Processo Eternit: 16 anni ai due manager e 100 milioni di risarcimenti
Si è concluso ieri il processo Eternit (iniziato il 6 aprile 2009) con la condanna a 16 anni del magnate svizzero Stephan Schmidheiny e del barone belga Louis Cartier. I due erano ai vertici dell’azienda che per anni ha prodotto Eternit nei stabilimenti di Casale Monferrato, Cavagnolo Rubiera e Bagnoli. L’accusa è quella di disastro doloso permanente e omissione dolosa di misure.
Ricordiamo che l’eternit è un materiale creato nel 1901 dall’austriaco Ludwig Hatschek che brevetto il cemento-amianto, un materiale che per la sua elevata resistenza verrà poi ribattezzato Eternit e che avrà un grande successo commerciale per via del basso prezzo e della resistenza. Dagli anni ’50 però cominciarono ad arrivare i primi studi che dimostravano come questo materiale, nello specifico la polvere di amianto generata dall’usura dei tetti e usata come materiale di fondo per i selciati, sia la causa di una grave forma di cancro, il mesotelioma pleurico. Nonostante l’allarme la società continuò a produrre questo materiale ancora per decenni, in Italia la produzione è cessata tra il 1992 e il 1994 ed ha causato la morte di centinaia di operai degli stabilimenti sopra elencati.
Da trent’anni i familiari delle vittime chiedevano giustizia, ieri la storica sentenza del tribunale di Torino che tuttavia ha condannato i due manager solo per gli operai morti in Casale Monferrato e Cavagnolo, poiché per gli altri due stabilimenti i reati sono estinti, è passato troppo tempo.
La corte ha stabilito inoltre un risarcimento di 30mila euro per ogni famiglia delle vittime mentre trentacinquemila euro di risarcimento saranno dati ad alcune persone tutt’ora malate. Ad ogni sigla sindacale che in questi anni si è battuta per far luce su questo caso andranno centomila euro, al comune di Cavagnolo andranno 4 milioni ne andranno 20 di milioni, alla Regione Piemonte e una provvisionale di 15 mln per l’Inail.
Venticinque milioni di euro di risarcimento è invece previsto per il Comune di Casale Monferrato.
Importanti le parole del ministro della Salute, Renato Balduzzi, che ha affermato che si tratta di una sentenza storica: “sia per gli aspetti sociali che per gli aspetti strettamente tecnico-giuridici. Ma la battaglia contro l’amianto non si chiude con una sentenza, sia pure una sentenza esemplare ma continua nell’attività amministrativa e nell’impegno delle istituzioni e dei cittadini, soprattutto nella consapevolezza da parte di ognuno che non si tratta di una battaglia locale, ma nazionale, anzi mondiale. La sentenza di Torino conferma che l’Italia sta facendo la sua parte”.
Intanto il legale di Stephan Schmidheiny, l’avvocato Astolfo Di Amato, ha affermato: “La prima battaglia l’abbiamo persa, sicuramente faremo appello”.
Oggi sulla rete, nel forum dedicato al processo Eternit, molti cittadini e familiari delle vittime hanno espresso soddisfazione per la sentenza ma c’è chi ricorda: “Non possono esistere morti di serie A e di serie B, morti di Casale e di Bagnoli”, a parlare è il figlio di due operai rimasti vittime dell’Eternit a Bagnoli (uno dei stabilimenti per cui il reato è stato considerato estinto), si legge nel commento dell’utente: “Se vi è una condanna non può essere per alcuni, deve essere per tutti. I miei genitori sono entrambi malati, sono stati lavoratori di Bagnoli e hanno lavorato dal 1960 al 1984. I loro amici del lavoro con i quali condividevano 3 turni si contano sulle dita di una solo mano. Attendo risposte dagli avvocati a cui ci siamo affidati”.
Enrico Ferdinandi
14 febbraio 2012