Ecclesia Santa e Romana, “pietra angolare” degli scandali
Ci siamo sempre chiesti, fin da età assai giovanile, che cosa spingesse tanti uomini a mettersi addosso un abito speciale per rispondere alla cosiddetta “chiamata”, investiti da quella che dovrebbe essere un’illuminazione giunta dall’alto e ponendosi al servizio di quel tempio sacro che è nostra Santa Romana Ecclesia. Forse San Pietro, nel posare quella prima autentica pietra cristiana, non immaginava mai quale operazione di vasta ripercussione storica stesse edificando sul suolo della città eterna.
Allo stesso modo, ci chiediamo cosa animi quel gregge umano che all’Angelus domenicale affolla da sempre la piazza vaticana, testa in aria, occhio fisso a quella finestra da dove si affacciano da sempre gli “infallibili” intermediari di Dio in terra.
Infallibilità è una parola grande, estranea alla nostra umanità. Sotto le palandrane ecclesiali ci sono uomini, uomini fallibili. E nessuna legge che proviene dalla volontà dell’uomo può dichiarare una infallibilità facendola dogma in nome di Dio. In un parallelo che non sembri avventato, vediamo quanti fatti terroristici stiano avvenendo “ in nome di Dio ”. Non si può chiamare il cielo a veicolo di disegni umani il cui fine è quello di incutere timore su quanti, supinamente, ancora credono in un Dio che punisce e castiga, un Dio antropomorfico.
Papa Bergoglio l’ ha capito. Ha capito molte cose, consapevole degli errori della Chiesa, ed ha chiesto umilmente scusa. Si spoglia extra pulpito dei pesanti dogmi, lui incolpevole, ma grande comunicatore non privo di un certo populismo, teso a riavvicinare le pecorelle che si erano allontanate dal pastore ed a risvegliare vocazioni assopite. Ora, sta cercando di barcamenarsi tra il vecchio e il nuovo, nell’intrico degli scandali vaticani che balzano all’ordine del giorno ma che da sempre affliggono la storia della Chiesa. Bisogna riconoscergli il coraggio Ha però promesso di mettere in agenda la questione del celibato sacerdotale , una delle ragioni scatenanti (ma non solo) della diffusa omosessualità tra i preti. Dare moglie ai preti, con derivante nascita di prole, pone la Chiesa cattolica di fronte a vari scogli, sia di ordine logistico che giuridico, da rivoluzionare le complesse norme del diritto canonico.
L’abito non fa il monaco
Un tempo, nella cultura contadina, la massima aspirazione era quella di avere un figlio prete, una bocca in meno da sfamare. Oggi, ciò accade più o meno per le stesse ragioni specie nei paesi del terzo mondo. Da anticlericali, scelta maturata non appena in età di comprendonio , guardiamo peraltro con grande tenerezza a quei pretini missionari dall’Africa che si alternano a benedire le case nel periodo pasquale. Meglio affidarsi al grembo di Santa Madre Ecclesia che cercare fortuna nei viaggi della speranza a repentaglio della propria vita.
Le statistiche ci offrono cifre eloquenti, non sempre veritiere, sulla grande quantità di preti omosessuali. Piuttosto, e non ci sembri azzardato, questa potrebbe essere una delle cause della famosa “chiamata” a vestire l’abito talare, molto più comodo che l’abito civile. Allontanarsi da certe ostilità quotidiane omofobe, cercando una via d’uscita privilegiata che è quella del clero, costituisce la porta di accesso ad indiscutibili vantaggi per quei giovani preti più acculturati che possono fare carriera in seno alla Chiesa.
Gli altri preti, quelli etero, o scelgono di rimanere casti per ragioni psicologicamente o fisicamente individuabili, o se la sbrigano di sotterfugio. Ricordiamo sempre, nella casa che abitavamo da adolescenti, l’allora parroco della nostra chiesa , il quale spesso veniva in clergyman a suonare guardingo il campanello della nostra dirimpettaia, bella e profumata signora, nota per essere piuttosto compiacente. Un prete etero ha sempre avuto una “moglie” nascosta, in qualche modo.
La cintura di castità è un ferro troppo pesante per la natura umana. Ed infatti non è tanto vincolante per la Chiesa quanto il voto del celibato. Chi vuole si risposi, ma si tolga l’abito. Esistono in Italia associazioni di preti sposati e spretati, i quali rivendicano il diritto di continuare a svolgere il loro apostolato al pari di quelli protestanti.
Non ultima, la categoria dei “ preti ignoranti ”, quelli che confondono l’omosessualità tra le malattie e la pedofilia come il rifugio psicologico di certi bambini in cerca di quell’affetto mancante in famiglia. Vade retro, asini! I bambini non si toccano. E siamo sicuri che nemmeno la bacchetta assolutoria del Giubileo possa perdonare un simile assunto, chiara scappatoia per una nascosta tendenza alla pedofilia.