori diritti politici. In tal senso, l’episodio di Paulskirche, segnerà la prospettiva di una collaborazione tra liberali, i vecchi poteri e gli strumenti di potere degli stati tedeschi più grandi, la Prussia in testa, segnando quel blocco tra borghesia e autorità tipico della storia di Germania.