La morte di Abdesselem, fotografia del lavoro operaio
Per l’Usb il «conducente incitato a forzare picchetto da un addetto dell’azienda». Per la Procura va fatta chiarezza. Ma un operaio è morto e la tragedia si trasforma in espressione violenta della condizione dei lavoratori in Italia.
Il fatto – Sono le 23:45 di ieri e Abdesselem, operaio, sta manifestando davanti i cancelli della Gls di Montale, Piacenza, con i suoi compagni di reparto e gli aderenti all’Usb, per chiedere il reintegro di otto operai licenziati lo scorso dicembre e la stabilizzazione di altri tredici. Un camion inizia a muoversi ed esce dal cancello aziendale, vuole passare nonostante il picchetto formato dai lavoratori. Disordine, il tir colpisce uno di loro e lo sbalza lontano, cinque metri: l’uomo è a terra, è Abdesselem. Disordine e sirene. La polizia, che ha visto tutta la scena, ferma il camion. A bordo del mezzo c’è un camionista, un italiano di 43 anni, che rischia il linciaggio da parte dei presenti riuniti a manifestare.
Gli agenti lo portano via, in Questura. «Non c’era nessun blocco. Non mi sono accorto di nulla – dichiarerà il camionista agli inquirenti – Sono partito e solo successivamente ho capito di aver investito un operaio». La procura di Piacenza ha dichiarato che non c’era nessun picchetto e che i camion entravano e uscivano regolarmente dallo stabilimento. Di fatto, per la Procura piacentina, si è trattato di un incidente. Abdesselem si sarebbe allontanato dal gruppo inseguendo il camion, o è stato inavvertitamente investito. Attualmente l’uomo è stato rilasciato, ma su di lui pende l’accusa di omicidio stradale.
La versione del camionista è osteggiata da Usb e dai lavoratori che hanno assistito alla tragedia, che sostengono il crimine padronale. In un’intervista su La Repubblica, Ahmed Hamdin, connazionale e collega di Abdesselem, ha dichiarato che «iI camion è stato invitato a forzare il nostro picchetto dal direttore dell’azienda, che gridava “se c’è qualcuno davanti investilo”». A fare eco alle dichiarazioni dei colleghi di Abdesselem, anche il fratello dell’operaio ucciso. Riccardo Germani, sindacalista di Usb presente alla manifestazione, ha dichiarato che «il conducente del camion che ha travolto e ucciso il nostro lavoratore è stato incitato a forzare il picchetto da un addetto vicino all’azienda. Gli urlavano ‘parti, vai!’ – ha raccontato – e quello e’ partito investendo il nostro aderente
Abdesselem, un operaio della logistica – Si chiamava Abd Elsalam Ahmed Eldanf , ed era un operaio. Aveva 53 anni e gli ultimi quattordici li aveva passati nel nostro Paese dopo aver lasciato l’Egitto. A Piacenza lavorava dal 2003 per Gls, una delle realtà di punta di logistica e spedizione in Italia. Con il suo lavoro Abdesselem aveva messo su famiglia insieme alla moglie e cinque figli, uno dei quali ha compiuto 14 anni proprio ieri, nello stesso giorno del suo compleanno. Con l’arrivo delle riforme, dalla Fornero al Jobs Act, sono arrivate le casse integrazioni e i tagli sulle voci salariali e molti suoi colleghi hanno perso il lavoro o hanno continuato a lavorare in condizioni precarie. Bisognava esprimere il proprio disagio per la disumanizzazione di un lavoro che poi, in fondo, tanto umano non lo è mai stato, soprattutto dopo che l’azienda in questione aveva bluffato sugli accordi con i sindacati.
«Dovevamo fare la trattativa – spiega Elderah, un collega della vittima presente ieri notte – e ci hanno obbligato ad andare in un locale a fare quest’incontro invece di farlo in magazzino, isolandoci. Così quando abbiamo saputo che la trattativa era andata male, ci siamo messi in sciopero davanti ai cancelli». Abdesselem aveva ottenuto da anni un contratto a tempo indeterminato presso la Gls, ma era comunque presente ieri notte davanti a quel cancello, perché con la sua presenza avrebbe supportato i suoi colleghi. Fare l’operaio oggi, in un Paese che è passato per l’abolizione della scala mobile e lo smantellamento progressivo delle tutele, è come vivere – o meglio sopravvivere – in una giungla.
Bisognava manifestare per i propri diritti e Abdesselem lo sapeva bene, lui che in Egitto era professore, ora convertito a caricare e scaricare i tir in turni massacranti. Se lavorare come operaio è una brutta storia, essere un dipendente delle aziende logistiche è un incubo. Nel vasto assortimento prontamento distribuito, i tagli al personale e i continui ricatti hanno generato nel corso degli anni tensione e rapporti di forza lavoro sbilanciati. Da anni in Italia si sta assistendo alla distruzione dei diritti dei lavoratori impiegati in aziende di logistica e l’area di Piacenza non è nuova a manifestazioni di lavoratori impiegati in questo settore. Le lotte sindacali degli ultimi anni, hanno permesso ai lavoratori della logistica, di ottenere condizioni di lavoro minime: il riconoscimento della tutela all’assenza per malattia, la mensa e garanzie in caso di infortunio.
Gls è solo una delle tante aziende della logistica che sfrutta queste condizioni perché gli è concesso istituzionalmente. Un lavoratore della logistica è praticamente a cottimo: paghe misere, organizzazione del lavoro su base cooperativa, assunzione di manodopera a basso costo. L’ultimo punto in particolare, è occupata dai lavoratori stranieri, spesso disorganizzati a livello sindacale, e proprio a seconda di questo assunti o meno dalle aziende. I lavoratori sono messi uno contro l’altro, in una lotta tra poveri che li trasforma in oggetto di conflittualità interna loro stessi. Il settore della logistica è in continua espansione, ma deve il suo successo proprio allo smantellamento dei diritti del lavoro. La subordinazione è a completo appannaggio delle cooperative, che hanno monopolizzato i rapporti di lavoro a vantaggio delle stesse aziende.
Quanto accaduto ieri deve avere una ferma risposta delle istituzioni, dal ministro del Lavoro Poletti fino al premier Renzi. Nel 2016 non ci si puo’ permettere di tornare indietro di un secolo, o forse meno. La morte di Abdesselem è una tragedia e andrebbe compreso il motivo, al di là del fato già largamente usato per giustificare una tragedia che invece è espressione letale della condizione operaia in Italia.