Cannabis e prostituzione: questioni di coerenza, questioni di economia
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Cannabis e prostituzione: questioni di coerenza, questioni di economia. Il dinosauro Italia sta cominciando a muovere i primi passi verso il disfacimento del velo di Maya dietro il quale si nascondono, neppure troppo bene, i milioni di cittadini che consumano cannabis e/o frequentano le prostitute. Sebbene entrambe le opzioni siano attualmente vietate dalla legge, vedi le norme presenti nella Fini – Giovanardi e nella Merlin, le statistiche parlano chiaro e rivelano una realtà ben lontana dalle intenzioni del legislatore, che ha scelto la ‘linea dura’ senza fare i conti con la realtà presente nel tessuto sociale e non considerando le esperienze precedenti sperimentate in altri Paesi, come il cosiddetto ‘proibizionismo’ statunitense, naufragato puntualmente in un mare di alcol, corruzione e malaffare. Erano gli anni del Tommy gun, dei gangsters e dei locali ‘puliti’ di facciata ma pieni di distillati e liquori da servire ai tavoli: già allora la linea dura mostrò tutte le sue lacune e benché fosse diretta principalmente al consumo di alcolici, sarebbe stato facile immaginare l’evolversi di scenari simili se applicata al consumo di cannabis e alla prostituzione. In breve, vietare tout court provoca un effetto inverso e da origine a un sistema sotterraneo gestito dalla malavita e socialmente accettato pur di riuscire ad ottenere il proprio oggetto del desiderio tanto che, senza troppi giri di parole, chi oggi fa uso di cannabis o consuma rapporti con prostitute è di fatto una pedina dell’oscuro sistema che tiene in piedi questo tipo di mercati.
Per quanto riguarda la cannabis, è apparsa quanto meno bizzarra la cocciutaggine di Fini e Giovanardi che – nonostante l’evidenza – hanno portato avanti una battaglia volta a equiparare le sostanze stupefacenti (thc ed eroina, ad esempio, sono praticamente sullo stesso livello) e a demonizzarle col risultato – ovvio, ma forse non per loro – di aver riempito le carceri all’inverosimile di persone ree d’aver fumato una canna o di aver coltivato qualche pianta. C’è dell’altro: l’auspicata diminuzione dell’uso di cannabis non si è verificata, anzi, c’è un aumento significativo nel consumo, a riprova del fatto che la repressione altro non è che un volano per rinforzare il comportamento da correggere. Eppure, anche in questo caso, la ‘scuola’ americana in passato ha già fornito elementi per attuare scelte più ponderate (come le fallimentari campagne di filmati che mostravano persone in preda al demonio dopo aver assunto cannabis) ma tali evidenze non sono state colte o, più probabilmente, non si sono volute cogliere perché faceva comodo agire in tal senso. Ora in America la cannabis è legale in alcuni Stati della Confederazione e sta portando introiti e un abbattimento del sommerso finora inarrivabili coi vecchi metodi repressivi. Nei giorni scorsi, 218 parlamentari italiani hanno apposto la propria firma su una proposta di legge che consentirà – una volta approvata – il consumo e l’autoproduzione di cannabis, una mossa che potrebbe assestare un duro colpo ai monopolisti malavitosi, generare posti di lavoro e portare ossigeno nelle casse dello Stato. Nonostante l’accoglimento da parte di forze politiche eterogenee, non mancano le resistenze, su tutte quelle – ovvie – di Fini e Giovanardi ma anche di Salvini, che ha affermato: “fino a prova contraria il sesso non fa male, la cannabis sì”. Secondo il segretario leghista – che non porta alcuna tesi a suffragio della propria posizione – la cannabis è nociva a priori, nociva a questo punto anche per i malati di SLA che – seguendo il ragionamento di Salvini – userebbero la sostanza per peggiorare la propria situazione e non per alleviare i dolori della malattia. E’ bene ricordare, inoltre, che la mortalità direttamente connessa all’uso di cannabis è pari a zero (e sono millenni che l’uomo l’adopera, anche nel tessile) mentre quella connessa all’uso di nicotina, tabacco e alcol è nota e ciononostante vini, alcolici e sigarette sono venduti tranquillamente dallo Stato che si tutela – dicendo di tutelare il consumatore – dietro scritte come ‘il medico o il farmacista possono aiutarti a smettere di fumare’ o ‘bevi responsabilmente’.
Per quanto riguarda la prostituzione la legge italiana corrente si basa sulla Legge Merlin, una legge quadro varata nel 1958 che impose la chiusura delle cosiddette ‘case di tolleranza’ (presenti addirittura durante l’E.F.) e introdusse alcuni reati inerenti lo sfruttamento dell’altrui prostituzione. Anche in questo caso, nonostante l’entrata in vigore delle rigide disposizioni, sono tantissime le persone che di notte – ma anche di giorno – usano frequentare i viali alla ricerca di un rapporto a pagamento con signorine in abiti succinti che vengono mercificate dalla malavita e sistemate lungo la strada a far soldi per chi le comanda. Con Internet la prostituzione e gli affari delle organizzazioni criminali si è allargato dimostrando che il fenomeno è molto radicato e che nonostante la Legge vieti lo sfruttamento e si rischino sanzioni, il mestiere più antico del mondo è ben accetto dagli italiani, pronti a comprare sesso infischiandosene delle reali condizioni che stanno dietro alla ragazza. Curioso anche il rapporto con la stampa; su diversi giornali, infatti, quando si parla di prostituzione la linea che va per la maggiore è quella della demonizzazione ma, giungendo alla pagina degli ‘annunci economici’, non sarà difficile trovarsi di fronte a centinaia di annunci a sfondo sessuale: anche in questo caso la coerenza latita in favore del denaro. Ci sarebbero poi i centri massaggi, i night clubs, i circoli della tombola che oltre la soglia si tramutano in bordelli e anche intere palazzine adibite ad alcove illegali e a tutto vantaggio di chi le gestisce. E lo Stato? lo Stato dorme. Dorme beato da 67 anni e oltre ad emettere divieti e sanzioni si sente ben riparato dalla coperta della Legge quadro, con la quale – guarda caso – non s’è fatto altro che alimentare il ‘sistema sotterraneo’ in nome del decoro della persona. Sebbene ci siano stati segnali di risveglio, come alcune modificazioni agli articoli della Merlin o campagne di raccolta firme per l’abrogazione tramite referendum, siamo ancora in alto mare nonostante la necessità di stroncare nel più breve tempo possibile il giro d’affari che si è creato attorno a questa realtà. E’ noto come in diversi Paesi, ad esempio nella Germania dell’algida Merkel, la prostituzione sia tollerata e tutelata dallo Stato, che ne regolamenta l’esercizio togliendo dalle mani dei criminali un sacco di ragazze – che ora emettono pure regolare fattura e contribuiscono attivamente al PIL – e un sacco di soldi, circa 4 miliardi di euro all’anno nel caso della Germania. Lasciare che una somma di denaro così ingente finisca in mani sbagliate non ha senso, il Governo italiano deve agire tempestivamente per modificare lo status quo e legalizzare, anche se la Chiesa o la Cei si esprimessero in modo contrario: del resto in Baviera il cristianesimo è molto radicato, eppure la prostituzione è regolamentata. Stessa cosa sarebbe auspicabile in un Paese laico come l’Italia, dove la Chiesa dovrebbe far la Chiesa e non impicciarsi della politica e di un’economia non sua. In occasione della legge Merlin, Benedetto Croce disse che qualsiasi male ci fosse nelle case di tolleranza, era comunque minore rispetto a quello cagionato nel caso fossero state abolite: “Eliminando le case chiuse non si distruggerebbe il male che rappresentano, ma si distruggerebbe il bene con il quale è contenuto, accerchiato e attenuato quel male”. Occorre essere coerenti e combattere il malaffare, legalizzare cannabis e prostituzione potrebbe aiutare l’economia e consentire il reinvestimento dei proventi in opere pubbliche e servizi, con buona pace di coloro che sono affetti da miopia o di quelli che finora hanno fatto affari sfruttando l’inadeguatezza dello Stato.
Davide Lazzini
17 luglio 2015