Argentina in default, niente accordo con gli hedge fund
Ora è ufficiale: l’Argentina è in default. La scadenza per il pagamento dei titolari di bond che hanno aderito al concambio è stata superata alle 6 italiane e nessun accordo con i fondi speculativi è stato trovato. Il Paese sudamericano scivola quindi nel secondo fallimento in tredici anni.
«Un evento doloroso che farà male alla gente comune», ha commentato Daniel Pollack, il mediatore incaricato di facilitare l’accordo (poi non raggiunto) tra gli hedge fund e Buenos Aires.
In realtà, si tratta di un default selettivo, diverso da quello generale: ciò significa che il Paese rispetterà gli impegni su certi titoli ma non su tutti.
Al contrario del 2001, quando il governo argentino dichiarò default totale perché non era più in grado di onorare titoli per 132 miliardi di dollari, il default attuale concerne una somma relativamente bassa, 539 milioni di dollari, bloccati dalla giustizia americana su un conto della Banca centrale argentina alla Bank of New York, che dovevano servire a pagare gli interessi dei creditori che avevano accettato la ristrutturazione del debito argentino nel 2005 e nel 2010.
Standard & Poor’s aveva già dichiarato fallita l’Argentina mercoledì sera, quando aveva ufficializzato di aver tagliato il rating del Paese sudamericano a “selective default” da “CCC-“. Il taglio della valutazione dell’agenzia di rating è dovuto al fatto che il 30 giugno l’Argentina non ha onorato il pagamento di 539 milioni di dollari di interessi su titoli emessi con scadenza 2033. In pratica, l’Argentina ha depositato in un banca Usa i 539 milioni di interessi (per i bond con scadenza nel 2033) entro il termine di fine giugno, ma il giudice Thomas Griesa ha impedito all’istituto di versare i fondi ai creditori che hanno accettato la ristrutturazione del debito argentino, condizionando tale pagamento al versamento della somma di 1,3 miliardi di dollari da parte di Buenos Aires a due hedge fund che non hanno accettato l’accordo e pretendono il rimborso dell’intero ammontare.
A nulla è servita la presenza a New York del ministro dell’Economia argentino, Axel Kicillof, il quale ha così commentato: «Questo non è un default perché default è non pagare, mentre in questo caso i fondi ci sono. La vita andrà avanti anche senza un accordo sul debito».
Giuseppe Ferrara
31 luglio 2014