Cattolici e musulmani uniti nella preghiera e nella lotta al fanatismo
Un gesto di fratellanza, di unione, che supera i particolarismi delle fedi e richiama i popoli verso un’univoca consapevolezza; quella di appartenere tutti alla stessa specie che – per sua natura – si nutre dell’incontro col prossimo e allontana i nefasti estremismi malcelati dietro a strumentalizzazioni di carattere religioso ed economico: questo, in sintesi, è quanto accaduto oggi nelle chiese di Francia e Italia, in cui cattolici e musulmani si sono ritrovati per assistere alle funzioni e pregare in ricordo dei tragici fatti di Saint-Étienne-du-Rouvray, in Normandia, dove padre Jaques Hamel è stato ucciso da un fondamentalista il 27 luglio scorso.
Secondo quanto riferito da Foad Aodi, presidente delle Comunità del Mondo Arabo in Italia (Comai), questa mattina più di 15mila musulmani hanno varcato le soglie delle chiese, unendosi – non solo simbolicamente – al dissenso verso ogni forma di estremismo religioso. Il gesto di fratellanza è stato salutato positivamente da Angelo Bagnasco, presidente della Cei, che su Avvenire ha commentato così:«Siamo molto grati per questa risposta pronta, tempestiva e chiara. Se continuano su questa strada si potrà creare un vero isolamento attorno a questi fanatici omicidi. Non sempre abbiamo sentito una reazione corale, ora questo invece si sta creando. E’ vero che il mondo musulmano è abbastanza frammentato per motivazioni di carattere teologico, che non ci competono. Ma su questo punto fondamentale di condanna netta della barbarie si può essere tutti d’accordo. E ora mi pare che si vada in questa direzione».
L’avvicinamento delle due comunità religiose sembra essere sempre più concreto; la partecipazione dei musulmani alle Messe del mattino costituisce infatti un nuovo tassello verso l’unità d’intenti, già emersa in occasione della manifestazione ‘Not in my name’ dello scorso 21 novembre seguìta, nei giorni scorsi, dal gesto della comunità musulmana di Saint Etienne du Rouvray, che ha rifiutato la sepoltura e la celebrazione funebre per Adel Kermiche, il diciannovenne che ha ucciso padre Jaques Hamel. Per l’imam della cittadina, il giovane non è degno di ricevere il conforto religioso. Dello stesso avviso anche Mohammed Karabila, responsabile della moschea locale e amico personale di padre Jacques Hamal:«Non vogliamo sporcare l’Islam e non ci occuperemo né della tradizionale pulizia del corpo né della sepoltura». Parole forti ma necessarie per dare un segno tangibile di diniego e allontanare ogni scetticismo, che produce divisioni e alimenta una politica dell’odio e del sospetto poco consona quando si tratta di individuare elementi pericolosi e abili nel mimetizzarsi tra chi, invece, professa una propria fede nel pieno rispetto di quella altrui.